in PRIMO PIANO

  • Una marea blu in piazza, ingressi bloccati, allestito un altro schermo.

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  • L’Europa faccia quello per cui è stata creata: la pace DISARM EUROPE! Spendere altri 800 miliardi per fare la guerra è pura follia. Sabato 15 marzo a Roma attorno alla bandiera della pace e del disarmo L’invasione russa dell’Ucraina è un crimine. Difendere l’Ucraina è giusto. Difendere la legalità e il diritto internazionale è un dovere degli Stati. Sempre e ovunque. Senza usare due pesi e due misure. In Ucraina come a Gaza. Ma continuare la guerra è il modo più sbagliato e inconcludente per farlo. La guerra e la propaganda di guerra sono vietate dal diritto internazionale dei diritti umani. L’Europa doveva prevenirla. E non l’ha fatto. Voleva vincerla. E non c’è riuscita. E ora vorrebbe trascinarci in una devastante corsa al riarmo che fatalmente finirà col distruggere anche quel che resta dell’Europa. Che fare ora? Non possiamo lasciare che la carneficina continui. Non possiamo lasciare che l’Europa precipiti in uno stato di guerra permanente. Non possiamo permetterci una folle e sconclusionata corsa al riarmo che alimenterà la disperazione, i nazionalismi e l’autoritarismo. Non possiamo permetterci la militarizzazione delle nostre vite, dell’economia e dei nostri paesi. Non possiamo lasciare che ci tolgano anche la salute, la libertà e la democrazia. Siamo realisti! Trump ha riaperto il negoziato con Putin. Non ci piace -per niente- il modo in cui lo sta facendo. Ma dobbiamo fermare la carneficina e le conquiste militari e salvare quel che resta dell’Ucraina. Questo è il momento di fare quello che non è ancora stato fatto: “lavorare per la pace”. Anche se molti non sanno nemmeno cosa voglia dire. Nel nome del rispetto della dignità di ogni persona e della vita umana, della legalità e del diritto internazionale; nel superiore interesse dei bambini e delle bambine, per il bene dell’umanità, l’Europa torni ad essere uno “strumento di pace”! Per noi, per tutti i popoli oppressi e per il mondo intero. La via della pace -lo ripetiamo- è la via della legalità, del diritto internazionale e del multilateralismo. Ridiamo forza alle Nazioni Unite. Organizziamo una nuova Conferenza di Helsinki che, come 50 anni fa, dia nuovo avvio alla costruzione in Europa di un nuovo sistema di sicurezza comune, dall’Atlantico agli Urali, basato sul disarmo, i diritti umani, il diritto all’autodeterminazione dei popoli e i diritti delle minoranze. Costruiamo l’Economia di Francesco, l’economia della pace e della fraternità. Non basterà dire “Europa, Europa” per evitare l’inferno (vedi il doc. del 3 marzo 2025). L’Europa riscopra la sua ragion d’essere e faccia quello per cui è stata creata: la pace. La bandiera dell’Europa e la bandiera della pace camminano insieme. Marco Mascia, Presidente Centro Diritti Umani “Antonio Papisca” – Università di Padova Flavio Lotti, Presidente Fondazione PerugiAssisi per la Cultura della Pace 10 marzo 2025 * * * Leggi cosa hanno detto Simone Veil e Alcide De Gasperi. “Tutti i suoi Stati membri si trovano ora di fronte a tre grandi sfide: la sfida della pace, la sfida della libertà e la sfida della prosperità, e sembra chiaro che esse possano essere affrontate solo nella dimensione europea. Iniziamo con la sfida della pace. Il periodo di pace di cui abbiamo goduto in Europa è stato una fortuna incredibile, ma nessuno di noi dovrebbe sottovalutarne la fragilità. La nostra Assemblea ha una responsabilità fondamentale per mantenere la pace, che probabilmente è la risorsa più importante di tutta l’Europa. La tensione che prevale nel mondo di oggi rende questa responsabilità ancora più grave, e la legittimità conferita a questa Assemblea dall’elezione a suffragio universale, speriamo, ci aiuterà a farcene carico, e a diffondere questa nostra pace nel mondo esterno”. (Dal discorso di Simone Veil, Presidente del primo Parlamento europeo eletto a suffragio universale e diretto, 17 luglio 1979) “Qualcuno ha detto che la federazione europea è un mito. È vero, è un mito nel senso soreliano. E se volete che un mito ci sia, ditemi un po’ quale mito dobbiamo dare alla nostra gioventù per quanto riguarda i rapporti fra Stato e Stato, l’avvenire della nostra Europa, l’avvenire del mondo, la sicurezza, la pace, se non questo sforzo verso l’unione? Volete il mito della dittatura, il mito della forza, il mito della propria bandiera, sia pure accompagnato dall’eroismo? Ma noi, allora, creeremmo di nuovo quel conflitto che porta fatalmente alla guerra. Io vi dico che questo mito è mito di pace; questa è la pace, questa è la strada che dobbiamo seguire”. (Dal discorso di Alcide De Gasperi al Senato della Repubblica, 15 novembre 1950) SCARICA IL DOCUMENTO IN PDF ➲  Doc. Disarm Europe vedi anche: Landini: Cgil in piazza per costruire un’Europa di pace, lavoro e diritti  

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  • Nel 2023 la speranza di vita alla nascita nell’UE era di 81,4 anni, con un aumento di 0,8 anni rispetto al 2022. Dopo essere diminuita nel 2020 e nel 2021 a causa della pandemia di COVID-19, l’aspettativa di vita ha raggiunto valori superiori a quelli del 2019. Questo è stato anche il valore più alto registrato dal 2002, riflettendo un aumento totale di 3,8 anni.  Queste informazioni provengono dai dati sull’aspettativa di vita pubblicati di recente da Eurostat. L’articolo presenta una selezione di risultati tratti dall’articolo Statistics Explained più dettagliato. L’aspettativa di vita più alta nella Comunidad de Madrid La regione dell’UE con la più alta aspettativa di vita alla nascita è stata la regione spagnola della Comunidad de Madrid (86,1 anni), seguita dalla Provincia Autonoma di Trento in Italia (85,1 anni), dalle Isole Åland in Finlandia (85,1 anni), dalla Comunidad Foral de Navarra in Spagna e dalla Provincia Autonoma di Bolzano in Italia (entrambe 85,0 anni). Al contrario, tra le 5 regioni dell’UE con la più bassa aspettativa di vita alla nascita, 3 si trovavano in Bulgaria: Severozapaden (73,9 anni), Severen tsentralen (75,2 anni) e Yugoiztochen (75,1 anni). Gli altri due sono stati Észak-Magyarország in Ungheria (74,9 anni) e Mayotte in Francia (74,9 anni). Serie di dati di origine: demo_mlexpec Le donne l’aspettativa di vita alla nascita è di 5,3 anni in più Per le donne nell’UE la speranza di vita alla nascita ha raggiunto 84,0 anni nel 2023 (in aumento di 0,7 anni rispetto al 2022 e allo stesso valore del 2019) e per gli uomini 78,7 anni (+0,8 anni rispetto al 2022 e +0,2 anni rispetto al 2019). Nel 2023 l’aspettativa di vita alla nascita delle donne era superiore di 5,3 anni a quella degli uomini, con variazioni tra i paesi dell’UE. In Lettonia, le donne avrebbero vissuto 10,1 anni in più rispetto agli uomini, seguite da Lituania (9,0 anni) ed Estonia (8,8 anni). I divari di genere più piccoli si registrano nei Paesi Bassi (3,0 anni) e in Svezia e Lussemburgo (3,3 anni). Serie di dati di origine: demo_mlexpec fonte: https://ec.europa.eu/eurostat/web/products-eurostat-news/w/ddn-20250314-3?etrans=it Fonte foto copertina: 

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  • Si vota l’8 e 9 giugno. Una guida per orientarsi sui quesiti referendari che puntano a migliorare la condizione di vita dei lavoratori e dare cittadinanza a chi ancora non ce l’ha.   La Corte Costituzionale ha ritenuto validi 5 quesiti referendari per i quali nel 2024 abbiamo raccolto 5 milioni di firme. Ciascuno di noi, con il voto, ha la possibilità di cambiare in meglio il Paese. Ogni anno muoiono 1000 persone sul lavoro. Rendiamolo più sicuro. Cancelliamo le leggi che hanno reso le lavoratrici e i lavoratori più poveri e precari. Rimuoviamo l’ingiustizia che nega il diritto alla cittadinanza a 2 milioni e 500mila persone che vivono e lavorano in Italia. 1.  Stop ai licenziamenti illegittimi 2.  Più tutele per i lavoratori delle piccole imprese 3.  Riduzione del lavoro precario 4.  Più sicurezza sul lavoro 5.  Più integrazione con la cittadinanza italiana …vai alla pagina INFO 5 REFERENDUM

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  • Sanità. Spi, Fnp e Uilp: si ritiri l’emendamento su riduzione Lea sociosanitaria residenziale e semiresidenziale a non autosufficienti “Esprimiamo gravissima preoccupazione per i contenuti dell’emendamento n. 13.0.400, approvato dalla maggioranza in 10^ Commissione del Senato della Repubblica”: questo l’incipit della lettera che i Sindacati dei pensionati Spi Cgil, FNP CISL e Uilp Uil hanno inviato al presidente del Senato e ai presidenti dei Gruppi parlamentari del Senato. “L’emendamento – dichiarano i segretari generali di Spi, Fnp, Uilp, Tania Scacchetti, Emilio Didonè e Carmelo Barbagallo – interviene sui Livelli essenziali di assistenza disciplinati dall’articolo 30 del DPCM 12.1.2017 (“Assistenza sociosanitaria residenziale e semiresidenziale alle persone non autosufficienti”). Malgrado la formulazione dell’emendamento sia poco chiara, lo stesso permetterebbe la possibilità di ridurre la copertura dei costi oggi a carico del Servizio sanitario nazionale per i “trattamenti estensivi di cura e recupero funzionale a persone non autosufficienti” e per i “trattamenti di lungoassistenza, recupero e mantenimento funzionale, ivi compresi gli interventi di sollievo per chi assicura le cure, a persone non autosufficienti”, incrementando così la quota di rette e tariffe a carico dei pazienti.  Anziché intervenire, anche alla luce di recenti ordinanze in materia della Corte di Cassazione, per alleviare il peso che già grava sulle persone più fragili e sulle loro famiglie, si sceglie di penalizzarli con costi aggiuntivi. Questo per noi è inaccettabile!” “Ci auguriamo – conclude la nota – che l’emendamento venga ritirato e si apra finalmente un confronto tra Spi, Fnp, Uilp e il Governo così da arrivare finalmente alla piena attuazione della riforma della non autosufficienza!” Vedi la Lettera di SPI CGIL, FNP CISL, UILP UIL al Presidente del Senato e ai Capigruppo

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  • La LIBERTÀ È TERAPEUTICA, la RESPONSABILITA’ È TERAPEUTICA: NO a manicomi e Opg, vecchi e nuovi Il punto e le prospettive (di lotta) su Rems, carcere, servizi di salute mentale sabato 12 aprile 2025 ore 9,30 Per partecipare in presenza a Roma iscriviti QUI a breve INFO e link Per partecipare online: a breve le INFO Promuovono: Coordinamento nazionale per la Salute Mentale, Antigone, La Società della Ragione, Conferenza nazionale dei Garanti territoriali delle persone private della libertà, Unasam, ConfBasaglia, ass. Franca e Franco Basaglia, Psichiatria Democratica, Cipes Centro d’Iniziativa Promozione della Salute e l’Educazione Sanitaria, Club SPDC No Restraint, Lisbon Institute of Global Mental Health, Archivio Basaglia, stopOpg, SOS Sanità, e … su mandato della Conferenza nazionale autogestita (6-7.12.2024)

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  • Dors presenta una sintesi commentata, selezionando in particolare alcuni articoli, del numero monografico a cura della Santé en Action, periodico di informazione dell’Agenzia di sanità pubblica francese su prevenzione/promozione/educazione. Il numero monografico, pubblicato a fine dicembre 2024, analizza i legami complessi tra la natura e la salute fisica e mentale delle persone, attraverso i recenti contributi scientifici derivanti dalle ricerche sul tema, e attraverso interviste a professionisti del settore e riferimenti autorevoli. I contenuti della monografia sono articolati in 3 capitoli tematici, che affrontano nello specifico: 1. le strette inter-relazioni tra biodiversità e salute 2. il “ripristino della natura” all’interno degli spazi urbani 3. la ri-connessione tra essere umano e natura Le strette inter-relazioni tra biodiversità e salute La complessità della relazione tra salute e natura è stata indagata scientificamente da enti internazionali come l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO), il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC – Intergovernmental Panel on Climate Change), la Piattaforma intergovernativa sulla biodiversità e i servizi ecosistemici (IPBES – Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services), che dimostrano l’impatto negativo delle attività umane sull’ambiente, affiancando all’accelerazione del cambiamento climatico e alla perdita di biodiversità le conseguenze e i rischi a livello di salute della specie umana quali ad esempio l’emergere di zoonosi (malattie infettive che possono essere trasmesse dagli  animali all’uomo), le morti premature, l’impatto fisico e mentale. Sulla salute mentale, in particolare, c’è ormai un ampio consenso sui benefici derivanti dall’accesso alle risorse naturali, in aggiunta ai già noti risvolti positivi sui sistemi cardiovascolare e immunitario, e sullo sviluppo emotivo e sociale dei bambini. Una riflessione interessante riguarda la visione semplicistica del concetto di biodiversità. Le società contemporanee oscillano tra una visione della natura “addomesticata” (fattorie, campi coltivati, ecc) e l’idea di un mondo pericoloso, incontrollabile, aggressivo (animali velenosi o pericolosi, piante allergizzanti, ecc). Le percezioni culturali della biodiversità spesso poggiano su stereotipi che considerano la natura come qualcosa di “selvaggio”, pertanto distante dagli esseri umani, pur se in realtà viviamo quotidianamente all’interno di un contesto caratterizzato da biodiversità ed elementi naturali. E’ perciò necessario smantellare gli stereotipi, e comprendere i meccanismi di funzionamento della biodiversità e l’impatto delle attività umane sugli eco-sistemi nonché le conseguenze in termini di patologie, per progettare spazi e avviare azioni che beneficino della presenza delle diverse specie vegetali e animali. Un’altra interessante riflessione riguarda il rischio di sviluppare una forma di “amnesia ambientale”, derivante dalle sempre più ridotte opportunità di contatto con il mondo naturale. Le esperienze sensoriali ed emozionali derivanti da una interazione regolare con elementi naturali hanno un impatto profondo sulla mente, aiutano a sviluppare e mantenere le capacità attentive, riducono lo stress, e giocano inoltre un ruolo importante nello sviluppo cognitivo e sociale. Gli approcci denominati “One Health” e “Planetary Health” studiano la salute umana intrecciata alla salute degli eco-sistemi, degli animali e delle piante locali, e tra le strategie di preservazione e protezione della biodiversità indicate sono: –  la riduzione della “frammentazione degli habitat” (processo che genera una progressiva riduzione della superficie degli ambienti naturali e seminaturali e un aumento del loro isolamento) attraverso il contrasto dell’intrusione di specie aliene e la limitazione della circolazione di agenti potenzialmente patogeni nell’ambiente – la revisione del modello di produzione intensivo di carne che rende gli animali geneticamente simili e compromette il loro sistema immunitario – la progettazione socio-ecologica degli spazi verdi nelle metropoli cittadine con criteri precisi, attenti alla biodiversità di animali e piante con cui convivere, che prevedano una manutenzione costante e di lungo periodo, e utilizzino soluzioni “nature-based”, ossia azioni ispirate, supportate o letteralmente copiate dalla natura. Il programma Nature Step to Health, realizzato nella città finlandese di Lahti e nel territorio circostante, col coinvolgimento delle autorità locali, ricercatori, scuole e industrie, rappresenta un’interessante esperienza che “utilizza” la biodiversità per migliorare la salute ambientale e umana. E’ un eccellente esempio di pianificazione strategica pluriennale che promuove un’alimentazione salutare e sostenibile, l’attività fisica, la mobilità attiva, e il contatto con la natura. La città di Lahti ha avviato l’intervento nel 2022, agganciandosi a un programma regionale attivo da 10 anni, in linea con la linea politica nazionale incentrata sulla consapevolezza dell’inter-relazione tra sfide quali il contrasto del cambiamento climatico, la lotta contro la perdita della biodiversità, e la prevenzione delle malattie croniche non trasmissibile, attraverso un approccio di Planetary Health. Per raggiungere gli obiettivi di Nature Step to Health a Lahti vengono realizzate una serie di azioni e iniziative, suddivise per differenti gruppi di popolazione, ad esempio: alcuni asili nido offrono attività all’aperto nei parchi e boschi circostanti, compresi corsi di educazione alimentare, secondo un modello denominato “scuola naturale mobile“ (mobile nature School);  l’ospedale mette a disposizione di pazienti, dipendenti e residenti l’adiacente “foresta per la salute”, che consente di fare esperienza della natura, anche attraverso visite guidate; esiste la figura del “manager degli spazi verdi”, esperto nel recupero/valorizzazione della natura e del paesaggio. Il ripristino della natura all’interno degli spazi urbani Un capitolo sostanzioso affronta le politiche di “ripristino della natura” (renaturing policies) all’interno delle città: si tratta di una strategia intenzionale di promozione della salute che richiede la cooperazione tra i settori sanitario, sociale e ambientale delle istituzioni pubbliche locali, oltre che un’attenzione a percezioni e idee dei residenti, e l’utilizzo di strumenti di pianificazione a lungo termine. I programmi di politica sanitaria si occupano in genere di ridurre i fattori di rischio inerenti all’inquinamento dell’aria, all’inquinamento acustico, alle ondate di calore, ecc, senza prendere in considerazione il ruolo preventivo degli spazi verdi urbani e degli eco-sistemi e i loro benefici sulla salute, come ormai ampiamente dimostrato dalle ricerche. Il ripristino e lo sviluppo della natura nei contesti urbani è riconosciuto come una modalità efficace di migliorare gli ambienti di vita e il benessere dei cittadini: a giugno 2024, ad esempio, il Consiglio dell’Unione Europea ha adottato formalmente l’innovativo regolamento sul ripristino della natura negli eco-sistemi terrestri e marini, che promuove l’adozione di misure volte a ripristinare/recuperare almeno il 20% delle zone terrestri e marine dell’UE entro il 2030, e impone agli Stati membri l’elaborazione di Piani nazionali di ripristino, da presentare alla Commissione, indicanti […]

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  • Attuazione della legge sulla PMA: i dati per il 2022 In Italia, nel 2022, sono stati eseguiti 109.755 cicli di PMA (Procreazione Medicalmente Assistita) sia di II e III livello – che comprendono FIVET (fecondazione in vitro con trasferimento di embrioni in utero), ICSI (fecondazione in vitro tramite iniezione di spermatozoo in citoplasma), FER (fecondazione con utilizzo di embrioni crioconservati) e FO (fecondazione con impiego di ovociti crioconservati) – sia di I livello, tecnica meno complessa (ovvero inseminazione intrauterina, IUI). Nel 2022 si registra un aumento delle coppie trattate che sono state 87.192 (+1.102), dei cicli di trattamento effettuati con tecniche di PMA e dei bambini nati dall’applicazione di queste tecniche. Aumentano anche i cicli con donazione di gameti che, complessivamente per le tecniche di I, II e III livello, si attestano a 15.131 cicli rappresentando il 13,8% dei cicli totali. Accessibilità I centri di PMA attivi nel 2022 sono stati 333, di cui 98 pubblici, 20 privati convenzionati con il Servizio sanitario nazionale (SSN) e 215 privati. Per garantire una buona accessibilità ai servizi, il 62,7% dei cicli di II e III livello con gameti della coppia erogati sono stati coperti dal SSN. Adeguatezza dell’offerta ed efficacia dei trattamenti Per valutare l’adeguatezza dell’offerta di cicli di PMA si utilizza un indicatore di attività che misura l’offerta di cicli totali di trattamenti per tutte le tecniche di II e III livello per milione di donne in età fertile (cioè di età compresa tra i 15 ed i 45 anni) residenti in Italia, che nel 2022 è pari a 9.758 cicli, valore in aumento rispetto al 2021. Il dato italiano è superiore alla media europea di 8.706 cicli, relativa al 2019 (ultimo dato disponibile dell’European IVF Monitoring – EIM). Nel 2022 la percentuale di gravidanza per scongelamenti effettuati sui trattamenti eseguiti con embrioni crioconservati (cicli FER) è pari al 32%, mentre è del 16,6% nei trattamenti con scongelamento ovocitario (cicli FO). Attualmente in tutta Europa si considera la percentuale cumulativa di gravidanza. Questo dato si ottiene sommando le gravidanze ottenute dai cicli a fresco con quelle ottenute da crioconservazione. Il tasso cumulativo di gravidanza fornisce l’indicazione sulla probabilità di ottenere una gravidanza in un ciclo di PMA avendo anche l’opportunità di effettuare trasferimenti con embrioni crioconservati e per il 2022 il suo valore per ciclo iniziato a fresco è del 31,7%. Si registra un aumento dei cicli di PMA nei quali vengono utilizzate tecniche di diagnosi preimpianto, sono 6.143 i cicli in cui è stata effettuata un’indagine genetica preimpianto effettuati in 66 centri. I bambini nati dall’applicazione di queste tecniche sono stati 1.713. Alcuni dati sulle nascite Nel 2022 16.718 bambini sono nati vivi dall’applicazione di tutte le tecniche di PMA, pari al 4,3% dei nati nella popolazione generale nello stesso anno. Continua il trend in diminuzione della percentuale di partigemellari e trigemini che registra un 5,3% contro il 6,5% del 2021. Alcuni dati sulle madri Resta elevata l’età media delle donne che si sottopongono a tecniche senza donazione di gameti con cicli a fresco: 37 anni, valore superiore alla media europea (pari a 35 anni European IVF Monitoring – EIM dati 2019). Anche nei cicli di PMA con donazione di gameti l’età della donna è particolarmente elevata e maggiore che nel resto d’Europa. Ovviamente, l’età della donna è maggiore se la donazione è di ovociti (42 anni) rispetto a una donazione di seme (35). Focus sulle tecniche con donazione di gameti Per quanto riguarda l’applicazione delle tecniche con gameti donati effettuati con tutte le tecniche di PMA di I, II e III livello, nel 2022 si è osservato un aumento delle coppie trattate (da 12.053 a 13.093), dei cicli effettuati (da 14.122 a 15.131) e dei nati vivi (da 3.719 a 3.805). Per le tecniche di II e III livello 2.076 cicli iniziati sono stati con donazione di seme (pari al 14,3%); 11.542 con donazione di ovociti, freschi e congelati (pari al 79,3%); 925 con doppia donazione sia di seme sia di ovociti (pari al 6,4%). Il sistema di sorveglianza dell’ISS Il sistema di sorveglianza del Registro nazionale PMA dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) continua a rilevare il 100% dei cicli effettuati nel nostro Paese sul 100% dei centri autorizzati all’applicazione delle tecniche. Il sito www.iss.it/rpma fornisce schede informative aggiornate su ogni centro PMA, divise per Regione e tipologia di servizio offerto, così da restituire un quadro riassuntivo dell’attività svolta e delle prestazioni fornite. Inoltre, il sito del Registro PMA offre, all’interno dell’area riservata, degli indicatori di performance per tutti i centri di PMA e per i referenti regionali che sono così in grado di valutare l’attività di tutti centri presenti nel loro territorio. Risorse utili scarica il documento completo Relazione del Ministro della salute al Parlamento sullo stato di attuazione della legge contenente norme in materia di procreazione medicalmente assistita (Legge 19 febbraio 2004, n. 40, articolo 15) – Dati anno 2022 consulta i dati europei nell’articolo “ART in Europe, 2019 results generated from European registries by ESHRE in Human Reproduction del 17 ottobre 2023 European IVF Monitoring Consortium (EIM) for the European Society of Human Reproduction and Embryology (ESHRE); Smeenk J, Wyns C, De Geyter C, Kupka M, Bergh C, Cuevas Saiz I, De Neubourg D, Rezabek K, Tandler-Schneider A, Rugescu I, Goossens V. ART in Europe, 2019: results generated from European registries by ESHRE†. Hum Reprod. 2023 Dec 4;38(12):2321-2338. doi: 10.1093/humrep/dead197 fonte: EpiCentro – Testo scritto da: Lucia Speziale e Giulia Scaravelli – Registro Nazionale della Procreazione Medicalmente Assistita, ISS

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  • In 10 anni sono passate dal 64% al 69% del totale e rappresentano inequivocabilmente la spina dorsale della nostra sanità. Ma poi se si guarda a quante donne ricoprono posizioni apicali il dato con gli uomini praticamente s’inverte. Ad esempio tra i medici solo il 21,1% delle donne dirige una struttura complessa e il 38,2% una struttura semplice. E anche alla guida di Asl e Ospedali le donne ai vertici sono appena un terzo. Rappresentano il 69% della forza lavoro del Servizio sanitario nazionale ma se si guarda ai ruoli di vertici il dato praticamente si ribalta. Stiamo parlando delle 458.685 donne che lavorano a tempo indeterminato nel Servizio sanitario nazionale. “La crescente presenza femminile nel mondo della sanità italiana – scrive il Ministero della Salute nel suo ultimo focus sul personal del Ssn relativo all’anno 2022 – , grazie al suo apporto peculiare e specifico, contribuisce in maniera fattiva e costante all’incremento della qualità, della sicurezza, del gradimento dell’assistenza, e ad un rinnovato approccio alle cure sanitarie”. Un Ssn sempre più rosa. Il confronto temporale dei dati disponibili sul personale in servizio presso le strutture del SSN mostra un quadro di riferimento in continua evoluzione nel quale la presenza femminile si fa sempre più importante in tutte le categorie professionale inclusa quella medica. Al 31/12/2022, sono 458.685 le donne che lavorano con contratto a tempo indeterminato presso le strutture del SSN, ossia il 69,3% circa del personale del Servizio Sanitario Nazionale (fonte Conto Annuale IGOP – Ragioneria Generale dello Stato) è costituito da donne. L’informazione più interessante è messa in luce dall’andamento del trend che risulta costantemente crescente negli ultimi anni (dal 64% dell’anno 2010 ad oltre il 69% del 2022). Il peso percentuale del genere femminile sul totale differisce tuttavia, nei diversi ruoli in cui il personale del SSN è inquadrato. La quota più elevata di donne sul totale, pari al 72,7% corrisponde ai profili del ruolo amministrativo, immediatamente seguito dal ruolo sanitario con il 70,2% di personale di genere femminile e dal ruolo tecnico cui corrisponde una percentuale di donne del 64,5%. Decisamente in minoranza rispetto agli uomini le donne del ruolo professionale che rappresentano il 26,7% del totale. Ma ai vertici ci sono sempre più uomini. Andando a spulciare i dati dell’Annuario si scopre ad esempio che tra i medici solo il 21,1% delle donne dirige una struttura complessa e il 38,2% una struttura semplice. Per quanto riguarda i veterinari solo il 7,7% dirige una struttura complessa e per gli odontoiatri le donne alla guida sono il 33,3%. Anche per quanto riguarda le direzioni di ruolo professionale sono solo il 21,5% le donne alla guida di strutture complesse. Per quanto riguarda i dirigenti sanitari non medici sono le donne a primeggiare invece con il 60,1% al vertice. Anche nella dirigenza amministrativa le donne alla guida di strutture complesse sono in maggioranza (54,2%) così come nella dirigenza delle professioni sanitarie (53,9%). Un magro risultato però se rapportiamo il numero di donne in servizio rispetto agli uomini. Il trend è negativo anche se guardiamo ai vertici di Asl e ospedali. Secondo gli ultimi dati forniti dalla Fiaso le donne ricoprono oggi un terzo del totale degli incarichi di vertice, ma dal 2024 sono passate dal 34,3% al 33% (pari a -1,3%), segnando un’inversione di tendenza rispetto alla crescita costante registrata negli ultimi anni. L.F Fonte: https://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=128228

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  • “Dobbiamo recuperare lo spirito di Ventotene e lo slancio pionieristico dei Padri Fondatori, che seppero mettere da parte le ostilità della guerra, porre fine ai guasti del nazionalismo dandoci un progetto capace di coniugare pace, democrazia, diritti, sviluppo e uguaglianza.” Discorso di insediamento del Presidente del Parlamento Europeo David Sassoli (Strasburgo, 3 luglio 2019) Cosa possiamo fare per salvare l’Unione Europea? Per promuovere l’Unione “politica”? Per colmare il gap esistente tra le ambizioni e la realtà? Partiamo dal presupposto che siamo tutti d’accordo sul fatto che c’è bisogno di più Europa, soprattutto di più Europa “politica”. In molti lo stiamo ripetendo da diversi lustri, quanto meno dalla caduta del Muro di Berlino e dalla fine dell’era bipolare. Il punto è: quale Europa “politica” vogliamo? L’Europa che rilancia una folle corsa al riarmo o l’Europa che avvia un negoziato globale per la pace e la giustizia sociale internazionale? L’Europa sonnambula che cammina verso il precipizio trascinando con se le popolazioni che dovrebbe servire o l’Europa determinata “a salvare le future generazioni dal flagello della guerra e a riaffermare la fede nei diritti fondamentali, nella dignità e nel valore della persona umana”? L’Europa che lascia impuniti i crimini più atroci, quali i crimini di guerra e contro l’umanità o l’Europa che fa della giustizia penale internazionale una delle sue priorità? L’Europa dei doppi standards – si alle sanzioni contro la Russia, no alle sanzioni contro Israele, si al mandato d’arresto internazionale contro Putin, no al mandato d’arresto internazionale contro Netanyahu – o l’Europa della legge uguale per tutti? L’Europa che fa prevalere le criminali politiche neoliberiste sulla giustizia sociale, climatica e di genere o l’Europa che vuole dare piena attuazione agli obiettivi di sviluppo sostenibile entro il 2030 come previsto dall’Agenda delle Nazioni Unite? L’Europa che alimenta la tumultuosa crescita dei partiti di estrema destra, cova nel suo seno i nazionalismi e costruisce muri ai suoi confini esterni, o l’Europa dei diritti fondamentali, dello stato sociale, della solidarietà, dell’accoglienza, dell’inclusione? E ancora. L’Europa intergovernativa dell’unanimità e dei veti o l’Europa sopranazionale della maggioranza qualificata con un ruolo centrale del Parlamento europeo e del Comitato europeo delle Regioni e con un dialogo strutturato con le organizzazioni della società civile? Quali sono i valori dell’Unione Europea? L’individuazione dei valori è fondamentale perché consente di capire le ragioni profonde che stanno alla radice del processo di integrazione sopranazionale europeo. Il prof. Antonio Papisca scriveva: “Il problema dei valori è il problema del perché dell’UE, della sua identità: l’Europa unita eventualmente si, ma à quoi faire?” Qual è l’identità dell’Europa? Quella di difendere i rispettivi confini nazionali per evitare che le persone che cercano di fuggire dalle guerre e dalla fame possano arrivare da noi, o quella di spegnere gli incendi lavorando per la pace e il rispetto di tutti i diritti umani per tutti? L’UE è sempre stata un attore civile (economico, commerciale, culturale). Un attore di soft power, a sostegno del diritto internazionale dei diritti umani, della diplomazia preventiva e del multilateralismo efficace, anche di fronte a minacce globali quali terrorismo, conflitti regionali, proliferazione di armi di distruzione di massa. Per diventare un attore di hard power ci vogliono unità, visione, strategia, leadership, tutte caratteristiche che mancano all’UE. Ma soprattutto ci vogliono soldi, tanti soldi, che non ci sono o che bisogna togliere alla cura delle persone, della loro dignità e dei loro diritti fondamentali. Oggi, l’UE è divisa. E’ divisa sulla politica estera, sulla politica di difesa, sullo sviluppo di una politica industriale in materia di armamenti, sulla politica di asilo e immigrazione, sulla politica della cittadinanza, sulla politica fiscale, sul green deal, …. Ma non può esistere una politica comune di difesa senza una politica estera comune, senza una visione strategica di lungo periodo. Per esempio: quali saranno i rapporti dell’UE con la Russia quando la guerra sarà finita? Saranno rapporti fondati sul dialogo e la cooperazione o sulla deterrenza e il riarmo? La mancanza di una visione e di una volontà unitaria rimane dunque il problema centrale dell’UE. * * * Il futuro della pace e della sicurezza dell’Europa non può essere affidato alla follia di governanti che alimentano le guerre e una nuova spaventosa corsa al riarmo. Oggi c’è bisogno di una nuova Conferenza di Helsinki che, come nel 1975, riunisca tutti gli Stati del nostro continente e dia nuovo avvio alla costruzione in Europa di un sistema di sicurezza comune, dall’Atlantico agli Urali, basato sul disarmo, i diritti umani, il diritto all’autodeterminazione dei popoli e i diritti delle minoranze. L’Europa deve ricominciare a lavorare per la pace, con coraggio, lungimiranza e creatività. Come fecero i Padri fondatori dell’Europa che, sulle macerie di due guerre mondiali, in un tempo di grandi sofferenze e divisioni, “osarono trasformare i modelli che provocavano soltanto violenza e distruzione”. Grazie a questo sforzo straordinario, l’Europa è stata un originale progetto e un grande esperimento di pace. Nessuno può permettersi di cancellare quella che è la prima ragion d’essere dell’Europa. L’Europa che vogliamo ripudia la guerra, è fondata sulla pace e sui diritti umani, sulla dignità umana e sui diritti che le ineriscono, sui valori indivisibili e universali della libertà, della democrazia, dell’eguaglianza, della giustizia e della solidarietà. L’Europa che vogliamo è aperta, democratica, solidale e nonviolenta. E’ l’Europa della convivialità e dell’interculturalità; un’Europa che è accoglienza di popoli, di lingue, di culture, di identità e di storie diverse; un’Europa che rifiuta il razzismo e la discriminazione in tutte le sue forme; che riconosce e rispetta i diritti dei migranti e il diritto d’asilo ai profughi e rifugiati in fuga dalla guerra, dalla violenza e dalla fame. Abbiamo bisogno urgente di un’Europa di pace: decisa a riaffermare sé stessa come soggetto politico di pace, democratico e indipendente; determinata a costruire un ordine mondiale più giusto, pacifico e democratico centrato sulle Nazioni Unite e sul diritto internazionale dei diritti umani, sulla solidarietà e la cooperazione internazionale; decisa a contrastare la corsa al riarmo, a promuovere il disarmo e a combattere la fame, la sete, le malattie e la povertà promuovendo un’economia di pace e giustizia; impegnata a ridefinire coerentemente i suoi rapporti di […]

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