Cure primarie: Più PHC nel mondo. di Benedetto Saraceno

In ogni parte del mondo, anche a seguito della pandemia, si sente il bisogno di rivisitare la classica nozione di Primary Health Care (PHC), per rafforzarne lo scopo e l’efficacia.

Il 25 ottobre 2021 Salute Internazionale ha pubblicato una importante sintesi del Libro Azzurro a cura di Alice Cicognani e Arianna Welisch; soltanto due giorni dopo Gavino Maciocco scriveva un post dal titolo Il futuro della Medicina di famiglia in Italia e il 20 dicembre, con un altro post di Gavino Maciocco intitolato La sanità di domani (cioè di ieri) si chiudeva l’annata 2021 di Salute Internazionale che ha dedicato molta attenzione e analisi alla questione della medicina di famiglia e le cure primarie in Italia.

Il Libro Azzurro (1, 2) si articola in quattro macro-aree nelle quali sono descritti i diversi livelli di azione della possibile e necessaria riforma per le cure primarie in Italia: i principi essenziali ossia una concezione  innovativa della assistenza che va oltre la pura erogazione di interventi sanitari;  i principi pre-operativi ossia i principi di territorializzazione e partecipazione; gli elementi strutturali e operativi quali una forte potenziamento del Distretto sociale e sanitario, e della domiciliarità e delle cure intermedie;  e, infine, la cornice formativa e di ricerca. In Italia il Servizio sanitario nazionale fu istituito nel 1978 a immagine e somiglianza del National Health System britannico. Ci ricorda Maciocco che anche per i medici di famiglia italiani si adottò lo schema britannico: liberi professionisti convenzionati col SSN, remunerati a quota capitaria (3).

Dunque, almeno in principio, anche in Italia si attribuisce alla medicina di famiglia e alle cure primarie un ruolo fondamentale ed essenziale di ogni sistema sanitario capace di offrire interventi effettivi, accessibili, inclusivi e in forma gratuita e universale. Tuttavia, come l’intenso dibattito su Salute Internazionale ha dimostrato, così come altri autorevoli interventi sul tema (4), il funzionamento reale della medicina di famiglia in Italia mostra importanti carenze. In tal senso, sembra importante restare attenti e ricettivi nei confronti del ravvivarsi del dibattito sulla medicina di famiglia e le cure primarie che sta sviluppandosi a livello globale. Attualmente, infatti, in ogni parte del mondo, anche a seguito della pandemia, si sente il bisogno di rivisitare la classica nozione di Primary Health Care (PHC) , di rafforzarne lo scopo e la effettività (5). Carenze, inefficienze, inaccessibilità e povertà della qualità degli interventi della PHC si riscontrano oggi in moltissime parti del mondo, sia in paesi a basso e medio ma anche ad alto reddito e tale deterioramento si sviluppa in misura crescente.

Inoltre, la gratuità delle cure primarie non è affatto garantita e questo può rappresentare un ostacolo insormontabile per le popolazioni più povere e vulnerabili pena effetti catastrofici sui bilanci familiari (6). Certamente il Covid 19 ha reso più evidenti e drammatiche queste carenze semplicemente perché mentre sarebbe stato indispensabile rafforzare la capacità di risposta del livello primario la maggior  parte delle risorse erano dirette verso l’intervento ospedaliero. Certamente durante la pandemia abbiamo capito che potenziare la sanità territoriale e la medicina di famiglia sarà uno dei grandi obiettivi del “dopo” pandemia. E questo implicherà ripensare seriamente le strategie concrete che promuovano la democrazia nella salute e l’empowerment dei cittadini che richiedono salute ai sistemi sanitari pubblici. L’empowerment non è un conferimento astratto di potere ma la messa in opera di processi che promuovono la capacità ad acquisire strumenti per aumentare benessere, libertà e potere (7).

Le strategie e le soluzioni di finanziamento della salute forniscono il principale carburante per i sistemi sanitari in quanto stabiliscono la quantità di risorse disponibili e il modo in cui i rischi sono ripartiti tra quelli che si ammalano e quelli che stanno bene; inoltre sono queste strategie che determinano le modalità con cui i fondi arrivano agli operatori delle cure primarie e gli incentivi a loro destinati. L’insieme di queste strategie e soluzioni modellano il grado di equità, efficacia ed efficienza della Medicina di famiglia e delle Cure Primarie. La partnership PHCPI (Primary Health Care Performance Initiative), si è   costituita nel 2015 fra la Fondazione  Bill & Melinda Gates , la Organizzazione Mondiale della Salute e la Banca Mondiale, allo scopo di promuovere, difendere e rafforzare la Primary Health Care a livello globale. Secondo PHCPI, le domande che un sistema sanitario deve necessariamente porsi quando vuole identificare le opzioni per migliorare il sistema della   Medicina di Famiglia e delle Cure Primari sono le seguenti (8):

  • Quanto spende complessivamente il Paese per la salute? Il Paese ha bisogno di aumentare la spesa per la salute in generale?
  • Quanto della spesa sanitaria corrente viene speso per PHC rispetto ai servizi medici secondari o terziari?
  • Quali sono le principali fonti di finanziamento per la salute e in particolare per la PHC, e quanto proviene dalle spese vive delle famiglie, dal bilancio del governo o dai donatori?
  • Che tipo di investimenti dovrebbero essere fatti per promuovere la PHC?
  • Le persone sono protette dalle difficoltà finanziarie?
  • Quali gruppi di popolazione sono maggiormente a rischio di spese sanitarie catastrofiche?
  • Quali sono gli attuali metodi di pagamento ai providers e quali gli incentivi finanziari che vengono loro garantiti?
  • Qual è la capacità delle agenzie he acquistano i servizi di PHC di impostare un mix di metodi di pagamento?

È a partire da queste considerazioni che Lancet Global Health ha istituito una Commissione sul finanziamento della medicina di base le cui raccomandazioni saranno di grande utilità anche per il dibattito italiano sul tema (9). La Commissione intende offrire nuove analisi sugli aspetti quantitativi, ossia, quanto denaro deve essere reso disponibile e in che percentuale del totale della spesa sanitaria complessiva, e sulle modalità di spesa per la PHC, ossia le forme più efficaci e costo effettive di utilizzo delle risorse disponibili. La Commissione, come è intuitivo, ritiene che la centralità dell’investimento nella PHC risiede anche nella semplice constatazione (tanto ovvia quanto spesso ignorata dalle autorità sanitarie) per cui spendere di più in assistenza e cure primarie significa spendere meno (in termini relativi o assoluti) in ricoveri ospedalieri e/o visite specialistiche evitabili.

Ma tutto questo investimento nella PHC implica anche un livello di formazione dei medici di medicina generale di alta qualità. Invece, se pensiamo alla situazione italiana, dobbiamo constatare che la formazione del medico di medicina generale non è una specializzazione accademica. In questo senso malgrado le molte eccellenze del sistema sanitario italiano va detto che non siamo certo eccellenti da questo punto di vista. Se in Gran Bretagna la General practice è stata la prima in Europa a diventare una disciplina accademica, con una specializzazione della durata di 5 anni, in Italia si è affidata a una formazione ridotta, non universitaria e “lieta di una gestione autoreferenziale” (4, ibidem).

Ma un discorso serio sulla Assistenza e sulle Cure Primarie come quello che si accinge a sviluppare la Commissione Lancet implica scelte politiche inequivoche e innanzitutto, come ci ricorda Gavino Maciocco nel post La sanità di domani (cioè di ieri), deve essere chiaro se ci muoviamo all’interno di cornice della sanità pubblica di natura privata oppure pubblica.

Cornice pubblica implica una struttura organizzativa forte, quale ad esempio il Distretto, dotato di autonomia gestionale, baricentro e motore per l’assistenza territoriale, e da cui dipendono le strutture e gli operatori sanitari e sociali, in grado di  garantire un’efficace presa in carico dei pazienti, mentre cornice privata significa il predominio della logica della produzione, acquisto e vendita di prestazioni (10).

Si tratta di scelte “alte”, scelte politiche e etiche che accompagnano da sempre la nostra storia della sanità: “-C’era una volta…-, l’ipotesi che i diritti delle persone, di tutte e di ciascuna, potessero essere il criterio di riferimento” (11).  C’è stato, infatti, un periodo storico della sanità italiana ove davvero la salute era considerata come una variabile indipendente ossia non dipendente dalle leggi della economia e dal mercato.  Ed era affermata con convinzione l’dea che la medicina di famiglia dovesse rappresentare uno degli anelli forti e indispensabili della salute per tutti, del nessuno lasciato indietro e delle aspirazioni di Alma Ata inverate nella organizzazione del sistema sanitario. Furono gli anni della riforma sanitaria del 1978 e poi di leggi “di civiltà” come la 194 e la 180. E talvolta il paese ebbe la straordinaria fortuna di ministri della salute visionari e coraggiosi (pensiamo a Tina Anselmi, a Rosy Bindi e Livia Turco). Ma nel corso del tempo “il Servizio Sanitario Nazionale inizia a degradarsi (in parallelo a trasformazioni simili negli scenari internazionali) e la sanità inizia ad essere economicamente sempre più importante come parte “critica” del mercato, che nel frattempo si era organizzato come OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio). Le istituzioni sanitarie diventano “aziende” (ASL) e il pareggio di bilancio (non la vita dei pazienti) diventa il vero obiettivo” (12).

La importanza, anche per l’Italia, delle future raccomandazioni della Commissione Lancet sul finanziamento della Primary Health Care è evidente e non c’è che sperare che esse contribuiscano a “vincere” l’importante battaglia ingaggiata dal Libro Azzurro per un potenziamento e una forte impronta pubblica e collaborativa della Medicina di Famiglia. Costituita da ventidue esperti provenienti da 15 paesi, tra cui ricercatori, accademici, consulenti tecnici e politici, la Commissione Lancet ha tenuto le sue prime riunioni online nel mese di aprile del 2020. I Commissari hanno iniziato le loro prime deliberazioni attorno a quattro temi: i) come mobilitare e allocare risorse alla  PHC; come utilizzare incentivi finanziari e non per influenzare i comportamenti sia dei medici sia dei pazienti; come superare i complessi vincoli esistenti fra  le modalità di finanziamento e modelli di funzionamento del servizio; come comprendere e analizzare l’influenza del potere politico, sociale ed economico sulla decisione di dare priorità alla PHC nei sistemi sanitari nazionali. La Commissione renderà disponibile il proprio rapporto nel primo semestre del 2022 e noi ne daremo puntualmente conto ai lettori.

 

Benedetto Saraceno, Segretario Generale Lisbon Institute of Global Mental Health

 

 

Bibliografia

  1. Verso il Libro Azzurro. Un manifesto aperto per la riforma delle Cure Primarie in Italia
  2. Campagna Primary Health Care Now or Never
  3. Maciocco G. Il futuro della Medicina di famiglia in Italia. Salute Internazionale.27 Ottobre 2021
  4. Geddes da Filicaia M. Un’altra sanità territoriale è possibile. Epidemiologia e Prevenzione. 2021. 45 (6) 446-448.
  5. Organisation for Economic Cooperation and Development (OECD). Realising the full potential of primary health care. OECD Publishing, Paris, 2020.
  6. Global spending on health 2020, weathering the storm. 2020.
  7. Saraceno B. Diamo voce ai cittadini silenziati. 2020. Ricerca & Pratica.37(4):169-185.
  8. Primary Health Care Performance Initiative. https://improvingphc.org/improvement-strategies/health-financing
  1. Hanson K. Introducing The Lancet Global Health Commission on financing primary health care: putting people at the centre. Lancet Global Health. January 2022. Vol. 10.
  2. Maciocco G. La sanità di domani (cioè di ieri). Salute Internazionale. 20 Dicembre 2021
  3. Tognoni G. C’era una volta……Per il compleanno congiunto di farmaci essenziali ed Alma Ata. Informazioni sui Farmaci. 2007, n. 6.
  4. De Lotto A. Intervista a Gianni Tognoni, segretario del Tribunale Permanente dei Popoli. International Press Agency. 05.10.20.

fonte: saluteinternazionale.info

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