La visione “ospedalocentrica” ce l’hanno i cittadini e la responsabilità è di tutti. di Claudio Maria Maffei

Nella puntata dell’8 gennaio scorso di XXI Secolo, il programma ideato e condotto da Francesco Giorgino, oltre ad esserci stata una lunga intervista al Ministro Schillaci sintetizzata proprio ieri qui su Qs, sono stati presentati i dati di una analisi delle interazioni in rete degli italiani sul tema della sanità fatta da Arcadia e presentata da Domenico Giordano. La parola chiave più utilizzata dagli italiani in rete nella settimana dal 4 dicembre al 4 gennaio è risultata “Ospedale” con 1.100.000 interazioni, seguita con enorme distacco da Sanità Pubblica con 74.100 interazioni. Tornano di nuovo al terzo posto gli ospedali con la parola chiave “posti letto”.

Al di là degli aspetti metodologici della indagine, che non ho la capacità di valutare, rimane il dato eclatante della centralità del ruolo dell’ospedale nel modo in cui i cittadini percepiscono la sanità. Questo dato conferma che poco è cambiato nella visione che gli italiani hanno della offerta di servizi che lo Stato deve dare dei cittadini dai tempi della triade “case, scuole, ospedali” di Giuseppe Saragat. Purtroppo questa visione “ospedalocentrica”, che vince tra i cittadini per abbandono più che per distacco rispetto ad esempio ai temi della prevenzione e della presa in carico della cronicità, si trascina dietro molti effetti negativi.

Non è questa la sede in cui riprendere il dibattito del rapporto tra ospedale e territorio, per cui do per scontato che chi legge (grazie!) concordi, me compreso, sul fatto che una rete ospedaliera adeguata, anche in termini di posti letto, è indispensabile per far fronte ai problemi di salute dei cittadini. E questo in periodi epidemici come quello attuale lo si avverte ancora di più. Ma è altrettanto scontato in questa sede affermare che gran parte dei problemi di salute del nostro Paese, e degli altri Paesi genericamente assimilabili al nostro quanto a livello socio-economico, vadano affrontati a livello di territorio e quindi, per parlare il linguaggio dei Livelli Essenziali di Assistenza, di prevenzione collettiva e sanità pubblica, di assistenza distrettuale e di assistenza sociosanitaria, gli altri tre macrolivelli rispetto alla assistenza ospedaliera.

La visione ospedalocentrica dei cittadini si associa alla analoga visione della politica, in un rapporto in cui non si sa se sia venuta prima l’una o l’altra. In pratica il famoso discorso dell’uovo e della gallina, in cui peraltro pare che sia nato prima l’uovo. Questa visione ospedalocentrica da parte della politica ha effetti molto concreti nel sottofinaziamento relativo (chiamiamolo così) in gran parte delle Regioni dei tre macrolivelli territoriali dei LEA. In pratica, in un sistema sanitario sottofinanziato in generale, il territorio è ancor più sottofinanziato come dimostrano i dati, a solo titolo di esempio, del Rapporto Salute Mentale annuale del Ministero o sullo stato dei consultori denunciato pochi giorni fa da la Repubblica e sullo stato dei Dipartimenti di Prevenzione emerso in modo clamoroso ai tempi iniziali della pandemia.

La visione ospedalocentrica si trascina dietro delle vere e proprie distorsioni nella risposta razionale ai due problemi drammatici più sentiti dai cittadini e più coperti dai media del sovraffollamento dei Pronto Soccorso e dell’allungamento della lista di attesa. Due problemi che trovano la loro principale (non unica, sia chiaro) causa nella debolezza organizzativa e ancor prima culturale del territorio e che hanno invece l’unico tentativo di risposta nell’incremento della offerta specialistica.

La stessa visione ospedalocentrica si trascina dietro poi la incapacità di applicare prima e adeguare dopo il Decreto Ministeriale 70, oggetto di un gruppo di lavoro ministeriale uscito dai radar nonostante la sua incredibile numerosità, come ricordato in un editoriale qui su Qs dal Direttore proprio qualche giorno fa. Visione che si associa “sul campo” alla riapertura di alcuni piccoli ospedali di particolare interesse elettorale con la contestuale trasformazione delle Case della Comunità in poliambulatori specialistici, vicenda che vede ad esempio protagonista la Regione Marche, modello della sanità Meloniana (per saperne di più al riguardo leggere qui).

A mio parere questo ospedalocentrismo non è un fenomeno “di ritorno”, ma è parte “strutturale” del modo in cui gran parte dei cittadini e dei politici (non so in che ordine) sentono e vivono in Italia la sanità e i problemi di tutela della salute. Questo fatto non è irrilevante, anzi è assolutamente centrale, nel dare una corretta applicazione alla filosofia del PNRR alle strutture e alle attività/servizi che lo stesso finanzia e nel dare operatività alle attività previste nel Piano Nazionale della Prevenzione. Questa visione va corretta con il contributo di chi vuole un rilancio del nostro Servizio Sanitario Nazionale. Altrimenti quello che sta avvenendo nelle mie Marche, con la trasformazione delle Case della Comunità in piccoli ospedali con un quasi-Pronto Soccorso e poliambulatorio specialistico, diventerà pratica corrente. Quale sia il modo per correggere la visione ospedalocentrica lo lascio alla riflessione di tutti quelli che condividono questi miei “pensierini” di inizio anno.

Claudio Maria Maffei

fonte: https://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=119378

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