Fondi UE per un Piano Nazionale per l’Assistenza Socio-sanitaria Territoriale. di Marco Geddes

Ai primi dello scorso agosto è maturata l’idea di lanciare un forte segnale ai politici che nei prossimi mesi dovranno decidere come investire i finanziamenti europei.  Intorno a questa idea si sono raccolte numerose associazioni e anche singoli cittadini che hanno condiviso e sottoscritto un pre-appello, a cui è seguita l’elaborazione di un Documento che qui presentiamo, “Finanziamenti europei per la ripresa: usarli bene. Priorità: assistenza sociale e sanitaria territoriale” (vedi Risorse), i cui principi di fondo possono essere riassunti nei seguenti quattro punti:

  1. Le risorse vanno indirizzate verso progetti di innovazione del nostro welfare, piuttosto che incanalate nei settori “tradizionali” in cui sinora si sono concentrate. Occorre perciò investire in Progetti dedicati a una forte infrastrutturazione dei servizi territoriali, una loro solida organizzazione, ragionevolmente omogenea su tutto il territorio nazionale, una ben più robusta attenzione ai determinanti sociali della salute.
  2. Ciò implica un utilizzo delle risorse per Progetti strategici, superando distribuzioni “a pioggia” o a quota capitaria, per evitare dispersioni e duplicazioni e, soprattutto, per evitare il perpetuarsi dei divari preesistenti, a lungo denunciati ma poco contrastati.
  3. I singoli Progetti devono indicare anche percorsi di convergenza finalizzati al superamento delle disuguaglianze di salute tra la popolazione e tra territori (Nord e Sud in specie) e al loro interno, per una maggiore uniformità nel Paese nell’accesso a servizi e a prestazioni di qualità, come prevede la nostra Costituzione, e per raggiungere un’effettiva universalità nel godimento dei diritti sociali.
  4. Le risorse devono essere destinate non solo a spese in conto capitale, ma anche a spese correnti per progetti “start up” e per l’acquisto di beni. Non solo “muri e attrezzature tecnologiche”, peraltro importanti, ma formazione e ricerca, progetti personalizzati di presa in carico, assistenza domiciliare, co-progettazione intersettoriale e partecipazione democratica, senza i quali il progetto di infrastrutturazione sarebbe incompiuto.

Il punto di partenza del Documento, ma, in qualche misura, anche la preoccupazione, deriva dalla rilevanza delle somme che saranno disponibili (seppure i tempi e, in qualche misura, anche le modalità sono ancora da definire in dettaglio), in base al progetto Next generation UE (209 miliardi per il nostro Paese), da noi più noto con il termine (forse meno – linguisticamente – lungimirante) “Recovery Fund”. A tale fonte finanziaria si potrebbe aggiungere – qualora il nostro Governi si decidesse – il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES). Tale finanziamento, che non trova ancora il consenso dei componenti dell’attuale maggioranza, per le “ubbie” (parola di etimo incerto che significa pregiudizio, credenza o convinzione infondata che è causa di idee, timori, sospetti non giustificati) dei 5 Stelle, sarebbe finalizzato ai costi sanitari della pandemia e se ne evidenzia ormai la crescente necessità per l’aggravamento della situazione pandemica in ripresa e per la lentezza con cui saranno disponibili i finanziamenti del Recovery Fund.

Abbiamo ora, come afferma il Documento, una fondamentale occasione per ripensare e rilanciare il nostro welfare per cui occorre inserire le risorse in Progetti con obiettivi chiari e verificabili, destinando i finanziamenti in modo significativo al settore socio sanitario. La definizione degli obiettivi, delle modalità di valutazione e di verifica si impongono per impedire gli sprechi e i ritardi ma anche come elemento strutturale di contrasto alle infiltrazioni criminali (usura, corruzione, tangenti) che Procure e Forze dell’ordine dovranno contrastate, aiutate tuttavia da criteri di finanziamento appropriati e trasparenti.[1] Si tratta di operare in un’ottica di prevenzione e di promozione della salute e non solo in un sistema che eroghi prestazioni, seppure di livello tecnologicamente e professionalmente elevato, focalizzato sulla patologia, come si evidenzia da una analisi del sistema sanitario lombardo e dalla sua carente risposta all’ondata pandemica[2].

  • Nella situazione del nostro Paese risulta fondamentale affrontare, in un ottica non più solo emergenziale, il problema del personale, per tutto il sistema socio sanitario, ma in particolare per il territorio. Una priorità in termini quantitativi, al fine di acquisire le adeguate figure professionali, per raggiungere standard analoghi (in particolare infermieri/popolazione) a quelli degli altri paesi europei. Ciò comporta una pianificazione formativa delle scuole di specializzazione e delle lauree infermieristiche e una adeguata collocazione nelle Aziende sanitarie, ridefinendo i ruoli delle varie figure professionali.
  • I progetti che vengono proposti si pongono l’obiettivo di potenziare e ristrutturare l’assistenza integrata sociosanitaria territoriale, partendo dalla constatazione che le politiche sociali sono state a lungo relegate al margine delle politiche pubbliche, e che è necessario un sistema capace di accompagnare gli individui lungo l’intero percorso della vita, in particolare nei momenti di fragilità. I progetti dovranno essere definiti e realizzati coinvolgendo le associazioni sociali, le organizzazioni del Terzo Settore, i sindacati e con la partecipazione dei cittadini. Per attuare i programmi individuati è indispensabile anche un rilevante intervento strutturale sul territorio, volto a recuperare i ritardi in varie regioni, in particolare nel meridione e nelle zone interne del Paese; a tal fine è fondamentale il ruolo delle Regioni. Tuttavia il Documento sottolinea con forza la necessità di un pieno coinvolgimento dei Comuni, proprio sul fronte deli progetti socio sanitari territoriali; è indispensabile pervenire a una “co–regia” delle amministrazioni comunali, poiché la realizzazione di infrastrutture: abitazioni adeguate agli anziani, centri diurni, recupero di edifici pubblici dismessi, Case della salute ecc., può comportare adeguamenti del Piano regolatore, modifiche di destinazioni d’uso, interventi sulla viabilità, pianificazione dei trasporti pubblici, ecc.

Il Documento presenta – e dettaglia – il Piano Nazionale per l’assistenza socio sanitaria territoriale (PNT), quale principale leva per il potenziamento dell’assistenza territoriale  e ciò “… richiede un impegno collettivo e un’organizzazione “strutturata” nel Distretto in grado di organizzare i servizi in funzione delle persone e della comunità (e non delle malattie), realizzando una forte integrazione fra professionisti e fra istituzioni, fra sociale e sanità, con la partecipazione della popolazione. E’ dunque il Distretto socio sanitario, inteso come “struttura forte”, il baricentro e il motore per l’assistenza territoriale, e da cui devono dipendere strutture e professionisti.”

Gli obiettivi del Piano sono, in sintesi, i seguenti:

  1. Rispettare la dignità di ogni persona con una attenzione particolare rivolta alle persone fragili.
  2. Migliorare la qualità dell’assistenza e rispettare il diritto di curarsi nel proprio contesto di vita.
  3. Superare i divari territoriali.
  4. Favorire un’occupazione stabile e di qualità nel settore sociale e sanitario, e nei settori extra
  5. Migliorare la qualità e la sicurezza dei luoghi delle cure.
  6. Promuovere comunità dotate di luoghi/spazi adatti alle esigenze delle persone vulnerabili.
  7. Promuovere l’uguaglianza di genere.

Vengono inoltre individuate 15 Azioni (che qui riportiamo in forma sintetica).

  1. Definizione di standard e requisiti qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi per l’assistenza territoriale, e per le strutture residenziali e semi residenziali.
  2. Definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali.
  3. Transizione dai percorsi verticali orientati alla cura della patologia (PDTA) e alle reti integrate di cure primarie orientate alla salute di persone e comunità.
  4. Formazione e aggiornamento professionale, informazione e comunicazione.
  5. Potenziamento delle reti socio-sanitarie territoriali a partire dall’adeguamento delle risorse di personale nel sociale e nel sanitario, integrate e coordinate dal Distretto.
  6. Formazione universitaria di MMG e professionisti sociosanitari, anche con percorsi formativi comuni alle diverse figure professionali. Inserimento di MMG, PLS all’interno del Distretto.
  7. Significativo potenziamento di assistenza domiciliare, cure palliative e terapia del dolore.
  8. Adeguamento delle dotazioni tecnologiche e informatizzazione dell’assistenza territoriale, anche per la relazione/continuità ospedale territorio.
  9. Ristrutturazione/realizzazione di tutte le strutture territoriali: Case della Salute, strutture intermedie, presidi a degenza temporanea-Ospedali di Comunità, Consultori, Centri di Salute Mentale, Servizi per le Dipendenze, Poliambulatori, Centri neuropsichiatria infantile, hospice, …
  10. Adeguamento e qualificazione di tutti i luoghi delle cure destinati all’assistenza territoriale.
  11. Riconversione delle strutture residenziali di grandi dimensioni e non inserite nelle comunità.
  12. Realizzazione nelle comunità di luoghi, spazi, abitazioni adeguati alle esigenze delle persone fragili e con disabilità, compresi interventi di domotica.
  13. Realizzazione di interventi per rendere le “Comunità amiche delle persone con demenza”.
  14. Realizzazione di progetti per la mobilità delle persone con disabilità.
  15. Potenziamento delle attività di prevenzione.

Viene infine  presentata la Stima del fabbisogno finanziario

* La stima dei fabbisogni va ulteriormente verificata e specificata

Seguono le schede per i vari progetti, che ne dettagliano sia il “razionale” che i vari step necessari alla loro attuazione. Si tratta, per vari aspetti, di un lavoro in fieri, un’opera tecnicamente, culturalmente e politicamente rilevante, che ha impegnato molti amici e colleghi in questi mesi, e in particolare Stefano Cecconi e Nerina Dirindin e che ha già ottenuto l’adesione di molte persone ma, in particolare, di centinaia di entità e associazioni presenti in tutta Italia: dal Forum nazionale salute in carcere alle Confederazioni  CGIL, CISL, UIL; dal Gruppo Abele alla Campagna Primary Health Care Now or Never; dalla Fondazione Zancan alla Federconsumatori…

A conclusione a  questo contributo, che è sostanzialmente una sintesi, un riassunto – presentazione dell’allegato Documento, aggiungo una mia breve riflessione.

Questo appello, questa elaborazione, chiama a una mobilitazione tutti i firmatari e invita ad una “sfida” il Ministero della Salute, il Ministro Roberto Speranza e lo stesso Governo. Non un combattimento con chi ha aderito al Documento, ma un confronto con i problemi che abbiamo di fronte, con le resistenze in tanti corpi professionali e categoriali, con interessi forti e precostituiti che difendono i propri poteri e le proprie posizioni. Sfida quindi che comporta audacia e determinazione.

Non si tratta solo (e non è cosa da poco) avere la capacità di orientare i finanziamenti secondo le priorità indicate da questo Documento, e di monitorarne l’utilizzo. Si tratta di mettere mano a provvedimenti normativi e contrattuali. Di ridefinire, ad esempio, i rapporti fra Servizio sanitario nazionale e Università, affinché il fabbisogno di specializzandi sia determinato da parte del SSN e l’Università porti il suo contributo individuando le Sedi in cui è possibile attuare tale formazione, le risorse che sono necessarie e, ovviamente, assumendone la responsabilità formativa (utilizzando a tal fine tutte le strutture, ospedaliere e territoriali, del SSN).

Risulterà indispensabile affrontare, in tale contesto, il problema della formazione dei Medici di medicina generale, con un percorso universitario, come in tutti i Paesi europei.

Attuare il PNT, Piano Nazionale per l’assistenza socio sanitaria territoriale, come proposto nel Documento, significa scegliere la Casa della salute, fondamentale struttura del Distretto, come “sede unica dei servizi e degli operatori”, compresi i Medici di medicina generale, Pediatri di Libera Scelta. Il Distretto socio sanitario deve essere il baricentro e il motore per l’assistenza territoriale, che assicura una rete ambulatoriale, anche  – ove necessario – fortemente distribuita, ma connessa funzionalmente e tecnicamente con la Casa della salute.

Potenziare la presenza infermieristica nel territorio vuol dire inserire una figura professionale che ha la sua autonomia, dipendente del SSN, che collabora con il medico di base in equipe, come avviene in un team ospedaliero e non, come è stato affermato, con una “estensione della fiduciarietà riconosciuta al medico e trasferita anche ai collaboratori presenti nel suo studio”.[3]

Non sarà infatti il “suo” studio, ma una struttura del Servizio sanitario nazionale e il professionista infermiere riceve la fiducia per il suo ruolo e non per (benefica?) estensione della fiducia accordata dal medico, di cui non è figura ancillare.

Risulterà pertanto indispensabile rivedere profondamente il rapporto convenzionale con i MMG e PLS, superando le resistenze ancora forti e dando spazio a quanto propongono molte associazioni, gruppi di giovani medici e molteplici personalità del mondo scientifico. [4]

Effetto collaterale, per così dire, di questa (tragica) pandemia è anche una rilevante fiducia della popolazione nel Servizio sanitario nazionale, la stima nei confronti degli operatori e una disponibilità finanziaria da destinare alla sanità; fattori che possono orientare e condizionare anche la possibilità di realizzare trasformazioni da tempo auspicate e talvolta anche normate (la famosa continuità assistenziale del Decreto Balduzzi che è restata una chimera!).

Quindi: se non ora, quando?

Risorse
Finanziamenti europei per la ripresa: usarli bene. Priorità: assistenza sociale e sanitaria territoriale [PDF: 1 Mb]

Bibliografia

  1. Recovery Fund, Occasione storica, ma c’è il rischio di criminalità. Intervista al Comandante generale della Guardia di Finanza. Il Sole 24 Ore, 27.09.2020
  2. Virginio Colmegna. Salviamo la Lombardia. Discorso in occasione della manifestazione “Salviamo la Lombardia”, di sabato 20 giugno 2020. Ricerca & Pratica, n.4, luglio – agosto 2020, p. 174 – 175.
  3. Silvestro Scotti. Congresso Fimmg 2020
  4. Vedi a tale proposito anche le dichiarazioni da parte di Silvio Garattini e Giuseppe Remuzzi, sulla necessità di un inserimento strutturale dei MMG, anche valutando l’opportunità di un rapporto organico, quali dipendenti, nel SSN.

fonte: SALUTEINTERNAZIONALE.INFO

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