Psichiatria, ecco i 19 reparti dove non si lega nessuno. di Veronica Rossi

Su 318 Servizi psichiatrici di diagnosi e cura-Spdc, nel 2022 erano i soli che non applicavano la contenzione, secondo il censimento dell’associazione Club Spdc no restraint. La situazione è in continua evoluzione, perché demandata all’iniziativa dei singoli medici e minata dalla carenza di personale sanitario nella stragrande maggioranza delle strutture italiane

Pazienti che si agitano, legati ai letti contro la propria volontà, in reparti con porte chiuse a chiave, da cui non è possibile uscire. Immagini come questa ci fanno subito pensare ai manicomi, strutture di isolamento della follia che, di solito, nei nostri pensieri releghiamo a un passato meno civile. Non tutti sanno, però, che ancora adesso la contenzione è praticata nella stragrande maggioranza dei Servizi psichiatrici di diagnosi e cura – Spdc italiani. Secondo l’ultimo censimento effettuato dall’associazione Club Spdc no restraint, risalente al 2022, infatti, i reparti in cui non si lega sono solo 19 su 318. «Notiamo una tendenza al peggioramento», afferma Giovanni Rossi, già direttore del dipartimento di Salute mentale di Mantova e ora presidente dell’associazione, «anche i servizi storicamente no restraint fanno fatica. Di questo passo, rischia di saltar tutto».

La raccolta dei dati va fatta ogni anno, perché la situazione è in continua evoluzione. La sorte dei reparti, infatti, dipende dal medico che li dirige e dal suo gruppo di lavoro. «Da parte delle Regioni c’è un sostanziale disinteresse per la salute mentale, che si traduce in un definanziamento, ma anche in una delega ai direttore dei dipartimento», dice lo psichiatra. «Basti pensare che, in Lombardia, l’unico interlocutore della politica è il coordinamento dei primari». In un contesto come questo, però, se cambia l’équipe o c’è un avvicendamento nella dirigenza, il tipo di presa in carico degli Spdc rischia delle brusche virate. «A Livorno c’era uno degli storici reparti no restraint», racconta Rossi, «ma dopo l’ultimo cambio alla direzione, si è ricominciato a legare. Un signore, durante l’epidemia, è morto mentre era in una situazione di contenzione» (vicenda denunciata nel 2021, dall’ex primario Mario Serrano, ndr).

Giovanni Rossi
La salute mentale, tuttavia, dovrebbe essere – secondo l’esperto – una delle preoccupazioni principali della politica. «Le Regioni dovrebbero avere delle strutture che diano priorità a questo tema», afferma, «coinvolgendo tutti gli attori: i medici, ma anche altri operatori, pazienti, familiari, associazioni e volontari».

A mettere in difficoltà gli Spdc, sono anche i cambiamenti nell’organizzazione delle Aziende sanitarie. A Melegnano, comune nella città metropolitana di Milano in cui c’è un reparto no restraint, per esempio, sono confluiti anche i pazienti di Melzo, dove il servizio è stato chiuso. «Per ora l’Spdc resiste», commenta lo psichiatra, «ma hanno un bacino di utenza di circa 800mila persone, seguite diversi centri psicosociali». Per la carenza di personale, spesso i servizi – ormai in tutta la Penisola – si devono affidare a medici a gettone, liberi professionisti pagati profumatamente a ore per tamponare la scarsità di dottori all’interno degli ospedali. «Questa modalità è contraria a tutto quello che dovrebbe essere un servizio sanitario territoriale, soprattutto in psichiatria», chiosa Rossi, «in cui l’intervento è tanto più efficace quanto più lo specialista conosce il contesto in cui lavora. Per trattare con le persone affette da disturbi mentali, ma anche con gli altri pazienti, anche conoscere la cultura locale o il dialetto può fare la differenza».

In questo contesto in cui gli Spdc sono in difficoltà, si crea anche una discrepanza tra l’attività dei Centri di salute mentale – Csm e quello che succede all’interno dei reparti dedicati all’emergenza. «In alcuni territori ci sono attività riabilitative e di recovery, con buone reti sociali», afferma lo psichiatra, «ma, nel momento dell’acuzie, c’è la contenzione e un approccio depersonalizzante. È come se si costruisse un rapporto di fiducia, ma lo si tradisse nel momento di maggior bisogno». Non tutti gli operatori, tuttavia, si accorgono di questa dinamica. Ma i basagliani non demordono. «Tutto ciò che abbiamo fatto, l’abbiamo sempre ottenuto pur essendo minoranza», conclude Rossi. «Anche all’epoca della Legge 180 la maggior parte dei medici non era per la riforma. Si è portato avanti delle idee che hanno avuto un grosso sostegno da parte dell’opinione pubblica».

Gli Spdc no restraint, nel 2022 erano a:

Caltagirone (CT)
Carpi (MO)
Castiglione delle Stiviere (MN)
Grosseto
Mantova
Melegnano (MI)
Merano (BZ)
Parma
Pescia (PT)
Pordenone
Prato
Ravenna
San Bonifacio (VR)
San Giovanni in Persiceto (BO)
San Severo (FG)
Siena
Terni
Trento
Trieste
Udine

fonte: Vita

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