Reddito di salute ? Una proposta indecente di Marco Geddes

Rapporto Rbm – Censis ci spiega che:  “…sulla base delle simulazioni condotte, la scelta di sottoscrivere una Polizza Sanitaria o di aderire ad un Fondo Integrativo risulta decisamente più conveniente per il cittadino rispetto al pagamento di tasca propria delle cure private”. Questo confronto fra spesa out of pocket e la sua benefica sostituzione con Polizze e Fondi sanitari si basa su tre presupposti, ovvero su tre affermazioni, completamente false.


dire, fare, commettere un’i., delle indecenze.
Frequente in frasi esclamative, come espressione di sdegno davanti a fatti o situazioni sconvenienti, o che per qualche motivo suscitino risentimento e riprovazione: è un’i., una vera i.!; che i.!; che cos’è questa indecenza? (Treccani)


Ho letto in questa estate l’aggiornamento del VIII Rapporto Rbm – Censis, pensando che contenesse una eliminazione o quantomeno rettifica alla proposta di Reddito di salute[1]. Al contrario, tale esilarante ipotesi è stata nuovamente avanzata sul supplemento economico del Corriere della sera. “Si potrebbe introdurre un reddito di salute – spiega il CEO di Rbm –   magari come componente strutturale di quello di cittadinanza, oppure assegnare un voucher con cui finanziare un’assicurazione sociale integrativa [cioè, intende, quella che io presiedo…] per tutti coloro che ancora non dispongono di una polizza o di un fondo integrativo. Pagare le cure private di tasca propria, infatti, non solo non è equo, ma soprattutto non è mai conveniente per i cittadino. Al netto dei benefici fiscali, cioè la detrazione per le spese mediche, il costo aggiunto sostenuto da ogni cittadino per le cure private è pari in media a 530 euro. Una polizza o un fondo sanitario integrativo garantiscono un risparmio medio di quasi 245 euro, considerando il differenziale medio fra il costo, gli importi rimborsati e la deduzione media.”[2]

Tale ipotesi, o meglio proposta al nuovo Governo, nasce da un presupposto ampiamente illustrato nel Rapporto, sia a parole che con gli opportuni grafici e figure, che sono assai suggestivi e convincenti. L’illustrazione contenuta nel Rapporto mette infatti a confronto i benefici della sanità integrativa, ove venissero a sostituire la spesa privata out of pocket (OoP)[3] (vedi Figura 1).

La bilancia sulla destra evidenzia il costo medio della spesa out of pocket, che risulta di 654,89 €, entità che viene tuttavia ridotta, grazie ai benefici fiscali di cui si giova (124,43€), a 530, 46€.

Tale spesa, se invece fosse intermediata da Polizze sanitarie o dai Fondi integrativi, come proposto dal Rapporto e poi sviluppato in una serie di ipotesi finanziaria per il totale della popolazione, assommerebbe a 339,81 €  pro capite effettivamente pagati dall’assicurato e 113,27 € finanziati “indirettamente” dallo Stato in ragione della loro natura di oneri deducibili. Il rimborso medio che si ottiene è di 425,96  a cui poi, il Rapporto afferma, è necessario tener conto di un’ulteriore decurtazione di 96,52 €  derivante dal contenimento del costo delle cure private per effetto della negoziazione delle tariffe delle Strutture Sanitarie e/o dei medici convenzionati attuata dalla Compagnia Assicurativa o dal Third Party Administrator del Fondo Integrativo! Il vantaggio medio sarebbe quindi 243,13 €, come indicato anche nella recente dichiarazione al Corriere della sera?

Il Rapporto ci spiega, a commento di tale suggestiva immagine, che:  “… sulla base delle simulazioni condotte, la scelta di sottoscrivere una Polizza Sanitaria o di aderire ad un Fondo Integrativo risulta decisamente più conveniente per il cittadino rispetto al pagamento di tasca propria delle cure private”.

Questo confronto fra spesa out of pocket e sua benefica sostituzione con Polizze e Fondi sanitari si basa su tre presupposti, ovvero su tre affermazioni, completamente false.

  1. La prima affermazione è che nelle attuali Polizze assicurative e Fondi sanitari siano mediamente comprese le prestazioni che il cittadino si paga out of pocket. Ma scherziamo?
    La spesa privata, valutabile a 39.680 milioni di euro (escludendo 3.362 milioni che vengono “restituiti” dallo Stato sotto forma di detrazioni fiscale), ha questa composizione[4]:
  • 1.310 milioni sono relativi all’acquisto di farmaci di fascia A, virtualmente a carico del Ssn, ma che i cittadini acquistano in autonomia per loro volontà (3,3%)
  • 1.500 milioni sono destinati alla compartecipazione della spesa per i farmaci, ma di questi un miliardo viene sborsato per acquistare farmaci brand al posto degli equivalenti (3,8%)
  • 5.900 milioni sono destinati a prodotti omeopatici, erboristici, integratori, nutrizionali, parafarmaci, etc. (14,9%)
  • 5.215 milioni vengono spesi per farmaci di fascia C e di automedicazione, buona parte dei quali sono di efficacia non dimostrata (13,1%)
  • 11.000 milioni (che includono € 1.300 milioni di ticket) sono destinati a visite specialistiche ed esami diagnostici di laboratorio e strumentali, di cui una variabile percentuale del 30-50%, secondo stime internazionali, è inappropriata (27,7%)
  • 8.500 milioni vanno per le cure odontoiatriche (21,4%)
  • 2.255 milioni per l’assistenza ospedaliera (5,7%)
  • 3.000 milioni per la long-term-care ( 7,6%)
  • 1.000 milioni per protesi e ausili (2,5%).Ora voi leggete le offerte assicurative, le polizze, gli accordi che consentono a ormai molteplici categorie di dipendenti di usufruire di Fondi sanitari e spiegatemi da dove ci si può togliere dalla testa che questi “prodotti” sopra elencati, che compongono appunto la spesa out of pocket mostrata nella bilancia, siano offerti, mediamente, ai potenziali “neo mutuati”? I farmaci acquistati per loro volontà, compresi in fascia C? Integratori nutrizionali e omeopatici? La long-term care? Le cure odontoiatriche di qualsiasi tipo, anche la pulizia dei denti (compresa, ovviamente, nella spesa out of pocket)?
  1. Il secondo presupposto del confronto, suggerito dalle due bilance, consiste nel fatto che la popolazione generale, che consuma farmaci, presidi e prestazioni in out of pocket, sia identica a quella che attualmente è coperta da Polizze e Fondi, e quindi i consumi dell’una siano rappresentativi di quelli dell’altra. Anche questa è ovviamente una, enorme, falsità. Basta scorrere l’elenco dei clienti di Rbm che sono, solo esemplificativamente: Gruppo Unicredit, Eni, Ikea, Fc Juventus, Ac Milan etc. o di chi ha sottoscritto accordi sindacali con acceso ai Fondi: Luxottica, Metalmeccanici… Queste persone, e in alcuni casi il loro nucleo familiare, sarebbero quindi rappresentativi della popolazione in genere? Ma la spesa out of pocket più elevata, come si apprende dallo stesso Rapporto,  è effettuata dagli anziani; in riferimento a un valore medio 100 i valori per fascia di età sono: 65 anni e più  = 131,4; 35 – 64 anni = 85,7; 18 – 34 anni  = 72,4[4]. Cioè, anche al di là del contenuto dei pacchetti di prestazioni oggetto del confronto, gli attuali assicurati con Fondi e Polizze sono una (approssimata) rappresentazione di quelli che spendono di meno in out of pocket e non certo della popolazione generale a cui la proposta si riferisce
  2. Infine si presume che la copertura assicurativa non modificherà e non incrementerà i consumi precedentemente sostenuti in out of pocket, vale a dire che ogni persona, una volta assicurata – e trattasi della popolazione generale – non incrementi le molte prestazioni improprie o di non provata efficacia, siano essi integratori, erboristeria, farmaci brand al posto degli equivalenti, annullando così anche l’unico ticket che non si configura, a mio parere, come tassa sulla salute.

Un’ultima considerazione, un po’ a spanne: dal confronto esposto nel Rapporto i Fondi incasserebbero 339,81 €  pro capite effettivamente pagati dall’assicurato e 113,27 € finanziati “indirettamente” dallo Stato, per un totale di 453,08 €. Da tale somma sottraiamo 20 – 25% di spese amministrative e 20 – 25% di accantonamento o riassicurazione, oltre al 2- 5% di profitti per gli azionisti o proprietari diretti delle assicurazioni. Si oscilla fra il 42% e il 55% che riduciamo, prudenzialmente e ottimisticamente, al 40% di non “trasformazione” del premio in prestazioni sanitarie. Restano disponibili 271,84 €! Semplifichiamo il calcolo e arrotondiamo, in eccesso, a 280 €. Per le cure odontoiatriche (il 21,4% della spesa out of pocket con cui ci si confronta per proporne la sostituzione con i Fondi) sono quindi disponibili circa 60 € annui; tale disponibilità, offerta all’insieme della popolazione, copre la pulizia dei denti, la quale, essendo appunto gratuita e generalizzata (dal sistema proposto come deriva dal confronto ipotizzato fra i due pacchetti di spesa) sarà effettuata praticamente da tutti i cittadini…

Non so se ho portato sufficienti elementi per confutare il confronto fra le due bilance, ma la sostanza della proposta è smentita, anche se con modalità narrative (sublimi), dal testo di  Carlo Lorenzini.

Egli ci convince infatti, appunto narrativamente, nel suo capolavoro, che seppellire gli zecchini d’oro nel Campo dei miracoli, come suggerito dal Gatto e la Volpe, non fa certo crescere un albero di zecchini d’oro.

Bibliografia

  1. Vecchietti M. Vecchietti (Rbm) lancia l’idea del Reddito di Salute. Quotidiano sanità, 29.06.2018.
  2. Bagnoli RE. Reddito di salute contro le diseguaglianze. Corriere della sera – L’Economia, 10.09.2018.
  3. VIII Rapporto RBM – Censis sulla Sanità Pubblica, Privata ed Intermediata. La salute è un Diritto. Di tutti, Giugno 2018, Grafico 74, pag. 65,.
  4. I dati sono derivati da Del Vecchio M, Fenech L, Rappini V. I consumi privati in sanità. In: Cergas-SDA Bocconi. Rapporto OASI 2017. EGEA, dicembre 2017 e ripresi, nella seguente configurazione, in Nino Cartabellotta: Spesa sanitaria delle famiglie a 40 mld, Fondazione Gimbe: «Il dato è reale ma l’allarme non c’è», Sole 24 Ore Sanità, 11 giugno 2018.
  5. VIII Rapporto RBM – Censis sulla Sanità Pubblica, Privata ed Intermediata. La salute è un Diritto. Di tutti, Giugno 2018. Indice della spesa sanitaria privata sul reddito (età del capofamiglia), pag. 81.

Fonte: SaluteInternazionale.info

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