L’Europa al voto sulla nuova direttiva della qualità dell’aria. di Luca Carra

Si attende per il 13 settembre il voto del Parlamento europeo (e successivamente del Consiglio d’Europa) – avvenuto: vedi esito – sulla nuova Direttiva europea sulla qualità dell’aria, che aggiorna i limiti degli inquinanti atmosferici consentiti e li avvicina a quelli stabiliti dall’OMS nel 2021. Le resistenze ai nuovi obiettivi, provenienti principalmente dal mondo dell’industria e da interessi economici consolidati in certe regioni, rendono l’esito del voto incerto; tuttavia, non ci sono serie ragioni scientifiche, né tantomeno politiche, per opporsi o tentare di annacquare i limiti più ambiziosi proposti dalla nuova direttiva.

La nuova Direttiva europea sulla qualità dell’aria, in discussione in questi giorni al Parlamento europeo, aggiorna i limiti di concentrazione dei principali inquinanti atmosferici avvicinandoli a quelli stabiliti dalle nuove linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità (2021). L’esito del voto, previsto per il 13 settembre, è incerto. La nuova legge proposta dalla Commissione europea a ottobre 2022 disegna diverse opzioni di standard di qualità dell’aria da raggiungere nel 2030 per raggiungere quindi l’obiettivo “inquinamento zero” al 2050, propendendo per uno scenario intermedio considerato più realistico. La Commissione Envi (Ambiente) del Parlamento europeo, a fine giugno 2023, ha invece votato a maggioranza l’ipotesi più cautelativa di adottare già nel 2030 le soglie OMS (vedi qui). A loro volta, le forze politiche di centro e di destra presenti in Parlamento hanno presentato diversi emendamenti che annacquano i limiti degli inquinanti e in alcuni casi allungano i tempi per raggiungerli: dal 2030 fino al 2040, “aggiustando” l’articolo di legge che consente alle regioni europee più inquinate (fra cui la Pianura Padana) di posporre di 5 anni il rientro nei limiti di legge.

Insomma, la scienza ha detto la sua, ora la politica decide. Il 13 con un voto del Parlamento, e successivamente con quello del Consiglio d’Europa. Comunque vada a finire, diremo addio alla “vecchia” Direttiva sulla qualità dell’aria del 2008 per adottarne una che quanto meno si pone l’obiettivo di ridurre virtualmente a zero il numero di morti premature e di malati da inquinamento atmosferico.1

Limiti più stringenti per ridurre i danni alla salute e all’ambiente

La riduzione dei principali inquinanti dell’aria – soprattutto particolato fine (PM10 e PM2.5), biossido di azoto (NO2) e ozono (O3) – va di pari passo con il processo di azzeramento netto delle emissioni di gas serra del Green Deal europeo. Come questo, infatti, anche la strategia europea di riduzione dell’inquinamento atmosferico si dovrebbe scandire in due tappe principali: più che dimezzare (-55%) le morti premature attribuibili all’inquinamento in Europa entro il 2030, e ridurre gli inquinanti a concentrazioni trascurabili dal punto di vista sanitario entro il 2050. Attualmente le morti premature attribuibili in Europa all’inquinamento atmosferico sono circa 300.000 (in Italia circa 50.000), e molte di più le persone che si ammalano di patologie respiratorie come asma, bronchite cronica e tumore al polmone; cardiache, come scompenso o infarto, ma anche diabete, esiti riproduttivi come basso peso alla nascita e condizioni neurologiche come difficoltà cognitive e demenze.

Con in mente i danni sanitari ma anche le conseguenze ambientali sugli ecosistemi dell’inquinamento (per esempio l’eutrofizzazione da azoto e i danni alle colture da ozono), la nuova direttiva della qualità dell’aria alza l’asticella stabilendo, fra le varie cose, i limiti di concentrazione di 12 diversi inquinanti, che diventeranno operativi nel 2030.2

I nuovi limiti

Vediamo cosa propone la nuova direttiva, considerando almeno i due inquinanti principali, PM2,5 e NO2: il documento europeo si avvale di una approfondita valutazione di impatto che disegna ben 19 opzioni al 2030, ma che si possono per semplicità ridurre a tre scenari: il più ambizioso ricalca i valori-guida dell’OMS di 5µg/m3 (microgrammi su metro cubo) per il PM2.5 e di 10 µ/m3 di NO2; lo scenario intermedio fissa 10 µg/m3 per il PM2.5 e 20 µg/m3 per NO2, che nel terzo scenario salgono rispettivamente a 15 µ/m3 e a 30µg/m3.

Tutte e tre le azioni sono migliorative rispetto ai limiti della direttiva attuale, di 25 µg/m3 per il PM2.5 e di 40µg/m3 per l’NO2. Ovviamente le sostanze sono molte di più e il quadro dei limiti più articolato, come si può vedere nella tabella qui sotto.

Standard di qualità dell’aria per i diversi inquinanti, rispettivamente dell’attuale direttiva europea (2008), delle linee guida OMS (2021), e delle tre principali opzioni prese in considerazione nello studio di impatto della Commissione europea per la scelta dei limiti della nuova direttiva al 2030 (quella della attuale proposta di direttiva corrisponde alla penultima colonna, intermedia fra l’opzione più ambiziosa in quanto identica alle linee guida OMS (a sinistra) e quella meno stringente (ultima a destra). Fonte: European Commission.

Oltre a fissare nuovi limiti e altri parametri,3 la direttiva in discussione indica miglioramenti della rete di monitoraggio, propone controlli e tempi più stringenti ai piani di rientro dei paesi che non rispettano tali limiti, e per la prima volta consente richieste di compensazione alle vittime dell’inquinamento.

Chi è contrario alle opzioni politiche più ambiziose della nuova direttiva?

Le resistenze ai nuovi obiettivi provengono principalmente dal mondo dell’industria e da interessi economici consolidati in certe regioni. Si pensi per esempio all’industria del carbone e degli altri fossili, ma anche agli allevamenti intensivi, responsabili della quasi totalità delle emissioni di ammoniaca (NH3), proveniente dai liquami animali, che combinandosi con gli ossidi di azoto forma il particolato secondario. Ma sono anche alcune amministrazioni regionali come la Lombardia, il Piemonte, il Veneto e l’Emilia-Romagna, che già oggi faticano e rientrare nei limiti attuali e che temono di non poter rispettare a maggior ragione i nuovi limiti.

Tuttavia, a leggere la ricchissima documentazione scientifica preparatoria alla nuova direttiva (scaricabile da questo link), la sfida di portare anche le aree più critiche come la Pianura Padana a una situazione sanitaria e ambientale più accettabile non è affatto impossibile. E sarebbe anche conveniente dal punto vista economico, in ragione della minore mortalità e morbilità, e dai minori impatti sugli ecosistemi, che sommano benefici quantificabili in circa 30-40 miliardi di euro a fronte di costi pari a circa 4-7 miliardi di euro per l’anno 2030.

Missione impossibile? Non sembra

Ma tutto questo è tecnicamente fattibile? Secondo la Commissione sì. La prima cosa che va rilevata è che le soglie degli inquinanti della direttiva attuale sono già rispettati dalla grande maggioranza degli Stati membri, segno che la direttiva risalente al 2008 è servita, e che oggi la popolazione europea è esposta a concentrazioni molto inferiori a quella di dieci anni fa. Come scrive la valutazione di impatto preparatoria alla nuova direttiva: «Nel 2020, le concentrazioni di particolato fine (PM2,5) sono risultate superiori al valore limite annuale dell’UE almeno in un punto di campionamento in tre Stati membri. Tali concentrazioni superiori al valore limite sono state registrate nel 2% di tutte le stazioni di rilevamento e si sono verificate principalmente nelle aree urbane o suburbane. Per quanto riguarda il biossido di azoto (NO2), sette Stati membri dell’UE hanno registrato concentrazioni superiori al valore limite annuale, con superamenti nel 2% di tutte le stazioni di rilevamento».

I dati mostrano come, nonostante la crescita del PIL in Europa l’esposizione agli inquinanti si è ridotta. Peraltro una riduzione delle concentrazioni degli inquinanti si rileva anche a livello globale, almeno a partire dal 2011.4

Tuttavia, nonostante questi progressi, i valori della direttiva attuale non garantiscono affatto di non ammalarsi e morire di inquinamento, e vanno quindi adeguati progressivamente a valori da 3 a 5 volte inferiori, come dispongono le linee guida dell’OMS.

Il caso della Pianura Padana

La Pianura Padana, insieme ad alcune aree dell’Europa orientale, rappresenta un’area critica, sia per il persistere di forti emissioni, sia per le condizioni di stagnazione atmosferica che la caratterizzano.

Concentrazione di PM2.5 al 2020 in Europa. Fonte: European Commission.

Per questo il rapporto di valutazione di impatto della Commissione europea ha dedicato a essa una serie di simulazioni delle concentrazioni degli inquinanti in base a diversi scenari di intervento. Anche nel bacino del Po si assiste infatti da anni a una riduzione degli inquinanti in concomitanza con i piani locali di qualità dell’aria voluti dalla direttiva attuale, e che sembrano rendere possibile rispettare i nuovi limiti in meno di un decennio. Oltre alle misure previste dai diversi piani di decarbonizzazione del Green Deal, il Fit for 55 e il Repower EU, servono però interventi strutturali, in particolare:

  • azioni decise nel contrastare il traffico, soprattutto dei vecchi veicoli Diesel (responsabili della gran parte delle emissioni di NO2),
  • interventi per ridurre progressivamente a zero la combustione di biomassa, che costituisce ancora oggi il 20% del riscaldamento nell’area del bacino del Po e incide sulla produzione di particolato e composti organici volatili non metallici (NVOC).
  • azioni per ridurre le emissioni di ammoniaca da attività agricole e zootecniche che contribuiscono pesantemente alla formazione del particolato fine secondario.

Serie temporale dei fattori di emissione di PM10 e NOx e del numero di veicoli pesanti e Diesel nel bacino del Po. Il PM10c è da gas di scarico, il PM10w è da usura freni, gomme, ecc. Fonte: Alessandro Marongiu et alAtmospheric Emission Sources in the Po-Basin from the LIFE-IP PREPAIR ProjectScientific Reports.

Come risulta evidente anche scorrendo le figure qui sotto, le simulazioni degli esperti della Commissione europea mostrano anche per la Valle del Po un’evoluzione verso un’Europa più pulita e più sana, come chiedono sempre più insistentemente nelle varie rilevazioni demoscopiche cittadini e stakeholder europei.

Da sinistra a destra e dall’alto in basso, concentrazioni medie annue di PM2.5 in Pianura Padana, al 2020 (primo riquadro in alto), a cui fanno seguito scenari al 2030, via via più stringenti. Fonte: European Commission.

Come sostiene la Società europea respiratoria in un position statement appena pubblicato, «Le linee guida dell’OMS per la qualità dell’aria per il 2021 hanno avuto il coraggio di fissare raccomandazioni straordinariamente basse per le concentrazioni medie annue di PM2,5 e di NO2, rispettivamente cinque e quattro volte inferiori agli attuali valori limite dell’Unione Europea. Pertanto, l’allineamento dei nuovi standard di qualità dell’aria dell’UE alle linee guida dell’OMS rappresenta un’opportunità storica per realizzare una strategia chiave di prevenzione sanitaria. Questo eviterebbe danni sostanziali alla salute legati al rallentamento del riscaldamento globale, ma soprattutto si tradurrebbe in guadagni immediati per la salute in termini di riduzione degli impatti sanitari dovuti alla cattiva qualità dell’aria».

Non ci sono quindi serie ragioni scientifiche, e tantomeno politiche, per opporsi o tentare di annacquare i limiti più ambiziosi proposti dalla nuova direttiva europea, che al più tardi per metà secolo dovranno cancellare il pesante bilancio di morti e malati da inquinamento.

Note

  1. Le direttive sulla qualità dell’aria fanno parte di un quadro politico globale per l’aria pulita che si basa su tre pilastri principali. Il primo è costituito dalle direttive sulla qualità dell’aria, che stabiliscono standard di qualità per quanto riguarda i livelli di concentrazione di 12 inquinanti atmosferici. Il secondo è la Direttiva sulla riduzione delle emissioni nazionali di alcuni inquinanti atmosferici (Direttiva NEC), che definisce gli impegni di ciascuno Stato membro per ridurre le emissioni dei principali inquinanti atmosferici e dei loro precursori, agendo all’interno dell’UE per ottenere una riduzione congiunta dell’inquinamento transfrontaliero. La terza consiste in politiche che stabiliscono standard di emissione per le principali fonti di inquinamento atmosferico, come i veicoli per il trasporto su strada, gli impianti di riscaldamento domestico o gli impianti industriali.
  2. Si tratta di: particolato (PM2,5 e PM10), biossido di azoto (NO2, compresi gli NOx), ozono (O3), biossido di zolfo (SO2), monossido di carbonio (CO), benzene (C6H6), benzo(a)pirene (BaP), piombo (Pb), arsenico (As), cadmio (Cd), nichel (Ni).
  3. La direttiva privilegia i limiti oltre i quali scattano piani di rientro e eventualmente sanzioni. Ma prevede anche altri paramentri, come soglie di attenzione e allarme, obiettivi a lungo termine e, di particolare importanza, gli obiettivi di riduzione dell’esposizione media della popolazione ai vari inquinanti.
  4. Secondo uno studio appena pubblicato su Nature Communications, dati satellitari e al suolo in tutto il globo mostrano che «l’esposizione globale al PM2,5 ponderata per la popolazione (PW), correlata sia ai livelli di inquinamento che alle dimensioni della popolazione, è aumentata dal 1998 (28,3 μg/m3) a un picco nel 2011 (38,9 μg/m3) e in seguito è diminuita costantemente (34,7 μg/m3 nel 2019)». Chi Li et al. Reversal of trends in global fine particulate matter air pollution. Nat Commun 14, 5349 (2023). https://doi.org/10.1038/s41467-023-41086-z

fonte: https://www.scienzainrete.it/articolo/leuropa-al-voto-sulla-nuova-direttiva-della-qualit%C3%A0-dellaria/luca-carra/2023-09-11

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