Non fate troppo rumore, mi raccomando. Non sventolate troppe bandiere, non cantate troppo forte. Quest’anno il 25 aprile va celebrato “con sobrietà”, parola di Nello Musumeci, ministro che – quando si tratta di trovare una scusa per ridimensionare la Liberazione – non si nega mai una pennellata d’inventiva.
E invece eccoci qui, ancora una volta: il 25 aprile va festeggiato in punta di piedi, come si entra in una stanza dove dorme il potere. Il copione è noto: ogni anno una scusa nuova, ma la trama è sempre la stessa. Questa data dà fastidio. È un giorno che puzza di resistenza, di scelta, di memoria non addomesticata. E quindi va moderato, sterilizzato, ridotto a cerimonia con palchetto e cravatta, possibilmente sotto la pioggia e con l’inno nazionale suonato in minore.