La medicina generale e la comunità. di Desiree Barbetta, Martina Consoloni, Luisa Ghini

Un ambulatorio di medicina generale si dedica allo studio del suo territorio ed elabora strategie di intervento che tengono conto dello specifico contesto, delle sue risorse e delle dinamiche che in esso agiscono influenzando i processi salute-malattia.

A Barco, un quartiere della periferia Nord di Ferrara, nel 2020 è nato l’ambulatorio di medicina generale Julian Tudor Hart (da ora “JTH”), dedicato alla memoria dell’omonimo medico[1] che fu pioniere nel combinare pratica clinica e metodo epidemiologico, e uno dei primi fautori della medicina di iniziativa (anticipatory preventive care) – (vedi foto). Dal 2021, l’ambulatorio ha trovato la sua collocazione nello stesso quartiere ma presso i locali di Via Medini della Cooperativa Castello[2], fondata negli anni settanta per dare risposta al “problema casa” e che negli ultimi anni ha ampliato la propria mission sociale verso attività e servizi di interesse collettivo. L’idea dell’ambulatorio ha preso vita tra due medici di medicina generale che condividono lo stesso approccio al lavoro sul territorio: quello della Primary Health Care (da ora “PHC”). Ai due medici di medicina generale si sono successivamente aggiunte due collaboratrici di studio e un’altra medica di medicina generale, divenendo poi Medicina di Gruppo. Più recentemente, lavorano con l’ambulatorio anche due infermiere dipendenti di una cooperativa del territorio, due Infermiere di Famiglia e Comunità e un’ulteriore medica di famiglia in collaborazione. Le attività del presidio JTH hanno un carattere fortemente sperimentale: infatti, esse rappresentano il tentativo di tradurre nelle pratiche quotidiane i principi di PHC, per come essi vengono declinati dalla Campagna Primary Health Care Now or Never[3], a cui i/le medici/he dell’ambulatorio prendono parte. Come già raccontato in diversi articoli comparsi su SaluteInternazionale[4], la Campagna dal 2017 riunisce a livello nazionale giovani professionisti/e della salute impegnati/e nel proporre un rinnovamento delle Cure Primarie.

Coerentemente con quanto espresso nel Libro Azzurro[5] (il documento per la riforma dell’assistenza territoriale prodotto dalla Campagna PHC), il presidio JTH non si limita a portare avanti le tradizionali attività di studio, ma si occupa anche di sviluppare un’attiva relazione con i territori serviti, in modo da costruire strategie di intervento che tengano conto dello specifico contesto, delle sue risorse e delle dinamiche che in esso agiscono influenzando i processi salute-malattia. Nel momento in cui l’équipe dell’ambulatorio JTH ha iniziato a progettare le prime attività, si è interrogata a lungo su come poter sviluppare una conoscenza approfondita del territorio. Tuttavia, un primo ostacolo con il quale si è trovata a confrontarsi è stata la scarsa disponibilità di tempo dei/lle medici/he di famiglia, completamente assorbiti/e dall’attività assistenziale, specie nel corso della pandemia di COVID-19.

Per questo motivo nasce il “Distretto Geoeducativo”, un dispositivo di ricerca e formazione che ha coinvolto alcuni/e corsiste/i del Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale, un medico igienista esperto di cure primarie e due antropologhe in corso di dottorato, partecipanti a titolo volontario o per attività di ricerca-tesi. Oltre alle ragioni di sostenibilità, il Distretto Geoeducativo trova il suo razionale nell’idea che, per lo sviluppo delle competenze necessarie al lavoro sui territori, i/le professionisti/e della salute debbano realizzare la loro formazione anche al di fuori delle strutture sanitarie e prevalentemente in équipe.[6]  Grazie a una storica rete di collaborazione internazionale nel campo della salute[7], la nascita del Distretto Geoeducativo ha visto la partecipazione anche di una medica brasiliana, la quale ha apportato un importante contributo al progetto, condividendo le competenze derivatele dal suo percorso di studi e dal modello di organizzazione dell’assistenza primaria in Brasile, fortemente centrate sulla “territorializzazione”.

La “territorializzazione”, già proposta dal Libro Azzurro, è uno strumento fondamentale per mettere in pratica un approccio di PHC centrato sulle comunità. Con “territorializzazione” si intende infatti un processo che è al contempo di conoscenza del territorio (inteso come oggetto di studio) e di co-costruzione del territorio (inteso come soggetto).[8] Il processo di conoscenza porterà a una mappatura di tipo descrittivo, mentre quello di co-costruzione a una mappatura trasformativa del territorio di cui l’equipe di base è responsabile. Il risultato non sarà quindi una mera trascrizione della realtà, ma consiste soprattutto in un’attivazione e manutenzione delle relazioni tra i diversi attori.

L’apporto innovativo della territorializzazione sta dunque nel considerare il territorio non solamente come luogo fisico, ma in quanto spazio che si crea e si trasforma. Ne consegue che il territorio è:

  • dinamico e non statico, dotato di una dimensione longitudinale e continua nella quale si costruiscono relazioni e significati;
  • prodotto e produttore di salute e malattia, e perciò può essere indagato con la lente dei determinanti sociali e delle disuguaglianze in salute;
  • il luogo di partecipazione, di interazione e di trasformazione agite da persone e comunità.

 L’obiettivo generale della territorializzazione è quindi, da un lato, produrre un impatto positivo sui livelli di salute e sulle condizioni di vita delle persone e, dall’altro, innovare le pratiche di salute e adeguare il modello di assistenza al contesto, affinché sia appropriato, sostenibile, risolutivo e rispondente alle priorità di uno specifico territorio. Con in mente questo quadro teorico e a partire dal maggio 2020, il Distretto Geoeducativo ha avviato il processo di territorializzazione del presidio JTH, che ha compreso le seguenti fasi:

  • una prima fase, dedicata all’analisi di fonti secondarie (come ad esempio dati demografici e sociali messi a disposizione dal Comune di Ferrara, il più recente Piano di Zona, ma anche etnografie realizzate nel quartiere da studenti/esse di antropologia dell’Università di Ferrara), che ha portato a una prima contestualizzazione sanitaria e sociale del territorio;
  • una seconda fase finalizzata alla raccolta dei dati primari e condotta attraverso l’osservazione sul campo, la quale ha fornito gli elementi utili a produrre una mappatura descrittiva del territorio (realizzata con strumenti online che ne permettono la condivisione);
  • una terza fase dedicata a interloquire con le persone che abitano o attraversano quotidianamente il territorio. Questo ha significato da una parte interagire con le persone incontrate durante i momenti esplorazione (domandando loro informazioni sui luoghi o su determinati servizi, presentandosi oppure semplicemente conversando), dall’altra organizzare incontri più strutturati con gli attori comunitari (fra i quali associazioni, cooperative, reti informali e figure chiave). In un momento successivo, la comunità ha risposto alle sollecitazioni indotte dal progetto e ha iniziato a collaborare più attivamente, condividendo il proprio punto di vista e la propria esperienza sul territorio.

Sebbene il processo di territorializzazione non sia stato scevro da criticità, i risultati che ha prodotto hanno recentemente portato l’équipe dell’ambulatorio JTH ad avviare un Laboratorio di Partecipazione Comunitaria, pensato come spazio per sviluppare una conoscenza e una risposta condivisa (tra cittadinanza e équipe) rispetto ai bisogni di salute di questa comunità.

L’esperienza dell’ambulatorio JTH è ancora molto giovane e le sue attività sono ancora incipienti: tuttavia, riteniamo che già oggi rappresenti un buon esempio di come innovare le pratiche dell’assistenza primaria in senso comunitario.

Le Autrici:

Desiree Barbetta, medica di famiglia e collaboratrice dell’ambulatorio Julian Tudor Hart

Martina Consoloni, antropologa e collaboratrice del Distretto Geoeducativo

Luisa Ghini, medica specializzanda in Medicina di Comunità e delle Cure Primarie e antropologa

Tutte le autrici fanno parte della Campagna PHC.

 

Bibliografia

[1] https://www.saluteinternazionale.info/2018/07/julian-tudor-hart-ricerca-clinica-e-passione-politica/

[2] https://www.coopcastello.org/

[3] https://2018phc.wordpress.com/

[4] https://www.saluteinternazionale.info/2021/10/il-libro-azzurro/

[5] https://sites.google.com/view/il-libro-azzurro-della-phc/home

[6] Frenk, J., Chen, L., Bhutta, Z. A., Cohen, J., Crisp, N., Evans, T., … & Zurayk, H. (2010). Health professionals for a new century: transforming education to strengthen health systems in an interdependent world. The Lancet, 376(9756), 1923-1958.

[7] Martino, A., Guimarães, C. F., Marta, B. L., Ferla, A. A., Sintoni, F., Nicoli, M. A. (2016) “La costruzione del Laboratorio Italo-Brasiliano di Formazione, Ricerca e Pratiche in Salute Collettiva come strumento di lavoro in salute tra Italia e Brasile”, in Prassi in salute globale: azioni condivise tra Brasile e Italia, Rede UNIDA/CSI-Unibo. Disponibile a: http://historico.redeunida.org.br/editora/biblioteca-digital/serie-saude-coletiva-e-cooperacao-internacional/prassi-in-salute-globale-azioni-condivise-tra-brasile-e-italia-pdf (ultima visualizzazione 23/08/2022).

[8] Colussi CF, Pereira KG. (2016) “Territorialização como instrumento do planejamento local na Atenção Básica”. Série Formação para a Atenção Básica. Departamento de Saúde Pública Universidade Federal de Santa Catarina. Disponibile a: https://ares.unasus.gov.br/acervo/html/ARES/13957/1/TERRITORIALIZACAO_LIVRO.pdf (ultima visualizzazione 23/08/2022).

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