Salute Mentale. La presa in carico può essere garantita solo da centralità del servizio pubblico. di Massimo Cozza

Il Rapporto Salute Mentale 2022 del Ministero della Salute è ricco di dati, ma da una prima lettura si possono trarre quattro considerazioni generali.

La prima considerazione è rappresentata dalla conferma della limitata capacità del servizio pubblico di poter dare risposte alle persone con disturbi mentali. Il numero di pazienti con almeno un contatto nell’anno con le strutture del Dipartimento di Salute Mentale (DSM) e le strutture private accreditate ammonta a 776.829 unità, mantenendo sostanzialmente un dato costante negli anni, con un lieve decremento nel periodo pandemico, che è stato sempre ben al di sotto di 1 mln, distante da una stima di circa 4 milioni di persone con disturbi mentali in Italia.

Le ragioni possono essere individuate certamente nella carenza dell’offerta, ma anche nel pregiudizio e nello stigma che ancora costituiscono una barriera all’accesso ai servizi. C’è anche da considerare che una parte delle persone si può rivolgere ai medici di medina generale, un’altra parte al privato, ma tanti altri rimangono senza assistenza.

Va comunque rilevato che nella fascia 18-24 anni si registra un aumento dell’incidenza dei nuovi casi in linea con le denunce di un aumento del disagio mentale giovanile, ma il sistema di rilevazione non registra le attività di sotto dei 18 anni e la stragrande maggioranza degli utenti prevalenti nei DSM è superiore ai 24 anni.

La seconda considerazione è strettamente correlata alla prima e riguarda l’aumento significativo delle persone con disturbi mentali che si rivolgono agli ospedali. Nel 2022 il numero degli accessi al pronto soccorso per patologie psichiatriche è cresciuto di circa il 15% rispetto all’anno precedente e sono aumentate del 9,58% le dimissioni dalle strutture psichiatriche ospedaliere (pubbliche e private).

Se aggiungiamo l’esito a domicilio del 72,3% del totale degli accessi in Pronto Soccorso per problemi psichiatrici, appare evidente che a fronte di un problema di salute mentale, anche di natura lieve, i cittadini non trovano risposte soddisfacenti nel territorio, dai medici di medicina generale ai servizi territoriali di salute mentale, e si recano negli ospedali.

A completamento di queste due prime considerazioni possiamo aggiungere una carenza sul campo di circa 10mila operatori dei DSM, fermi a 30.101 unità, con la consapevolezza che una salute mentale comunitaria si dovrebbe fondare sulla relazione, in primo luogo tra operatori e utenti.

Una terza considerazione è correlata al dato che si può rilevare in più parti del Rapporto di un aumento delle persone con depressione. In particolare, la spesa lorda complessiva per gli antidepressivi è cresciuta rispetto al 2021 di circa 2 mln arrivando alla cifra di oltre 400 mln, con un aumento delle confezioni di circa il 16% e la depressione presenta il più alto tasso di incidenza dei nuovi utenti per gruppo diagnostico (12,1 per 10.000 abitanti).

La quarta considerazione, la più importante in termini di politiche pubbliche di salute mentale, è correlata al costo dell’assistenza psichiatrica fermo al di sotto del 3% (2,72% nel 2022) del fondo sanitario nazionale, rispetto al 5% già condiviso nel 2001 dai Presidenti delle Regioni.

In termini assoluti nel 2022 si registra un costo dell’assistenza psichiatrica di circa 3mld e 480mln a fronte di una spesa complessiva di 127 mld e 834mln, il 5% della quale è di circa 6mld e 400 mln. In sostanza nel 2022, ipotizzando la percentuale del 5%, registriamo un buco di quasi 3 mld.

In conclusione, da una un punto di vista più tecnico il Rapporto andrebbe integrato con i dati relativi ai minori, completando l’iter del nuovo sistema di rilevazione, in considerazione dell’emersione, in particolare dopo la pandemia, di un profondo disagio giovanile con un aumento dei disturbi mentali.

Altresì, andrebbero anche rilevate le tante esperienze regionali sull’abitare, con una nuova progettualità nazionale in materia, dove l’appartamento non è una struttura, ma una civile abitazione di co-housing, che può essere fondamentale per la realizzazione di una salute mentale comunitaria. I progetti di recovery personalizzati dovrebbero essere adottati direttamente dalle Asl, anche con il supporto della cooperazione sociale, individuando le possibili esperienze di supporto all’abitare inserite nel tessuto sociale, superando quando possibile la logica della istituzionalizzazione che registra un aumento nel 2022 di circa mille utenti nelle strutture residenziali psichiatriche residenziali, arrivando a 28.738 unità.

Da un punto di vista più generale si può concludere affermando che la tutela della salute mentale non può che essere centrata su una rete pubblica, con il cuore pulsante dei DSM.

A fronte di una persona con disturbi mentali gravi, la risposta più appropriata è una presa in carico multifattoriale (biologica, psicologica e sociale) che non è offerta dal sistema assicurativo né può essere realizzata dal solo privato. Può essere garantita solo dalla centralità del servizio pubblico, con un piano complessivo integrato sociale e sanitario, con le giuste risorse, con percorsi appropriati, con operatori pubblici formati, partendo sempre dalla unicità e dalla complessità della persona con disturbi mentali e dai suoi diritti di cittadinanza.

fonte: https://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=117550

Massimo Cozza – Direttore Dipartimento di Salute Mentale ASL Roma

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