Nella città di Basaglia emerge il caso dell’impunità di un delitto. di Franco Corleone

È davvero una felice coincidenza che proprio a Trieste, la città conosciuta nel mondo per l’esperienza basagliana, divenga di attualità la presenza nel codice penale della incapacità di intendere e volere a cui segue il proscioglimento e infine la statuizione della pericolosità sociale e il ricovero in una Rems, la struttura per l’esecuzione della misura di sicurezza.

Il caso nasce nell’ottobre 2019 nei locali della Questura nei quali Àlejandro Stephan Meran uccise a colpi di pistola due poliziotti, Pierluigi Rotta e Matteo Demenego.

Il Codice Rocco, fondamento dello stato fascista e colpevolmente ancora in vigore, prevede che una persona che compie un reato essendo, al momento del fatto, incapace di intendere e volere non sia sottoposto a processo.

Ora dopo molto tempo dal fatto una perizia asserisce quella condizione di impunità. Molti studi mettono in luce la non scientificità della perizia e il carattere imponderabile della definizione di pericolosità sociale affidata alla psichiatria. Una precedente perizia aveva detto il contrario. Toccherà alla Corte d’Appello di Trieste decidere. Il contrasto tra due perizie si verificò anche in Norvegia per la strage con settantasette vittime compita nel 2011 da Anders Breivik, estremista nazista e razzista.

La Corte optò per l’affermazione della responsabilità penale e condannò l’assassino al massimo della pena (in Norvegia non è infatti prevista la pena dell’ergastolo).

Negli anni novanta presentai due proposte per eliminare il cosiddetto doppio binario del Codice Rocco del 1930 con lo scopo di cancellare le misure di sicurezza che si eseguivano nell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario.

Finalmente gli Opg sono stati chiusi nel 2017, ma è rimasta la costruzione dell’incapacitazione del malato di mente. La Società della Ragione ha elaborato con giuristi, psichiatri e esponenti delle associazioni impegnate in questa campagna di civiltà, una nuova e aggiornata proposta di riforma in due seminari nel settembre del 2020 e del 2021 a Treppo Carnico.

Sul muro dell’ex manicomio di Trieste campeggiava la scritta “la libertà è terapeutica”, richiamando quello slogan io sostengo che anche “la responsabilità è terapeutica”.

In quasi tutte le patologie psichiatriche permane un margine di consapevolezza che deve essere riconosciuto e rispettato, proprio per dare alla persona la possibilità di una assunzione di responsabilità per l’atto compiuto.

Il diritto al processo è fondamentale anche perla persona con disturbi mentali per l’elaborazione del delitto mentre il proscioglimento resta una decisione incomprensibile che non fa chiarezza. Anche le vittime e i famigliari hanno bisogno di una verità che sani la ferita subita.

Questa strada non comporta necessariamente una esecuzione della pena in carcere. Infatti la proposta numero 2939 presentata dal deputato Riccardo Magi prevede misure alternative ad hoc, con l’obiettivo di tenere insieme diritti e bisogni di cura. La rivoluzione che abbiamo compiuto con la chiusura del manicomio giudiziario ha bisogno di una riforma radicale che superi le contraddizioni presenti. Mi auguro che nella tragedia di Trieste prevalga la giustizia.

fonte: Messaggero Veneto, 10 marzo 2022 da Ristretti Orizzonti

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