AIFA, LA RIFORMA NON È NELL’INTERESSE GENERALE: lettera aperta Rete SWT

La riforma dell’AIFA

La Riforma dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) approvata dal Senato e successivamente dalla Camera, mette mano a meccanismi di funzionamento dell’Agenzia che, anche a parere di molti esperti, andavano riveduti e migliorati. Ciò che sorprende, tuttavia, è la fretta e frettolosità del processo di approvazione.

A prova di tanta fretta e scarsa voglia di discussione c’è innanzitutto il “curioso” inserimento della riforma dell’AIFA all’interno della conversione in legge del decreto legge 8 novembre 2022 numero 169, “Disposizioni urgenti di proroga della partecipazione di personale militare al potenziamento di iniziative della Nato, delle misure per il Servizio sanitario della regione Calabria nonché di Commissioni presso l’Aifa”. Procedura di approvazione rapida e all’interno di una legge che si occupa di tutt’altro. 

Inoltre, non c’è stato il  dibattito che tale riforma avrebbe meritato. Il ministro della salute Schillaci si è limitato a un commento positivo e peraltro completamento infondato. Il ministro, infatti, si compiace del fatto che grazie alla riforma il processo di approvazione dei dossiers diventerà più celere ed efficace. Ma il ministro dimentica che i processi di registrazione dei farmaci nei paesi europei vedono l’Italia fra i paesi che hanno tempi rapidi. Seppur dietro alla Germania, infatti, l’Italia si posiziona davanti, ad esempio, a Francia e Spagna.

Dunque, non c’era la necessità di velocizzare le approvazioni, anche se questa sembra essere l’unica ragione che, a parere del ministro, giustifica la riforma. Anche le opposizioni non sono state molto attive. E invece, di rilievi critici da fare, ce n’era più d’uno. 

Gli errori della riforma dell’AIFA

L’abolizione della figura del direttore generale, garante della autonomia tecnico-scientifica e dunque dell’indipendenza dell’agenzia, costituisce un serio vulnus alla indipendenza scientifica della Agenzia. Il nuovo assetto, infatti, affida tutto il controllo al solo presidente. In tal modo, questa figura assume in sé sia la funzione tecnica sia quella politica, prima separate, trasformando l’equilibrio fra dimensione politica e dimensione tecnica in un unicum monocratico.

Inoltre, la riforma abolisce le due commissioni – “tecnico- scientifica” e “prezzi e rimborsi” – integrandole in una unica “Commissione scientifica ed economica”. In questo modo, la valutazione dei farmaci non sarà più gestita da venti esperti indipendenti. Al loro post, soltanto dieci espeerti dovranno riassumere le competenze e la logica:

  • della valutazione e della vigilanza farmacologica
  • delle politiche dei prezzi e dei rimborsi.

Dunque, un duplice errore:

  • quello di condensare competenze difficilmente presenti nello stesso esperto
  • quello della sostanziale riduzione della capacità di lavoro dell’Agenzia che si esprimeva attraverso le due precedenti commissioni; ora tale capacità è ridotta, a seguito del dimezzamento del numero di soggetti deputati a svolgere il lavoro.

Il risultato del nuovo assetto

Il risultato di questo nuovo assetto è la limitazione della capacità di controllo dell’AIFA, secondo l’opinione di Silvio Garattini, presidente dell’Istituto di Ricerche “Mario Negri”. Anche secondo il farmacologo Nello Martini, presidente della Fondazione Ricerca e Salute, il nuovo assetto si traduce in un indebolimento della sua autonomia dalla politica.

L’attuale governo non perde occasione per affermare l’intenzione di non disturbare i volenterosi che “vogliono fare” e sviluppare l’economia del paese. Tuttavia, questo generico intento liberalizzatore riporta spesso alla vecchia formula “meno stato e più mercato” cara a tutti i governi fortemente orientati alla promozione del modello neoliberale.

Il dichiarato snellimento della “burocrazia inutile” si traduce di fatto in un sostanziale allentamento di ogni forma istituzionale di vigilanza, di controllo e di lotta al conflitto di interessi. Se per “meno inutili lacciuoli” intendiamo il sistematico smantellamento del controllo dello stato e delle istituzioni pubbliche su una incontrollata iniziativa privata e su interessi lobbistici di ogni tipo, allora questa riforma dell’AIFA altro non è se non l’affermazione della ridotta indipendenza della vigilanza sui farmaci e della relativa ricerca scientifica.

In verità, si tratta di un messaggio che favorisce un’aumentata dipendenza dagli interessi della industria farmaceutica, che, troppo spesso, non coincidono con quelli della popolazione generale e soprattutto dei malati che utilizzano i farmaci. L’industria farmaceutica potrebbe infatti gradire un’ agenzia di controllo sui farmaci meno ispirata ai rigori delle evidenze scientifiche e più sensibile alla libera commercializzazione dei farmaci, quelli utili ma anche quelli inutili o addirittura dannosi.

 

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