La grande crisi del SSN (2). di Marco Geddes da Filicaia

Da oltre un decennio il nostro Servizio sanitario nazionale è sfiancato da un’opera di logoramento che ha provocato una crisi senza precedenti nel settore del personale sanitario. In questo articolo (e in quello precedente) vengono descritti i meccanismi che sono entrati in gioco nel provocare la “grande crisi”: dal blocco delle assunzioni alla mancata programmazione della formazione dei medici, dalla decrescita dei salari di medici e infermieri alla fuga all’estero dei professionisti.

La decimazione di medici e infermieri ha, consapevolmente o inconsapevolmente (in termini giuridici si direbbe: dolosamente o colpevolmente) utilizzato più strumenti.

Il blocco delle assunzioni

 Il blocco delle assunzioni è stato attuato tramite i tetti di spesa per il personale del Ssn introdotti nel  2005 con la legge 266/2005 (Governo Berlusconi III, Ministro della sanità Storace); solo parzialmente rivisti nel 2019 e ancora soggetti a limiti di spesa[1].

La mancata programmazione della formazione dei medici.

Gli accessi disponibili per anno accademico non hanno tenuto in alcun conto la prevista uscita dal SSN, per gli effetti delle norme pensionistiche e dell’età dei medici. Così nel 2007 – 2009 erano disponibili solo 7.500 posti (a fronte dei 16.904 attuali) e alcuni successivi picchi di iscrizione sono stati solo conseguenza di sentenze del Tar nel 2014 – 2015. Il numero di laureati in medicina crescerà solo quando la curva pensionistica (attualmente lasciano il SSN circa 6.000 medici l’anno) si dimezzerà. A fonte di questa situazione circola la sciocca proposta di liberalizzare l’accesso alle facoltà mediche!

L’imbuto delle scuole di specializzazione

Questo “imbuto” rappresenta il vero problema attuale, con la creazione di “medici grigi” fra quali pescare per gettonisti. I contratti di formazione specialistica hanno avuto un andamento sostanzialmente piatto per oltre un decennio, con un incremento dal 2015 al 2018 (da 6.500 a 8.920). La situazione attuale appare contrassegnata inoltre da una grave crisi: a fronte di 16.165 borse di studio messe a bando dal Ministero dell’Università e dalle Regioni, il 38% (6.125) sono andate deserte. Tale desertificazione colpisce in particolare settori strategici: Medicina di comunità e cure primarie (92% non assegnati), Microbiologia e virologia (89%), Radioterapia (87%), Medicina d’urgenza (76%), Medicina di comunità e cure primarie (92%), Microbiologia e virologia (89%), Malattie infettive e tropicali (56%), Anestesia e rianimazione (53%). Questa “Caporetto” presenta ulteriori elementi di criticità: in alcune grandi Università, quali La Sapienza di Roma e il San Raffaele di Milano, tutti i contratti di Medicina d’Urgenza sono andati deserti, mentre l’Università di Siena non ha avuto nessuna richiesta per accedere alla scuola di specializzazione di Chirurgia generale e di Chirurgia toracica. Nessun laureato in medicina ha fatto richiesta di accedere alla scuola di specializzazione in Medicina nucleare nelle tre università di Milano: Statale, Humanitas e Bicocca.

Nei settori in cui la libera professione e le attività ambulatoriali sono prevalenti, vi è invece una richiesta di borse di studio che tende a saturare l’offerta: ad esempio per Dermatologia (non assegnate 1%) cardiologia (4%) Chirurgia plastica (4%) Oftalmologia (6%)[2]. Le ragioni di tale fuga dalle specializzazioni viene evidenziata da più rilevazioni o interviste. “I medici specializzandi – dichiarano vari giovani colleghi – sono mal pagati, sfruttati e costretti a pagare affitti altissimi”. L’assenza di una politica della casa, la patologica diffusione di B&B con rilevanti aumenti degli affitti, specie in città sedi di importanti Università, la trasformazione di edifici pubblici e privati in alberghi o Student hotel, finalizzati ad accogliere studenti stranieri per periodi limitati e con costi elevati o trasformati in alberghi di lusso, sono una barriera all’accesso a scuole di specializzazione della durata di 4- 5 anni. In una indagine effettuata in Toscana il 30% dei giovani medici dichiara che il tutor non è presente durante la formazione e il 57% che lavora oltre l’orario previsto[3].  Peraltro l’Osservatorio nazionale della formazione specialistica, a cui talora si rivolgono le segnalazioni degli studenti[4], non sembra poter svolgere una adeguata azione di indirizzo.

Infine l’utilizzo degli specializzandi nel solo, o nell’assoluto prevalente ambito universitario, talora per sostituire di fatto i professionisti incardinati e la non istituzione di learning hospital, con diritti e doveri analoghi ai dirigenti medici è un ulteriore motivo di questa disaffezione. “Il punto di caduta – dichiara la vice presidente dei Giovani medici – è la ristrutturazione della specializzazione come formazione – lavoro, in una rete di ospedali radicata ed estesa sul territorio e non più strettamente connessa all’ateneo… e una maggiore retribuzione, perché la nostra borsa è ferma al 1999: netti 1.650 euro per i primi due anni e 1.715 euro dal terzo anno”[5].

La crisi della professione infermieristica

Criticità rilevanti emergono anche riguardo alla formazione del personale infermieristico. Il trend nei corsi di laurea in infermieristica evidenzia una contrazione dei posti disponibili fino al 2019, con un incremento (stimato per gli ultimi 4 anni) di laureati. Tuttavia negli ultimi tre anni sono calate le domande di accesso che, in alcuni atenei, non raggiungono nemmeno il numero dei posti a bando. Nel 2023 la riduzione media delle domande è del 10% rispetto al precedente anno accademico, con un rapporto minimo domande/posti mai registrato: Nord – 12,6%, Centro – 15%, Sud – 5,7%[6].

La decrescita dei salari di medici e infermieri

Nell’ambito complessivo della decrescita dei salari, che ha interessato il nostro paese dal 1990 ad oggi, anche quello dei medici e infermieri ha avuto una riduzione rispetto al potere di acquisto, cosicché ad oggi i salari medi di medici e infermieri sono assai più bassi di molti paesi europei e ulteriore causa di un fenomeno migratorio. Il confronto con i salari di altri paesi è complesso ed effettuato dall’OCSE tenendo conto del potere di acquisto. In base a tale criterio lo stipendio dei medici italiani a 105 mila dollari lordi, a fronte dell’Olanda: 192 mila, Germania: 188 mila, Irlanda: 169 mila, Regno Unito: 155 mila, Danimarca: 150 mila, Ungheria: 118 mila. Spagna e Francia  sono praticamente nella nostra situazione, con 107 mila e 105 mila (ma il dato è del 2020). Il dato italiano presenta tuttavia due elementi di distorsione: tali cifre riguardano professionisti di età diversa, cosicché lo stipendio del medico inglese, di 50mila dollari maggiore rispetto a quello italiano, riguarda una persona di età media 35 anni, mentre in Italia è attribuito a un cinquantacinquenne. Infine si tratta di stipendi lordi e la pressione fiscale, su persone dipendenti e su tale fascia di reddito, è più elevata in Italia rispetto agli altri paesi.

Gli stipendi dei medici sono stati tenuti bassi, e progressivamente ridotti con tre meccanismi: un ridotto incremento nei rinnovi contrattuali che non ha tenuto conto dell’inflazione e del potere di acquisto; una dilazione nella sottoscrizione e conseguente messa in atto degli accordi (in ottobre 2023 è stato sottoscritto l’accodo 2019 – 2021) e infine un meccanismo più subdolo: la riduzione delle carriere. In dieci anni  i posti di Direttore di Struttura complessa si sono ridotti del 31,5% e quelli di Struttura semplice del 44%. Tale contrazione, giustificata talora da una necessaria riorganizzazione, è stata più diffusamente applicata al fine di ridurre le spese del personale, poiché il passaggio a funzioni diverse comportava un incremento stipendiale. Pertanto, mentre una maggiore funzionalità e coordinamento si sarebbe potuto trovare con una diversa organizzazione, con la creazione di dipartimenti funzionali, anche interaziendali (fra Policlinici e Aziende Ospedaliere Universitarie e le Aziende territoriali), anche la fine di una adeguato utilizzo di spazi e attrezzature, si è preferito ridurre le progressioni di carriera e così, oltre tutto, demotivare il personale.

Analoga situazione per il personale infermieristico, con una retribuzione annua lorda di 34. 875 €, a fronte di una media EU di 43.348. In Olanda 62.237, Germania 54.155, Danimarca 57.474, Spagna  49.979, Irlanda 49.366, Regno Unito 42.366, Francia 39.787. A ciò si aggiungono elementi specifici, quali mansioni di livello professionalmente più basso rispetto ad altri paesi e un sistema complessivo di welfare debole (abitazioni, asili nido, trasporti); un aspetto che pesa maggiormente su un personale in larga prevalenza, per oltre due terzi, femminile.

La fuga dei professionisti

Questa situazione determina una fuga dei professionisti, medici e infermieri, sia verso il privato che all’estero. I dati disponibili sono frammentari e mancano in particolare informazioni sul passaggio da pubblico a privato. Complessivamente (estero e privato) si stima una “migrazione” di 2.700 medici nel 2021, 4.000 nel 2022 e 5.000 nel 2023[7] e di 18.000 infermieri nel triennio 2019 – 2021. La migrazione di sanitari ha preso, recentemente, ranche otte diverse. Si segnala il piano dell’Arabia saudita, che mira ad assumere 44mila medici e 88mila infermieri entro il 2030. L’Agenzia AGI dichiara che da Maggio 2022 a Ottobre 2023 si sono trasferiti in Arabia saudita 1650 professionisti sanitari italiani (ovviamente non è specificato che fossero dipendenti del SSN), di cui 800 medici, 600 infermieri e 250 osteopati e fisioterapisti[8] Il trasferimento in altri paesi non sarebbe di per se un fenomeno negativo qualora indice di un interscambio di professionisti e di esperienze. Il problema italiano è che non si tratta di interscambio, ma di un percorso a senso unico, poiché mentre in Inghilterra sono presenti il 30,3% di medici con formazione in altri paesi, fenomeno favorito ovviamente da internazionalizzazione della lingua anglosassone; percentuali elevate si riscontrano anche in Germania (13,1%) e in Francia (11,6%) e la media Ocse è del 17,9%. In Italia invece i medici formati all’estero rappresentano solo lo 0,9%.

Cosa è possibile fare?

 Nel breve periodo necessitano interventi tampone, con stabilizzazione delle assunzioni temporanee, incremento della retribuzione delle borse di studio per gli specializzandi, migliori condizioni di lavoro inserendo gli specializzandi nella rete ospedaliera, facilitazioni per sedi disagiate e per attività sanitarie meno attrattive.

La formazione di infermieri e, in particolare, di medici, comporta tempi lunghi e quindi un impegno continuo, un confronto con i sindacati, i giovani medici, i professionisti, gli esperti, per un  piano decennale,  “un piano solido ed efficace per garantire di avere il numero giusto di persone, con le giuste competenze e il giusto supporto per essere in grado di fornire il tipo di assistenza di cui le persone hanno bisogno”[9], che riguardi la formazione, i livelli stipendiali e le assunzioni nel SSN vincolando l’incremento di finanziamento, che le Regioni (Emilia Romagna, Toscana, Puglia, Piemonte) chiedono, allineando la spesa sanitaria al 7,5% del Pil nel giro di un quinquennio, a questi obiettivi e non disperdendolo in acquisto di servizi dal privato e altre forme di esternalizzazione.

 

Riferimenti

[1] Tetti di spesa per il personale – Normativa (pdf tetto di spesa personale)

[2] Quotidiano Sanità, Medici in fuga dalle specializzazioni: immatricolati solo 10 mila giovani su 16mila Giovedì 19 Ottobre 2023.

[3] Ilaria Ulivelli, Gli specializzandi della sanità, la nazione 30 Ottobre 2023

[4] Andrea Ceredani. Sanità. “In corsia, tra i medici specializzandi: «Così veniamo sfruttati”, Avvenire, 17/10/2023

[5] Intervista a Silvia De Tomaso in: Il Sole 24 Ore, 29/10/2023. Vedi anche: “Noi, sfruttati e vittime dei “baroni”. La denuncia dei medici specializzandi” con le dichiarazioni di Eugenio Gaudio, presidente dell’Osservatorio  nazionale della formazione medica specialistica ed ex rettore della Sapienza di Roma. L’Avvenire 17 Ottobre 2023.

[6] Calo iscrizioni, FNOPI: senza cambi di rotta a rischio l’articolo 32 della Costituzione, https://www.fnopi.it/2023/09/12/domande-iscrizioni-universita/

[7] Michele Bocci, Stipendi bassi e turni da stress, La Repubblica, Giovedì 9 Novembre 2023

[8] Eleonora Lorusso, Medici, sanitari e sauditi in Quotidiano La Ragione, 16 Novembre 2023.

[9] NHS, NHS Long Term Workforce Plan, June 2023

fonte: https://www.saluteinternazionale.info/2024/01/la-grande-crisi-del-ssn-2/

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