Francesco si oppone alle visioni manichee, la corsa alle armi non porta pace. di Rosy Bindi

L’ex presidente del Pd: Putin ha iniziato il conflitto ma ci sono responsabilità anche da noi.

 Quello del Papa sull’Ucraina è un messaggio con «un alto contenuto politico» e non solo un invito «spirituale», la politica dovrebbe ascoltarlo ma senza «strumentalizzarlo», come invece accade spesso. Rosy Bindi non è più in Parlamento, ma certo non si disinteressa della politica, anche se è felice di non aver dovuto votare sull’invio di armi a Kiev («ringrazio il Signore di non esserci. Non so come avrei votato»). Condivide il giudizio sulle responsabilità della Nato («la guerra c’è almeno dal 2014. Dove siamo stati in questi anni?») e avverte: «La pace non si costruisce con la corsa alle armi».

Non è la prima volta che il Papa esprime una posizione articolata sulla guerra in Ucraina. Lo fa da leader spirituale, com’è ovvio. Pensa che Parlamento e governo debbano tenere conto delle
sue parole?

«Le parole di papa Francesco sono una luce che indica la fine del tunnel. Sottolineo due elementi. Innanzitutto: questa volta il Papa è ancora più esplicito, stiamo vivendo la “terza guerra mondiale”. Ci richiama a non distrarci di fronte alle tante guerre in ogni parte del mondo.

L’altro aspetto è l’invito a condividere e compatire le atrocità della guerra: le vite calpestate, non solo di bambini e donne… Anche i soldati, sia russi che ucraini. Noi rischiamo l’assuefazione, non ci
rendiamo conto che la guerra è la negazione assoluta della dignità umana. Certo che dobbiamo ascoltare il Papa! Mala politica soffre spesso di due vizi opposti, entrambi molto gravi: o si strumentalizzano le parole del Papa, nel senso che qualcuno lo tira dalla propria parte – sport molto diffuso – oppure lo si archivia come “messaggio spirituale”: il Papa fa il Papa, che altro può dire?
Invece no: quello del Pontefice è un messaggio con un alto contenuto politico, non solo spirituale».

Il rischio della strumentalizzazione ce l’ha presente lo stesso Bergoglio, che ha
voluto precisare: «Non sono filo-Putin».

«Solo chi vuole strumentalizzare le parole del Papa può usarle per giustificare la Russia. Qui c’è un invito a capire la complessità della situazione per trovare un modo per uscirne. Nelle parole del Papa non c’è nessuna giustificazione per chi ha iniziato questa guerra, e lo ha ben chiarito nel colloquio col patriarca Kirill, invitandolo a non essere “il chierichetto di Putin”! Ma se vogliamo fare azione di pace dobbiamo fare il discernimento sulle cause di quello che sta accadendo».

E, dice il Papa, tra le cause c’è l’atteggiamento della Nato. Condivide?

«Condivido l’invito a considerare la complessità della situazione nella quale ci troviamo.

E sicuramente condivido anche l’analisi dal punto di vista storico: se c’è chi sicuramente ha iniziato il conflitto – Putin – ci sono anche delle responsabilità di chi non si adopera abbastanza per farlo finire e di chi non si è adoperato abbastanza per non farlo iniziare. E almeno dal 2014 che c’è una guerra ignorata. Dove siamo stati in questi anni? Il giudizio sulla Nato è l’invito a capire le cause di quello che sta avvenendo. La via d’uscita non si trova mai se uno è convinto che c’è qualcuno che ha tutti i torti e qualcun altro che ha tutte le ragioni, con una visione manichea della storia».

Pensa che il governo italiano e gli altri Paesi occidentali non stiano lavorando abbastanza per arrivare alla pace?

«Non userò un’intervista nella quale commento le parole del Papa per esprimere un giudizio sul governo italiano o sull’Europa. Una cosa è certa: la pace si costruisce con gli strumenti della pace – la diplomazia, la politica, gli aiuti umanitari – non con la corsa agli armamenti. So anche che questa strada che il Papa indica non si persegue in un giorno, ma la direzione è giusta e va perseguita
con determinazione. Non c’è mai nessun vincitore nelle guerre».

Se lei fosse ancora in Parlamento avrebbe votato l’invio delle armi a Kiev? L’Italia dovrebbe smettere di mandarle?

«Ringrazio il Signore di non essere in Parlamento. Ho poche certezze. Non so come avrei votato. Il Parlamento dovrebbe essere coinvolto nella ricerca degli strumenti di pace e nel disegnare il futuro. Il conflitto non finisce se non si prefigura un nuovo ordine mondiale, fondato sul dialogo, la cooperazione e la dignità di tuttiipopoli.  L’errore è pensare che l’unico modo sia quello di costruire, usare e commerciare le armi».

Qui forse c’è il punto che separa chi esercita una guida spirituale da chi governa: è possibile rinunciare alle armi se poi il tuo vicino decide di invadere il tuo paese e sottometterlo?

«Il Papa ha espresso una grande vicinanza all’Ucraina. Ma questa è la logica che ha sempre guidato la storia, forse è arrivato il momento di mettere fine a questa impostazione, dopo l’esperienza di due guerre mondiali ed essendo ormai dentro la “terza guerra mondiale a pezzi”. Non credo fossero visionari San Francesco, La Pira, Gandhi, Martin Luther King… Se tutti facessimo così disarmeremmo anche quelli che vogliono fare la guerra. L’invito del Papa è molto realistico, chiama in causa tutti noi. La guerra è la soluzione che appare più semplice, ma in realtà è la più irrazionale in assoluto».

Fonte: LA STAMPA su Acli Bergamo

l’articolo su LA STAMPA in formato pdf

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