DROGHE, RIDUZIONE DEL DANNO: i servizi al tempo del Covid19

I servizi ai tempi del Covid19. Monitoraggio del sistema dei servizi di Riduzione del Danno e dei SerD durante il lockdow – Aprile-maggio 2020- Rapporto a cura di Lorenzo Camoletto, Pino di Pino, Susanna Ronconi- Analisi tematica a cura di Susanna Ronconi

Le domande.

  • Come hanno risposto alla pandemia i servizi di Riduzione del danno /Limitazione dei rischi (RdD/LdR) e i Serd?
  • E come i servizi del territorio mirati alla popolazione più fragile?
  • Che sfide organizzative hanno affrontato? Come le hanno risolte e con quale esito?
  • Quali sono, nella prospettiva degli operatori del pubblico e del privato sociale, le questioni più urgenti da affrontare?
  • Che lezioni ci lascia questa pandemia sullo stato e l’adeguatezza del nostro sistema dei servizi?

Per rispondere in tempo reale, nel pieno del lockdown e al primo affacciarsi della “fase 2”, a queste domande, Forum Droghe, CNCA e ITARDD hanno lanciato una ricerca, autoprodotta grazie all’impegno delle associazioni, dei loro ricercatori e alla collaborazione di tante e tanti operatori pubblici e del privato sociale- destinata agli operatori che gestivano servizi di RdD/LdR e operavano nei SerD.

Il metodo. La ricerca, pur svolgendosi on line, ha adottato una metodologia qualitativa, evitando domande a risposte chiuse e lasciando ai partecipanti la libertà di rispondere in maniera libera e descrittiva. Questo ha dato al quadro che ne emerge una profondità e una articolazione fuori da risposte e analisi precostituite. In una delle due versioni del Rapporto di ricerca si possono leggere in maniera dettagliata le risposte fornite.

Chi ha partecipato. Hanno risposto 76 enti: 44 SerD o Dipartimenti, 31 enti del Terzo settore1 Comune. Gli enti – tra pubblico e privato sociale – gestiscono in totale 56 servizi di RdD (20 Drop in, 20 Unità d strada, 4 drop in giovani e 4 unità di strada giovani, e 8 interventi nei setting del divertimento).

La discussione dei risultati. I risultati sono stati discussi in un focus group on line con 16 operatori, pubblici e del privato sociale e un rappresentante delle persone che usano sostanze: le conclusioni sono dunque un prodotto condiviso e partecipato.

I punti chiave

“Dobbiamo imparare in fretta, adesso. Non possiamo aspettare la fine della pandemia”

La riduzione del danno. Una potenzialità formidabile per il territorio, sottovalutata e non garantita

► La RdD ha confermato il suo assetto disuguale a livello regionale, differenze che la crisi ha esasperato. Ancora in molte regioni italiane la RdD non è attiva.

► Dove è presente, la RdD ha avuto un ruolo efficace sul territorio, garantendo al massimo possibile presenza, offerta di prestazioni di RdD e intervento per la prevenzione del Covid19 tra i propri utenti. L’emergenza ha confermato che la RdD è informale, flessibile, pragmatica e creativa.

► I servizi di RdD si sono dimostrati un presidio territoriale capace di farsi carico della promozione della salute anche oltre gli specialismi: sono aumentati i contatti con popolazioni diverse, senza dimora, migranti, sex workers, persone in difficoltà. I servizi di RdD hanno intercettato una forte domanda sociale (reddito, casa, servizi sociali).

► Gli operatori hanno reinventato il loro lavoro, con mansioni diverse, smart working, attivazione innovativa del web.

► E’ stato però difficile farsi riconoscere come servizi essenziali anche per la mancanza di linee guida chiare da parte di Regioni, ASL e Dipartimenti. Il ruolo di operatori e direttori è stato importante per la tenuta del sistema, ma a volte la risposta è apparsa difensiva più che proattiva – limitare accessi e orari – e solo il 10% dichiara un ampliamento degli orari di apertura.

► Sono emersi con chiarezza alcuni limiti: per esempio, il fatto che il drug checking, ove attivo, sia limitato ai setting del divertimento (chiusi per lockdown) mentre postazioni fisse avrebbero garantito la continuità, preziosa in un momento di variabilità del mercato.

I Serd. Oscillazioni tra atteggiamento difensivo e iniziativa innovativa

► Hanno cercato di mantenere gli orari di apertura, in alcuni casi li hanno ristretti, in pochissimi casi ampliati, e hanno avuto un drastico calo nell’affluenza degli utenti. Sarebbe forse stato possibile potenziare maggiormente il ruolo dei SerD come servizio territoriale.

► Non c’è stato uno sviluppo innovativo di offerta di RdD, nonostante la crisi, tra i SerD che operano in aree dove la RdD non è attiva.

► Vi sono state limitazioni significative nell’accogliere i nuovi utenti, con l’adozione di criteri di urgenza. Una soglia di accesso che dunque si è alzata.

► C’è stato un importante e inedito sviluppo dello smart working, utile per il mantenimento delle relazioni con gli utenti. Una innovazione che può rimanere nel futuro, integrando il lavoro in presenza.

► Le restrizioni da Covid19 hanno portato a modificare la gestione delle terapie sostitutive, con aumento degli affidi e dei periodi di affidamento e diminuzione di esami clinici di controllo. Importante una valutazione per capire se questo possa essere un cambiamento organizzativo da mettere a regime, verso una maggiore autogestione e responsabilità dell’utente.

► Chiuse o limitate al minimo le attività interne alle carceri, con gli interventi necessari affidati a personale interno. Il carcere è stato il contesto maggiormente colpito.

Altri servizi. Il blocco delle accoglienze, l’innovazione per chi era incluso

► I centri diurni hanno chiuso, mentre dormitori e comunità hanno bloccato il turn over, ma adeguato l’offerta a chi era già accolto, i primi ampliando orari di permanenza durante il giorno e i secondi prolungando il periodo di accoglienza.

► Il blocco di nuovi ingressi ha certamente pesato e imposto una sofferenza sociale che richiede urgente innovazione.

► Le regole imposte all’accoglienza dalla prevenzione (triage, tamponi, quarantene) hanno comportato più lavoro e difficoltà organizzative.

Risorse e organizzazione. Non tutti uguali

► Sia il pubblico che il terzo settore hanno ridimensionato il monte ore dei propri operatori. Cosa ha impedito, al contrario, un utilizzo al massimo del potenziale umano in un periodo di crisi?

► Il Terzo settore appare esposto sotto il profilo economico, con incertezza e rallentamento di nuovi bandi e rinnovi di convenzioni. C’è una importante disparità tra i lavoratori di un sistema integrato. Maggiori anche le sue difficoltà – soprattutto in fase iniziale – ad essere garantito sotto il profilo prevenzione e dispositivi anti Covid19.

► Emergono tutti i limiti di un modello pubblico-privato basato su una esternalizzazione invece che su un sistema davvero integrato che coinvolga a pieno il Terzo settore.

Cosa serve adesso?

Fronteggiare il Covid (ancora), creare un vero sistema territoriale integrato, i LEA della RdD

► Il breve e medio periodo è occupato dalla necessità di presidi e strategie di prevenzione, la pandemia non passerà troppo rapidamente. Serve un modello organizzativo flessibile e la garanzia dei presidi di prevenzione.

► Il ripristino di una relazione di vicinanza con gli utenti, lo smart working resterà ma solo in maniera sussidiaria.

► Sul medio lungo periodo serve un sistema territoriale dei servizi, con una maggiore e più funzionale integrazione, linee guida chiare e risorse vincolate. La lezione di un territorio che complessivamente non ha risposto in maniera adeguata lascia il segno.

► Una migliore risposta ai bisogni sociali degli utenti. La pandemia farà pagare un prezzo alto ai più fragili, è evidente la drastica inadeguatezza dell’attuale sistema.

► Il pubblico deve risolvere il tema del turn over bloccato, che ha fatto invecchiare gli operatori e limita le risorse umane.

► Tra le lezioni apprese, la necessità inderogabile dei LEA della RdD e un cambiamento della legge in direzione meno repressiva.

“Come operatori abbiamo il compito politico di porre tutto questo sul tavolo dei decisori”.

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fonte: FUORILUOGO

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