Immigrati e servizi socio-sanitari nell’evento nascita: i risultati di una indagine empirica. di Rosy Musumeci

L’articolo analizza le esperienze degli/delle utenti immigrati/e dei servizi sanitari pubblici in area perinatale a Torino. Gli studiosi del fenomeno migratorio si sono sempre più interessati all’impatto delle politiche sociali sul processo di integrazione, anche per quanto ri-guarda l’accesso ai servizi sanitari. Secondo gli studi incentrati sui servizi di salute materna e infantile, la burocrazia e le barriere linguistiche sono alcune delle cause di un accesso ridotto a informazioni o servizi sanitari dei genitori immigrati.

Nella regione Piemonte l’offerta pubblica di assistenza in area materno-infantile è andata incontro a un processo di riorganizzazione avviato a partire dalla d.g.r. 34-8769 del 12 maggio 2008 e dalla pianificazione regionale che definiscono il cosiddetto «Percorso nascita». Quest’ultimo, per quanto riguarda il rapporto paziente-servizio, mira a rifondare la collaborazione tra la donna e i servizi socio-sanitari al fine di promuovere il diritto alla salute, una migliore assistenza e scelte consapevoli da parte della donna veicolando un «rapporto terapeutico» e una «relazione di cura» maggiormente orientati a logiche di empowerment piuttosto che di compliance e promuovendo una cultura assistenziale più responsabilizzante. Per quanto concerne il rapporto dei servizi tra di loro, tale modello assistenziale mira a promuovere l’integrazione, il collegamento tra servizi ospedalieri ed extra-ospedalieri e la continuità dell’offerta assistenziale. Al fine di implementare il Percorso nascita l’Assessorato alla Tutela della salute e sanità ha ideato e introdotto la cosiddetta Agenda di gravidanza; distribuita gratuitamente alle donne in attesa di un bambino presso i consultori, essa è sia strumento degli operatori sanitari per riportarvi (e archiviare in modo sistematico) i dati clinici da monitorare durante la gravidanza, e che costituiscono un patrimonio di informazioni necessarie per un’assistenza appropriata e personalizzata, sia un mezzo informativo per la donna.

Quanto agli/alle utenti dei servizi in tale ambito, dai dati provenienti dai Certificati di assistenza al parto (Cedap) si evince che nel contesto locale torinese la quota di donne straniere che hanno partorito nel 2012 in uno dei quattro Punti nascita pubblici della città subalpina va da un minimo di circa un quarto a un massimo di quasi il 47%. Le donne immigrate che hanno partorito in uno di questi Punti nascita sono in genere più giovani delle italiane (hanno un’età media di ventotto anni contro i trentatré delle italiane), posseggono titoli di studio più bassi (in tutti gli ospedali la quota di straniere laureate è più bassa di quella riscontrata tra le italiane di 16,9-22,2 punti percentuali) e più frequentemente dichiarano di essere disoccupate o casalinghe. È al primo figlio il 49,2% delle straniere contro il 56,9 delle italiane. Nel triennio considerato, tra le straniere la percentuale di donne che hanno effettuato sino a un massimo di quattro visite in gravidanza è doppia rispetto a quella riscontrata tra le italiane (14%), confermando il minor ricorso all’assistenza in gravidanza evidenziato da altri lavori (Istituto superiore di sanità, 2011; Lariccia e al., 2013; Lauria e al., 2013). Negli anni dell’implementazione dell’Agenda di gravidanza si registra un aumento del numero delle utenti dei consultori gravide, specie straniere, siano esse regolari, Eni (Europeo non iscritto) o temporaneamente presenti sul territorio torinese.

Quanto alle esperienze con i servizi sanitari locali perinatali di un gruppo di trentasei immigrati provenienti da Perù, Romania e Marocco, quasi tutti dichiarano di aver usufruito dei servizi. La situazione è diversa per i corsi di accompagnamento alla nascita (in ospedale o presso i consultori) e per quelli post-nascita: in proporzione, meno intervistati immigrati dichiarano di conoscerli e di usarli. Sia questo dato che il precedente confermano quanto già rilevato nei paragrafi precedenti a proposito della tendenza degli immigrati, rispetto agli italiani, a usare i consultori più frequentemente e al contempo a partecipare poco ai corsi pre e post-nascita.

Il livello di soddisfazione per i servizi fruiti e per i percorsi assistenziali seguiti è buono. Nel caso di molti stranieri le istanze di «umanizzazione» dell’assistenza in gravidanza, parto e post-parto appaiono ricorrenti. Esse emergono attraverso l’espressione del desiderio e dell’apprezzamento di un atteggiamento «umano» da parte del personale sanitario, di una relazione più comunicativa ed empatica con i professionisti e nel riconoscimento dell’importanza che questo può avere nella determinazione di un vissuto positivo del parto e dell’allattamento per la madre (ma anche per il padre) e per il bambino. I (futuri) genitori immigrati intervistati in certi casi non riconoscono, non considerano utili più di tanto i saperi esperti e i servizi come i consultori. Tuttavia in altri casi si riscontra la spinta a informarsi e a saperne di più, che si traduce e si esaurisce però frequentemente nel reperimento di informazioni sulla Rete, soprattutto tra le rumene e le peruviane, forse per la sua natura di essere un canale che consente di reperire in-formazioni a costo zero, in modo rapido e aggirando le barriere linguistiche o – dichiarano alcune intervistate – le difficoltà legate alla non facile reperibilità del personale sanitario. Altri canali ricorrenti tra i nostri intervistati immigrati per il reperimento di informazioni, per i consigli sul parto e su come allevare il bambino sono quelli informali delle amicizie e della parentela. Alcune madri straniere intervistate fanno anche riferimento, considerandolo utile, al sapere esperto veicolato dai mass media attraverso specifici programmi televisivi.

L’Agenda di gravidanza, che nel paragrafo 4 (NdR: dell’articolo in versione integrale) si è detta essere il principale strumento di implementazione del nuovo Percorso nascita in Piemonte, è considerata utile dalle madri immigrate, quando l’hanno ricevuta: non tutte le intervistate seguite dai consultori, infatti, l’hanno avuta; alcune l’hanno ricevuta in italiano, nessuna nella propria lingua.

Le analisi condotte consentono di individuare alcuni nodi critici nell’implementazione del modello assistenziale locale in area materno-infantile, nell’esperienza che ne fanno in particolare gli utenti stranieri. Tra le problematiche (formali e informali) che gli immigrati si trovano ad affrontare per accedere a questi servizi si segnalano i percorsi di accesso, la circolazione e il rapporto con il persona-le sanitario.

Rosy Musumeci è ricercatrice post-doc in Sociologia presso l’Università di Torino.

 

Il testo è la sintesi dell’articolo pubblicato nel n. 2 2018 di Rps e scaricabile dagli abbonati nella versione integrale al link:

https://www.ediesseonline.it/wp-content/uploads/2018/11/20musumeci.pdf

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