Il nuovo Punto Unico di Accesso (PUA). Il quadro nazionale. di Franco Pesaresi

La Legge di bilancio 2022 ha modificato le caratteristiche dei Punti unici di accesso (PUA) così come delineati negli anni duemila. Il presente lavoro si propone di aggiornare il profilo organizzativo del PUA.

Il quadro normativo nazionale

Si comincia a parlare di Punti unici di accesso (PUA) negli anni novanta del secolo scorso quando la semplificazione amministrativa era diventa una costante dell’agenda politica di tutti i governi. L’obiettivo costante era ed è rimasto quello della semplificazione del rapporto fra cittadini e pubblica amministrazione riducendo gli adempimenti e i passaggi amministrativi a carico di cittadini ed imprese e promuovendo lo snellimento e la tempestività dell’azione pubblica. Seguendo questa logica alcune regioni cominciano a prevedere i punti unici di accesso alle prestazioni sociosanitarie, pur con differenti denominazioni, e solo a questo punto la normativa nazionale comincia ad occuparsi di questo nuovo modello organizzativo.

Il primo atto statale in cui si parla di Punti unici di accesso è il D.M. Salute del 10/7/2007 con cui si approvano le linee guida per l’accesso delle regioni al finanziamento dei progetti attuativi del Piano sanitario nazionale. Lo “sportello unico di accesso” (così viene chiamato la prima volta) viene previsto all’interno della sperimentazione del modello assistenziale “Casa della salute” al fine della integrazione tra attività sanitarie e attività socio-assistenziali. Attraverso lo sportello unico – si legge nel Decreto – si realizza la presa in carico del paziente attraverso l’affido diretto alle unità valutative e agli altri servizi da cui dipende la definizione e l’attuazione del percorso assistenziale individuale.

Si riparla ancora genericamente di Punti unici con il D.M. Solidarietà sociale del 12/10/2007 con il quale viene ripartito il Fondo per le non autosufficienze del 2007. Nel Decreto si invitano le regioni ad utilizzare i finanziamenti, fra l’altro, per “la previsione o rafforzamento di punti unici di accesso alle prestazioni e ai servizi con particolare riferimento alla condizione di non autosufficienza che agevolino e semplifichino l’informazione e l’accesso ai servizi socio-sanitari”. Un altro riferimento normativo è rinvenibile nell’Accordo Stato-Regioni del 25/3/2009 con il quale si approvano e si finanziano gli obiettivi prioritari e di rilievo nazionale per l’anno 2009. Uno di questi obiettivi prevede l’incremento dell’assistenza domiciliare integrata (ADI) anche attraverso “la costituzione, in ambito territoriale dei punti unici di accesso (PUA) per la presa in carico delle persone non autosufficienti attraverso la segnalazione del medico curante, del MMG, dei familiari, dei servizi sociali, dell’utente stesso”.

A questo punto, la normativa nazionale per tutto il decennio successivo si occupa dell’attuazione dei PUA nei diversi riparti annuali del Fondo nazionale per le non autosufficienze. I diversi decreti di riparto che si sono succeduti hanno previsto la realizzazione o il rafforzamento di punti unici di accesso alle prestazioni e ai servizi localizzati negli ambiti territoriali da parte di Aziende Sanitarie e Comuni, così da agevolare e semplificare l’informazione e l’accesso ai servizi socio-sanitari (D. MLPS 20/3/2013; D. MLPS 7/5/2014; D. MLPS 14/5/2015; D. MLPS 26/9/2016) … Continua a leggere. Scarica qui il documento integrale

fonte: i luoghi della cura

Franco Pesaresi
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