La nuova emigrazione italiana: “non chiamatela soltanto fuga dei cervelli” (Rps 4/2017). di Stefano Cecconi

Negli anni della crisi è tornata a crescere l’emigrazione italiana. Ma quella odierna ha tratti diversi e alcune peculiarità che la rendono ben diversa rispetto al passato. Se ne parla nel n. 4/2017 della Rivista delle Politiche Sociali

Il numero 4/2017 de La Rivista delle Politiche Sociali, a cura di Enrico Pugliese e Stefano Boffo, dedica la sezione Tema alla crescita dell’emigrazione degli italiani all’estero. Un fenomeno che credevano fosse relegato al nostro passato, ma che invece è ripreso da alcuni anni. Causato certamente dalla crisi, si connota tuttavia per le dimensioni e alcuni aspetti peculiari, come un vero e proprio nuovo ciclo dell’emigrazione italiana.

I diversi saggi illustrano il fenomeno e puntano a spiegarlo, definendo le figure prevalenti dei nuovi emigranti, segnalando le novità più significative rispetto alle epoche di emigrazione precedenti. In primo luogo, le novità riguardano le aree di provenienza, l’odierno contesto del Paese di arrivo, le mutate condizioni del mercato del lavoro dei Paesi di immigrazione. Emergono due estremi nella condizione sociale dei nuovi emigranti: una componente altamente qualificata (quella definita un po’ frettolosamente ma in modo efficace “fuga dei cervelli”) e un’altra a basso livello di istruzione, che potremmo definire la nuova emigrazione proletaria.

La Rivista presenta la serie storica delle partenze degli italiani per l’estero dell’ultimo ventennio, che dimostra un’evidente crescita. Quindi viene analizzato da Antonio Sanguinetti come i nuovi migranti in Europa si inseriscano in un mercato del lavoro profondamente trasformato rispetto al passato: caratterizzato da processi di precarizzazione e di de-regulation, con forme diffuse di sotto-occupazione e di contratti atipici. E una netta prevalenza del part time (per esempio in Germania).

Due focus sono dedicati a Regno Unito e Francia. Il primo di Stefania Marino e Giuseppe D’Onofrio si occupa del rapporto tra Brexit e immigrazione nel Regno Unito; nell’altro Italo Stellon (dell’Inca Francia) presenta alcune storie rappresentative frutto di interviste a giovani emigrati italiani, trattando le questioni sociali che maggiormente interessano i nuovi migranti: lavoro, casa, sanità.
Una riflessione a sé di Stefano Boffo ed Enrico Pugliese riguarda l’emigrazione dal meridione d’Italia. Se nel decennio in corso la Lombardia è stata la principale regione di emigrazione all’estero (ma certo con diverse motivazioni rispetto al passato), dalle regioni del Mezzogiorno si assiste non solo a un’emigrazione verso l’estero, ma anche verso le regioni italiane del Nord. Gli autori definiscono questa come la “fuga dalla crisi”: un’emigrazione che riguarda soprattutto i giovani.

Concludono la sezione Tema tre articoli dedicati alla cosiddetta “fuga dei cervelli”. Il primo scritto da Stefano Sbalchiero riguarda gli scienziati italiani all’estero: descrive le caratteristiche e le condizioni più favorevoli per fare scienza in Europa; le critiche, espresse dai giovani emigrati, al sistema scientifico italiano, e alcune proposte per migliorare il sistema italiano di ricerca e di alta formazione. Il secondo saggio, scritto daAugusto Cocorullo e Lucio Pisacane, analizza le vicende degli studenti in Erasmus, a trent’anni dal varo del programma europeo. Evidenziando in particolare come gli studenti dell’area mediterranea abbiano utilizzato l’Erasmus anche come un trampolino per l’emigrazione verso mercati in grado di garantire occupazione (anche più coerente con il percorso di studi).

Infine, Francesco Gagliardi si concentra sull’emigrazione all’estero dei giovani laureati italiani. Qui emerge come la crescita esponenziale dell’emigrazione dei giovani italiani a più elevato livello di istruzione sia stata una delle peculiari conseguenze della lunga crisi; e di come questa situazione rischia di causare danni permanenti sulla società e sull’economia italiana, con una perdita di capitale umano del Paese. L’articolo si conclude indicando anche possibili politiche ad hoc per favorire il rientro in Italia.

La sezione del volume dedicata all’Attualità ospita tre interventi sulla povertà. Il primo ricostruisce come, nell’ambito di una crescita del fenomeno, sia cambiata la sua distribuzione tra i diversi gruppi sociali interessati. Gli altri due saggi si confrontano sul Reddito di inclusione Sociale (Rei), e qui emergono valutazioni assai differenti tra gli autori circa l’effettiva efficacia della misura. Da una parte, si valuta il Rei come un provvedimento cruciale per il nostro Paese, seppure i passi da compiere siano ancora molti. Dall’altra, viene evidenziato come le politiche sociali siano ancora concentrate prevalentemente sui trasferimenti monetari, e con risultati deludenti; quindi, le probabilità che il Reddito di inclusione contribuisca a invertire questo andamento sono tutte da scoprire.

La sezione Dibattito è dedicata alla crisi e al modello sociale europeo e ruota attorno al libro di Luis Moreno Fernàndez “L’Europa A-Sociale”.

Conclude il numero l’articolo su “Insicurezza e populismo”, l’ultimo dei quattro saggi della rubrica che Rps ha dedicato nel 2017 a ”Populismi e questione sociale”.

Stefano Cecconi è direttore de La Rivista delle Politiche Sociali

Articolo pubblicato su Rassegna Sindacale

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