Torna l’antica psichiatria in Veneto: dobbiamo reagire. di Anna Poma

La Regione Veneto con la delibera 32 del 13 marzo 2019 (vedi) ribadisce la sua radicale distanza da politiche di salute mentale degne di questo nome, insistendo nel riproporre logiche psichiatriche miopi, antiquate e del tutto estranee allo spirito della riforma che nel 1978 ha cancellato i manicomi in Italia e sciolto i dispositivi che misconoscevano, per chi vive un problema di salute mentale, il pieno diritto di cittadinanza.

Oggi con l’approvazione delle nuove schede ospedaliere, lo scorso anno con una delibera che rivedeva l’offerta extraospedaliera comunitaria (la n. 1673 del 12/11/2018, da noi fortemente contestata perché istituisce le fatidiche nuove Residenze sociosanitarie psichiatriche, ovvero, a tutti gli effetti, nuovi piccoli manicomi per complessive 280 persone) la Regione Veneto ripropone, senza nemmeno farne troppo mistero, l’idea che il problema con cui confrontarsi quando in gioco ci sono i “matti” è ancora prima di tutto quello della loro dislocazione. Che si tratti di far diventare i Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura dei veri e propri reparti massivi (fino a 58 posti letto sono previsti a San Bonifacio in provincia di Verona, 35 a Padova, 30 a Vicenza) o che si legittimino comunità dove è previsto, dopo i 45 anni di età, sostanzialmente la possibilità di internamento a vita, l’obiettivo da perseguire è sempre e comunque quello di decontestualizzare le vite e di mettere altrove una sofferenza che non interroga mai i luoghi da cui proviene. Una lettura e una logica che malauguratamente sembrano orientare la richiesta e la pressione di alcune associazioni di familiari (che si preoccupano ad esempio perché nella ridistribuzione regionale la asl Serenissima potrebbe perdere qualche posto letto, senza curarsi di cosa accade all’interno dei servizi e dove questi letti finiscano) e che diventa plateale nell’ultima mossa prevista dalla delibera di marzo, che prevede sostanzialmente che i pazienti psichiatrici bypassino il pronto soccorso per finire direttamente in Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (SPDC), come a dire che la diagnosi psichiatrica cancella aprioristicamente ogni altra possibile diagnosi – sono già molti oggi i casi di persone che continuano a restare ricoverate in Spdc nonostante il ricovero sia stato reso necessario da altre patologie, rendendola prevalente e preordinando un percorso a parte rispetto agli altri cittadini che abbisognano di un intervento in pronto soccorso.

Come Forum Veneto per la Salute Mentale e associazione Cittadinanza e Salute ravvisiamo e denunciamo da lungo tempo l’inappropriatezza delle risposte di salute mentale in Veneto e in particolare a Venezia. Assistiamo di continuo a ricoveri impropri, utilizzati per far fronte alla carenza strutturale di interventi territoriali adeguati: ci sono persone che vengono ricoverate negli Spdc (ancora drammaticamente blindati: porte e finestre sbarrate, telecamere di sorveglianza, etc.) e vi rimangono per mesi, persone che trascorrono anni in Comunità “terapeutiche” perché non si riescono a costruire risposte di residenzialità leggera e interventi terapeutici individualizzati volti a restituire alle persone opportunità di vita concrete ben meno costose e ben più terapeutiche.

È con sgomento che dobbiamo riconoscere l’ostinazione degli amministratori regionali, sostenuti dai tecnici, a non recepire alcuna delle indicazioni più volte da noi sollecitate, che a partire dalle buone pratiche del territorio nazionale richiedono una radicale riorganizzazione dei servizi territoriali ancora poverissimi nella nostra Regione, non tanto in termini di risorse, quanto in termini di declinazioni degli interventi. I nostri Centri di Salute Mentale (CSM) continuano ad avere orari di apertura risicati, ad esser concepiti come semplici poliambulatori. L’attività riabilitativa – che oggi rischia di essere completamente privatizzata o persino assegnata alle cliniche private (vedi l’estratto delibera n. 22/CR del 13/03/2019 che annuncia «un’importante riorganizzazione dell’offerta delle strutture private accreditate attraverso il riconoscimento dell’attività riabilitativa psichiatrica») – continua a proporre intrattenimento e poco altro, l’ipotesi di introdurre i budget di salute resta remotissima e gli abusi farmacologici, le logiche contenitive e custodialistiche sono di gran lunga prevalenti rispetto a tutto il resto.

Per contrastare questa drammatica situazione non smettiamo di mobilitarci, e lo faremo anche il 24 maggio durante la tappa veneziana della Conferenza Nazionale per la Salute Mentale, prima giornata della decima edizione del Festival dei matti (X edizione 24-26 maggio, Gli anni. Legami di generazioni), in un incontro intitolato Diritti distorti.

fonte: FSM

SULLO STESSO ARGOMENTO IL COMUNICATO FP CGIL MEDICI

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