NHS, il paziente inglese. di Gavino Maciocco

Il NHS è malato, titola Lancet. Le radici della situazione di sofferenza del Servizio sanitario britannico affondano nelle politiche del governo conservatore che da anni ha ridotto al minimo gli investimenti nel settore pubblico, privilegiando quello privato spingendo i pazienti a rivolgersi alle cliniche private, anche tramite assicurazioni. Non mancano poi gli effetti perniciosi della Brexit.

Lyn Brind, una donna di 61 anni, è stata portata al Queen Elisabeth Hospital di King’s Lynn (Norfolk) a causa di una grave crisi respiratoria ma è rimasta in attesa per oltre 4 ore fuori del Pronto soccorso (Accident&Emergency – A&E), a bordo dell’ambulanza senza ricevere l’assistenza necessaria. Quando finalmente è arrivato il suo turno, era ormai troppo tardi: 22 minuti dopo, scrive il The Guardian, la paziente è morta.  Il quotidiano londinese aggiunge che nello scorso mese di dicembre 57mila pazienti sono rimasti ad aspettare a lungo fuori dei Pronto soccorso, 6mila dei quali in condizioni critiche. Secondo il Royal College of Emergency Medicine sarebbero tra 300 e 500 i decessi settimanali nel Regno Unito causati dal sovraffollamento e dai lunghi tempi da attesa nei Pronto soccorso.

“Il National Health Service (NHS) ha 75 anni e non sta bene, si legge nell’editoriale di Lancet dello scorso 28 gennaio. I pazienti con sospetto infarto attendono l’ambulanza cinque volte di più rispetto all’obiettivo di 18 minuti. Nel 2022, 347 707 pazienti hanno trascorso più di 12 ore nei Pronto Soccorso in attesa di un posto letto, il quadruplo rispetto ai 10 anni precedenti messi insieme. L’eccesso di morti nel 2022 è stato il più alto degli ultimi 50 anni (…) Alla base di questo rapido deterioramento della situazione c’è la concomitanza di problemi cronici e acuti.  I sintomi erano già presenti da almeno il 2015, ma sono stati mal diagnosticati e non trattati. Gli investimenti insufficienti, la carenza di personale e la cattiva gestione del sistema sono stati esacerbati dalla profonda demoralizzazione e dal burnout del personale del NHS, dall’aumento della domanda di servizi e dall’impennata invernale di COVID-19 e influenza. La salute della popolazione è stata trascurata, lo stallo dell’aspettativa di vita e le enormi difficoltà del sistema di assistenza sociale sono stati ignorati”.

Figura 1. La speranza di vita alla nascita nel Regno Unito nel 2018-2020 è tornata ai livelli del 2012-2014 per i maschi ed è simile a quella del 2015-2017 per le femmine.

Le radici della situazione di sofferenza del NHS affondano nelle politiche del governo conservatore che da anni ha ridotto al minimo gli investimenti sul settore pubblico, privilegiando quello privato spingendo i pazienti a rivolgersi alle cliniche private, anche tramite assicurazioni private. Il dato più impressionante della crisi è il progressivo impoverimento della manodopera  pubblica, sanitaria e sociale, che sta alla base dell’insopportabile dilatazione dei tempi di attesa (non solo quelli davanti ai Pronto soccorso: il numero di persone in attesa di una cura o di un intervento chirurgico di elezione all’aprile 2022 era di 6,5 milioni contro i 3,2 milioni del settembre 2015). Così insopportabile da richiedere l’istituzione di una commissione d’inchiesta della Camera dei Comuni, che lo scorso luglio ha reso pubblico un Rapporto dal titolo “Workforce: recruitment, training and retention in health and social care”  che si apre con questa categorica affermazione: “Il NHS e il settore dell’assistenza sociale stanno affrontando la più grave crisi del personale della loro storia”. Nel Rapporto si legge che al settembre 2021 erano vacanti 99.460 posti nel NHS e 105.000 nel settore sociale (gestito dalle amministrazioni comunali): in particolare nella sanità mancavano all’appello 12 mila medici ospedalieri, 6 mila medici di famiglia e 50 mila tra infermieri e ostetriche.

E poi ci sono gli effetti deleteri della Brexit che ha innalzato barriere spesso insormontabili per l’accesso nel Regno Unito di personale sanitario e sociale straniero. Il Regno Unito ha da sempre fatto affidamento sugli stranieri per ricoprire posti vacanti di medici, soprattutto medici di famiglia, infermieri e operatori sociali, ma ora le procedure per stranieri che cercano di ottenere il visto per lavorare in UK sono, per ammissione della commissione parlamentare,  “lengthy and opaque, complex, difficult and expensive with potential inconsistencies, and in need of regulatory reform to make it proportionate and streamlined to assist in ethical overseas recruitment”.  Insomma, un disastro. Il massimo dell’incongruenza (inconsistency) si registra nell’arruolamento del personale sociale: qui per ottenere il visto è necessario essere in possesso di un contratto di lavoro con un reddito annuale non inferiore a 20.840 sterline, quando il reddito medio nazionale di questi operatori è di molto inferiore, 17.900 sterline. (Vedi post L’anima smarrita del NHS).

A tutto ciò va aggiunto il problema della crescita del costo della vita (e relativo tasso di inflazione) esploso nel 2022 e provocato dall’aumento del prezzo dell’energia e di altri beni di consumo. Tale crescita – del 9-10% – nel Regno Unito è stata tra le più alte in Europa e ha suscitato un’ondata di proteste e di scioperi che ha interessato anche il settore sanitario, in particolare gli infermieri e le ambulanze.

Che fare

Prima di tutto – afferma Lancet – va sgombrato il campo da alcune tendenze e posizioni politiche che lungi dall’essere la soluzione del problema, aggraverebbero ulteriormente la situazione. Tra queste l’idea che l’attuale modello del NHS sia insostenibile e necessiti di un cambiamento radicale e di un’ulteriore spinta in direzione del privato, con pagamenti integrativi e maggiori contributi degli utenti, come ha recentemente rivelato l’ex segretario alla sanità Sajid Javid. Questa visione è profondamente sbagliata, osserva Lancet. Con il giusto approccio, il SSN è sostenibile e deve mantenere il principio di fornire assistenza gratuita nel momento del bisogno, che è il fondamento di una società giusta. Altra idea che Lancet respinge è quella che individua nella scarsa produttività del sistema sanitario la causa della crisi: questo è fraintendere gravemente lo scopo della sanità, che non è una fabbrica, giudicata secondo rozze metriche di efficienza, ma un servizio basato sulla cura, sulla compassione e sulla qualità. Continuare a concentrarsi sul fare relativamente di più con relativamente di meno è pericoloso e ovviamente dannoso.

A breve termine – secondo Lancet – ci sono due rimedi. In primo luogo, il governo deve riconoscere che il servizio sanitario nazionale è in crisi, a cui deve provvedere con un’azione urgente e senza precedenti di iniezione di nuove risorse. In secondo luogo, il governo deve dare un chiaro messaggio al personale del NHS riguardo alle retribuzioni, al nuovo piano di assunzioni e al miglioramento delle condizioni di lavoro. A sua volta, il NHS deve ammettere di avere in casa un enorme problema culturale: la pervasività di razzismo, sessismo, bullismo, molestie e conflitti. La cultura tossica del lavoro è un motivo spesso citato per lasciare il NHS e ha un impatto negativo sulla cura del paziente. A lungo termine, gli investimenti nella sanità pubblica e nella prevenzione devono essere intensificati come il modo principale per ridurre la domanda sul NHS. Il governo deve abbandonare le iniezioni di denaro a breve termine e utilizzare finanziamenti basati sulle tasse per ottenere aumenti sostenuti e prevedibili delle sue risorse. In questo modo, il NHS può ripartire con investimenti in personale, strutture e tecnologia. Il NHS deve impegnarsi nel rapido sviluppo dell’innovazione e nell’adozione di nuovi modelli di lavoro che non dovrebbe essere bloccata dalle visioni tradizionali su ruoli e responsabilità. Qualsiasi cosa è meglio dell’attuale modello di assistenza sociale, che monetizza la vulnerabilità, arricchisce pochi fornitori e lascia che più di un quarto del personale del servizio sociale viva in povertà.  La negligente gestione del NHS – conclude l’editoriale di Lancet – ha messo in ginocchio i servizi. Contrariamente alla narrazione popolare ci sono iniziative che si possono prendere velocemente e con successo. Non ultima, valorizzare e rimoralizzare il personale del NHS che ha la responsabilità di proteggere la salute della nazione colpita da una crisi economica senza precedenti che sta aggravando le diseguaglianze e gettando migliaia di persone nella povertà e nella precarietà.

In difesa del NHS e dei suoi valori originari interviene Gordon Brown, figura storica laburista, ministro dell’economia dal 1997 al 2007 e primo ministro dal 2008 al 2010, con un articolo sul Guardian dello scorso 23 gennaio, dove si legge, fra l’altro:

“In qualità di ministro dell’economia a suo tempo affermai che il rifinanziamento del NHS voluto dai laburisti – un aumento medio annuo del 6,3% in termini reali tra il 2000 e il 2010 – avrebbe dovuto essere rivisto ogni decennio. Questo non è successo sotto i conservatori e le conseguenze sono visibili a tutti noi. Ma le pressioni che il NHS deve affrontare rendono ancora più forte la necessità di un pieno finanziamento del servizio sanitario nazionale e mostrano perché questo è da preferire all’assicurazione sociale di tipo europeo o all’assicurazione privata.

Le ragioni sono chiare. Nessuno sa in anticipo chi di noi o dei nostri familiari avrà bisogno di interventi medici o ricoveri ospedalieri, i cui costi potrebbero ammontare a centinaia di migliaia di sterline. Un sistema che garantisca una copertura completa pagata dalla tassazione generale e che ripartisca i costi su tutta la popolazione è la migliore polizza assicurativa che potremmo immaginare – e in effetti, se adeguatamente finanziata, è destinata a essere la migliore al mondo.

Un tale sistema assicurativo nazionale è meglio attrezzato per far fronte a pressioni ancora maggiori derivanti da ulteriori progressi nelle conoscenze mediche. Poiché il DNA fornisce agli assicuratori privati ​​maggiori informazioni sulla suscettibilità di ogni persona alle malattie, le aziende saranno riluttanti a coprire le fasce della popolazione più a rischio, se non a costi esorbitanti. È questa nuova realtà, derivante da benvenute scoperte scientifiche, che rende ancora più importante la messa in comune dei rischi e la condivisione dei costi in tutto il Regno Unito.

Anche in queste circostanze, i conservatori possono preferire, per una questione di ideologia, un settore privato che funziona in modo inefficiente a un servizio pubblico che funziona bene. In effetti, i neoliberisti sembrano trovare più gioia in una persona che si iscrive a Bupa (la più importante compagnia assicurativa UK, ndr) che in 60 milioni di persone che utilizzano il servizio sanitario nazionale. Ma ciò che sappiamo dalle crescenti pressioni dovute alle disuguaglianze nella salute, dal rivoluzionario lavoro di Michael Marmot, dovrebbe spostare il centro della nostra attenzione da questo baraccone ideologico di tariffe e assicurazioni private alla necessità di affrontare la povertà e gli altri determinanti sociali della cattiva salute . È attaccando e sradicando le cause della malattia che faremo di più per ridurre le liste di attesa e le pressioni sul settore ospedaliero”.

fonte: saluteinternazionale.info

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