La resistenza agli antibiotici principale causa di morte. di Enrico Tagliaferri

La resistenza agli antibiotici è una delle principali cause di morte nel mondo. Si stima che nel 2050 questa causerà circa 10 milioni di morti all’anno, più dei tumori.

La rivista Lancet ha recentemente pubblicato una importante review sull’impatto della resistenza agli antibiotici sula salute globale, del gruppo Antimicrobial Resistance Collaborators, con primo nome Christopher Jl Murray, dell’Institute for Health Metrics and Evaluation, dell’Università di Washington, finanziata da un consorzio di enti pubblici e privati, tra cui la fondazione Bill e Melinda Gates.[1] La review prende le mosse dalla Review on Antimicrobial Resistance commissionata dal governo inglese e pubblicata nel 2014, la quale prevedeva che nel 2050 la resistenza agli antibiotici causerà circa 10 milioni di morti all’anno, più dei tumori.[2] La review di Murray conferma le dimensioni del fenomeno ma aggiunge alcune importanti informazioni, quali i batteri e le specifiche resistenze che determinano il maggior numero di morti, e calcola il numero delle morti associate alla resistenza, cioè evitabili se non ci fossero state le infezioni sostenute da batteri resistenti, e delle morti attribuibili alla resistenza, cioè evitabili se le infezioni fossero state sostenute da batteri sensibili. Gli autori hanno utilizzato l’approccio già usato per il seminale lavoro Global Burden of Diseases, Injuries, and Risk Factors Study del 2020.[3] Murray et al hanno raccolto una quantità enorme di dati da molte fonti diverse: ospedali pubblici e privati, case farmaceutiche, reti di sorveglianza, trial clinici, laboratori di microbiologia, database dedicati a infezioni specifiche come la tubercolosi e la gonorrea. I dati microbiologici sono stati interpretati secondo le linee guida dello statunitense Clinical and Laboratory Standard Institute.

Nel 2019, nel mondo, le morti associate a resistenza sono risultate 4.950.000, quelle attribuibili direttamente alla resistenza 1.270.000. In termini assoluti non stupisce che al primo posto troviamo l’Asia del Sud; in termini relativi però è l’Africa sub sahariana la regione più colpita dalla resistenza agli antibiotici. Le infezioni che hanno causato il maggior numero di morti sono le polmoniti, le infezioni del torrente circolatorio e le infezioni addominali. Per alcune di queste infezioni, in particolare la tubercolosi, il rapporto tra morti attribuibili e morti associate è più alto, ad indicare un maggior impatto della resistenza rispetto a quello dell’infezione (Figura 1). I batteri che hanno causato il maggior numero di morti sono stati Escherichia coli, Staphylococcus aureus, Klebsiella pneumoniae, Streptococcus pneumoniae, Acinetobacter baumannii, Pseudomonas aeruginosa, Mycobacterium tuberculosis (Figura 2).

Figura 1. Morti associate e attribuibili a resistenza agli antibiotici per sindrome clinica. 2019.

Figura 2. Morti associate e attribuibili a resistenza agli antibiotici per specie batterica. 2019.

Nelle diverse regioni i diversi batteri resistenti hanno un peso diverso. Ad esempio nei paesi ad alto reddito S. aureus ed E. coli sono di gran lunga i batteri che causano il maggior numero di morti, mentre in Africa sub sahariana troviamo ai primi posti Streptococcus pneumoniae e K. pneumoniae. Ad alcune combinazioni batterio-antibiotico è attribuito un numero più elevato di morti, in particolare S.aureus resistente a meticillina, ma anche E.coli resistente ai chinoloni,  A. baumannii e K. pneumoniae resistenti ai carbapenemi, M. tuberculosis resistente a rifampicina e isoniazide (MDR). La resistenza ai beta-lattamici e chinoloni insieme è responsabile di più del 70% delle morti.

L’impatto della resistenza agli antibiotici è di solito considerato in maniera trasversale, diluito quindi in varie altre cause, sindromi cliniche come le polmoniti, le gastroenteriti, etc. Considerando invece la resistenza agli antibiotici come fenomeno a sé stante, ne emerge tutta la tragica importanza: considerando le morti associate nel 2019 rappresentava la terza causa di morte, dopo le malattie cardiovascolari e lo stroke, considerando le morti attribuibili la dodicesima causa di morte, superiore comunque ad HIV e malaria. Diversamente da quanto intuitivamente ci si potrebbe aspettare, l’impatto maggiore in termini relativi è a carico dei paesi più poveri, già gravati da un carico ancora molto elevato di malattie infettive come tubercolosi, malaria e HIV e alle prese con un peso crescente di malattie non trasmissibili. La mortalità dovuta alla resistenza agli antibiotici non dipende soltanto dalla prevalenza delle resistenze, ma anche dall’incidenza di infezioni gravi e dalla loro gestione. Altri elementi che potrebbero spiegare l’impatto delle resistenze nei paesi poveri possono essere l’inadeguatezza dei laboratori di microbiologia, che non permette di fare terapie mirate, l’accesso non controllato agli antibiotici, la scarsa disponibilità di antibiotici di seconda linea, la diffusione di prodotti contraffatti e le scarse condizioni igieniche.

Solo alcuni di questi batteri sono oggetto di programmi specifici, in particolare S. pneumoniae, con la vaccinazione, e M. tuberculosis, con il programma STOP TB dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. La review di Murray et al ha anche dei limiti: l’eterogeneità delle fonti, la scarsità di infrastrutture laboratoristiche adeguate e la qualità dei dati in molti paesi poveri, la mancanza di standard internazionali condivisi per la categorizzazione della sensibilità agli antibiotici, possibili bias di selezione nell’esecuzione degli esami colturali, in particolare in paesi a risorse limitate. Tuttavia questi limiti non cambiano il contributo di questo studio e le sue conclusioni.

Dobbiamo anche dire che lo studio da poco pubblicato si riferisce al 2019, prima della pandemia da SARS-CoV-2 che ha cambiato molte cose. Non sappiamo ancora con precisione quale impatto ha avuto la pandemia sulla resistenza agli antibiotici, ma sappiamo che molte risorse umane e finanziarie sono state distratte da altri servizi e molti sanitari sono morti e i servizi sanitari di molti paesi ne sono usciti gravemente indeboliti; molte comunità si sono impoverite; molti casi di malattie diverse sono rimasti sommersi. Riguardo alla tubercolosi sappiamo che il COVID-19 ha causato una riduzione delle notifiche, quindi dei pazienti posti in trattamento, in particolare per forme sostenute da ceppi multi resistenti, ed un aumento dei morti per tubercolosi, in controtendenza rispetto agli anni precedenti.[4]

Gli autori infine indicano possibili strategie di intervento:

  • migliorare le condizioni igieniche nelle comunità, in particolare lo smaltimento dei rifiuti e la disponibilità di latrine;
  • applicare nelle strutture sanitarie le precauzioni per prevenire la diffusione di germi resistenti, in primo luogo l’igiene delle mani;
  • mantenere buone coperture vaccinali e investire in nuovi vaccini, come quelli allo studio per E. coli e K. pneumoniae;
  • rafforzare i servizi di microbiologia, anche diffondendo tecnologie relativamente semplici ed economiche quali le metodiche automatizzate di amplificazione genica, già ampiamente usate per M. tubercolosis, in grado di identificare batteri e rilevare meccanismi di resistenza senza l’esame colturale;
  • concordare standard di laboratorio condivisi a livello internazionale;
  • ridurre l’uso di antibiotici negli allevamenti, di gran lunga maggiore rispetto all’uso in medicina umana;
  • stabilire programmi di controllo della terapia antibiotica (antimicrobial stewardship), ad esempio con linee guida di terapia empirica e identificazione di esperti, monitoraggio di consumo di antibiotici, di infezioni e di resistenze.
  • Infine non si può prescindere dalla ricerca di nuovi antibiotici, pur consapevoli che ineluttabilmente i batteri sapranno adattarvisi presto e dovremo cercare di preservarli.

Enrico Tagliaferri, Infettivologo, Azienda Ospedaliera-Universitaria Pisana

Bibliografia

  1. Antimicrobial Resistance Collaborators. Global burden of bacterial antimicrobial resistance in 2019: a systematic analysis. Lancet. 2022 Feb 12;399(10325):629-655. doi: 10.1016/S0140-6736(21)02724-0. Epub 2022 Jan 19.
  2. O’Neill J. Antimicrobial resistance: tackling a crisis for the health and wealth of nations. London: Review on Antimicrobial Resistance, 2014.
  3. Vos T, Lim SS, Abbafati C, et al. Global burden of 369 diseases and injuries in 204 countries and territories, 1990-2019: a systematic analysis for the Global Burden of Disease Study 2019. Lancet 2020; 396: 1204–22.
  4. WHO. Global TB Report 2021

fonte: saluteinternazionale.info

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