Inquinamento: qualcosa si muove. di Giuseppe Garamella, Maddalena Innocenti, Federico Manzi, Chiara Milani, Gino Sartor

L’impatto sulla salute del cambiamento climatico e la capacità delle comunità di adattarvisi dipendono dal successo delle azioni di mitigazione e dal ritmo della loro realizzazione. Queste azioni hanno anche effetti immediati sulla salute, legati ad esempio alla riduzione del particolato nell’aria che respiriamo. Tuttavia, per ora il settore energetico fatica ad abbandonare la sua dipendenza dal carbonio.

L’intensità di carbonio per l’approvvigionamento totale di energia primaria (TPES) è pressoché invariata a livello globale dal 1990 (Figura 1) e rimane elevata nonostante la continua crescita della produzione di elettricità da fonti rinnovabili (24% di produzione totale di elettricità, di cui il 16% idroelettrico)[1] e da altri combustibili fossili, come oli e gas naturali. Questo dato indica un sempre più ampio divario rispetto al percorso di riduzione a zero delle emissioni entro il 2050, necessaria per non disattendere gli accordi di Parigi. Sono quindi necessari cambiamenti strutturali nel sistema energetico [2].

Figura 1. Intensità di carbonio per l’approvvigionamento totale di energia primaria. tCO2/TJ = CO2 totale per teraJoule di energia. TPES = approvvigionamento totale di energia primaria

L’eliminazione graduale dell’utilizzo di carbone esiterebbe in un miglioramento dell’inquinamento atmosferico. Tuttavia, gran parte dell’energia mondiale deriva ancora oggi dalla combustione del carbone. Anche se il suo utilizzo è diminuito dal 2013 grazie alla riduzione del consumo in Cina, al miglioramento dell’efficienza energetica degli impianti e al continuo aumento dell’uso di shale gas, alle ultime conferenze sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite molti Paesi si sono impegnati ad eliminarne gradualmente l’uso entro il 2030[3,4]. La domanda però continua ad essere elevata, in particolare in Asia (Figura 2) e la rapidità richiesta dagli Accordi Internazionali per l’eliminazione dell’utilizzo desta perplessità e preoccupazione. A titolo di esempio, per soddisfare l’obiettivo degli Accordi di Parigi di limitare l’aumento di temperatura a 1,5°C, l’utilizzo di carbone nel 2040 dovrebbe diminuire a un quinto di quello del 2010.

Figura 2. Intensità di carbone per l’approvvigionamento totale di energia primaria in alcuni Paesi e regioni e globalmente. EJ = exajoule. TPES = approvvigionamento totale di energia primaria

Fortunatamente, la nuova generazione di rinnovabili è diventata sempre più competitiva: ad esempio, in India l’energia solare è la fonte più economica disponibile[5,6]. Per questo e altri motivi ci sono solide prospettive di sostituire i combustibili fossili e su scala mondiale si sta realizzando un investimento sulle energie rinnovabili maggiore rispetto a quello sui combustibili fossili. Circa il 30% della produzione mondiale di energia elettrica deriva da fonti a zero-emissioni di carbone, soprattutto energia idro-elettrica e nucleare. Le cosiddette “nuove rinnovabili” – energia solare ed eolica – sono cresciute dallo 0,5% del 2000 al 5% del 2015[7].

Per quanto riguarda l’accesso all’energia elettrica, il numero di persone che a livello mondiale ne è privo si è ridotto da 1,7 miliardi nel 2000 a 1,1 miliardi nel 2016, e molte altre ne usufruiranno entro il 2030, soprattutto in Estremo Oriente e Sud Est asiatico. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, i nuovi allacciamenti sono avvenuti attraverso l’utilizzo di combustibili fossili e il carbone è ancora il combustibile maggiormente utilizzato a livello globale per la produzione di energia elettrica (37%)[1]. L’aumentata disponibilità di elettricità ha apportato indiscutibili benefici in termini economici, sociali e di salute. Tuttavia, l’impatto dell’inquinamento dell’aria ambiente e di emissione di gas serra sono variabili importanti che dipendono da come l’elettricità è prodotta e che condizionano lo stato di salute della popolazione[8].

In riferimento all’ambiente esterno, le concentrazioni nell’atmosfera di polveri sottili, monossido di carbonio, ossido di azoto ed altri prodotti derivanti dalla combustione del carbone risultano essere in costante aumento. In contesto urbano, nel periodo compreso tra il 2010 e il 2016, l’inquinamento dell’aria è peggiorato in circa il 70% delle città a livello mondiale, soprattutto in quelle dei paesi a basso reddito e nell’87,5% delle città la popolazione è sottoposta a una concentrazione media annuale di PM 2,5 superiore a 10µg, limite previsto dalle linee guida WHO.

Analizzando il settore dei trasporti, i combustibili utilizzati producono più della metà dell’ossido di azoto emesso globalmente e gran parte delle polveri sottili, ponendo una minaccia per la salute[9]. Globalmente, infatti, il trasporto su strada continua ad essere alimentato quasi esclusivamente da combustibili fossili. Purtroppo, questo settore non è stato investito dal graduale aumento che si è registrato in generale nell’utilizzo di combustibili non fossili (elettricità e biocarburanti). Le emissioni di gas serra e di inquinanti atmosferici potrebbero essere facilmente ridotte ricorrendo ad un maggiore utilizzo di trasporti urbani sostenibili (trasporti pubblici, ciclismo, passeggiate), che presentano oltretutto benefici in termini di salute. Ancora però l’utilizzo della bicicletta come mezzo di trasporto è scarso nella maggior parte delle città. Promuovere il ciclismo in determinate realtà è sicuramente difficile, ma è dimostrato che vari provvedimenti, tra cui la costruzione di piste ciclabili, possono contribuire a rendere la bicicletta più attraente.

Anche nel settore zootecnico la produzione di carne bovina ha un ruolo non indifferente nella emissione di gas a effetto serra. Peraltro, sebbene la carne sia un alimento altamente nutriente, il consumo di carne rossa presenta associazioni con effetti avversi sulla salute. Negli ultimi anni la quantità di carne rossa di ruminante disponibile per il consumo umano nel mondo è soltanto leggermente diminuita (da 12,9 kg all’anno pro capite nel 1990 a 11,25 kg nel 2013)[10]. Definire e seguire cambiamenti significativi in una produzione alimentare sana e sostenibile presenta molteplici sfide, considerando anche il fatto che è improbabile che si possano avere implicazioni di pari salute per i paesi ad alto e basso reddito. Tenere traccia dei progressi verso diete più sostenibili richiede inoltre dati standardizzati e continui sul consumo di cibo a livello nazionale e sulle relative emissioni di gas serra durante i cicli di vita dei prodotti alimentari.

Infine, nel settore sanitario, ad oggi non esiste un indicatore standardizzato per misurare le emissioni di gas a effetto serra. Tuttavia, alcuni Paesi, come Regno Unito, Stati Uniti e Australia, stanno già lavorando per misurare e ridurre le loro emissioni in ambito assistenziale. Secondo alcuni studi australiani, le emissioni di CO2₂ del settore sanitario rappresentano il 7% delle emissioni totali dell’Australia[11], mentre negli Stati Uniti le emissioni di gas serra del settore dell’assistenza sanitaria rappresentano il 10% delle emissioni[12]. Soltanto nel il Regno Unito ogni anno il sistema sanitario dichiara le proprie emissioni di gas serra del proprio sistema sanitario. In questo Paese le emissioni sono diminuite dell’11% dal 2007 al 2015, nonostante un aumento del 18% dell’attività[13].

I dati disponibili hanno dimostrato la presenza di aspetti positivi nella lotta all’inquinamento, quali l’impegno di molti paesi a ridurre l’utilizzo del carbone, l’aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili e la diffusione dei mezzi di trasporto sostenibili. Tuttavia, siamo ancora lontani dal raggiungimento degli obiettivi stabiliti dall’Accordo di Parigi per mantenere l’aumento della temperatura globale inferiore ai 2°C. vincere tale sfida non coinvolge solo il contenimento dei futuri pericoli rappresentati dal cambiamento climatico, ma produce anche benefici a breve termine per la salute, come quelli che conseguirebbero al miglioramento della qualità dell’aria. È imperativo attuare azioni rapide in tutti i settori e in tutti i territori.

Giuseppe Garamella, Maddalena Innocenti, Federico Manzi, Chiara Milani, Gino Sartor. Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina preventiva. Università di Firenze

Bibliografia

  1. International Energy Agency. World energy outlook 2017
  2. Green F, Denniss R. Cutting with both arms of the scissors: the economic and political case for restrictive supply-side climate policies. Clim Change 2018; 150: 73−87
  3. Department for Business, Energy and Industrial Strategy (BEIS): powering past coal alliance declaration, 2017
  4. Un Framework Convention on Climate Change. More than 20 countries launch global alliance to phase out coal. 2017
  5. International Renewable Energy Agency. Renewable power generation costs in 2017. Abu Dhabi: International Renewable Energy Agency, 2018
  6. Mahapatra S. New solar projects in India are cheaper than 92% of all thermal power plants in the country. 2017
  7. International Energy Agency, International Renewable Energy Agency. Perspectives for the energy transition: investment needs for a low-carbon energy system. 2017.
  8. International Energy Agency. Energy access outlook 2017: from poverty to prosperity. Paris: International Energy Agency, 2017
  9. International Energy Agency. Energy and air pollution: world energy outlook special report. Paris: International Energy Agency, 2016
  10. Watts N, Amann M, Ayeb-Karlsson S, et al. The Lancet Countdown on health and climate change: from 25 years of inaction to a global transformation for public health. Lancet 2018; 391: 581−630
  11. Malik A, Lenzen M, McALister S, McGain F. The carbon footprint of Australian health care. Lancet Planet Health 2018; 2: e27−35
  12. Eckelman M, Sherman J. Estimated global disease burden from US health care sector greenhouse gas emissions. Am J Public Health 2017; 108: S120–22
  13. NHS Sustainable Development Unit. NHS carbon footprint. 2016.

fonte: saluteinternazionale.info

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