Anziani e non autosufficienza, nel decreto niente risorse aggiuntive. E tutto (o quasi) rinviato a successive norme. di Stefano Cecconi

Il Consiglio dei Ministri ha approvato (il 26 gennaio 2024) un decreto legislativo (DLgs) per attuare la legge delega 33/2023 (“Deleghe al Governo in materia di politiche a favore delle persone anziane”). Nel testo presentato in Parlamento il decreto non ha finanziamenti aggiuntivi, smentendo clamorosamente la Presidente Meloni, che aveva annunciato 1 miliardo in più per la non autosufficienza, e una sperimentazione con l’aumento del 200% dell’assegno di accompagnamento, dichiarando: “diamo finalmente risposte concrete ai bisogni dei nostri oltre 14 milioni di anziani, ai non autosufficienti…” vedi FB.

Il Decreto è stato licenziato nella forma “omnibus” (cioè mette insieme diverse materie che potevano essere trattate con singoli specifici decreti). Nei fatti così riesce a rispettare la scadenza del 31 gennaio 2024 (prevista dalla legge delega) ma rinvia tutto, o quasi, a ben diciassette norme attuative da adottarsi nei prossimi mesi. In questo modo, diversi articoli, anche quelli condivisibili, sono ripetitivi di quanto già affermava la legge delega, ma non la traducono subito in misure operative: questo invece era, ed è, lo scopo dei decreti attuativi.

Alcune (10) prime osservazioni:

  1. La misura che ha avuto più visibilità nei media (e nella propaganda del Governo) è la prestazione universale, che dovrebbe, nelle intenzioni dell’Esecutivo, aggiungersi all’indennità di accompagnamento, con un’integrazione di 850 euro al mese (ndr nella bozza era di 1.000 euro). Va chiarito subito che è sperimentale (parte tra un anno e dura dal 1.1.2025 al 31.12.2026). E fin qui va bene: la sperimentazione può evitare di fare pasticci sull’unica prestazione statale garantita alle persone disabili e non autosufficienti. E va chiarito bene che la prestazione prevista dal decreto è destinata ad una piccolissima parte della popolazione non autosufficiente, nel 2025 riguarderà appena circa 29mila persone: ultra80enni con Indennità di Accompagnamento riconosciuta, con gravissime limitazioni e con un reddito Isee sotto i 6mila euro. Nel 2026 i beneficiari saranno ancora di meno. Infatti è stato deciso un limite massimo di spesa di 300 milioni di euro per l’anno 2025 e di 200 milioni per l’anno 2026. Inoltre, così si esclude di riconoscere che esistono diversi livelli di gravità del bisogno assistenziale – e la necessità di interventi precoci, in età meno avanzata, per prevenire aggravamenti – sui quali dovrebbe essere graduata la misura (come peraltro prevedeva la legge delega). In ogni caso successivi decreti devono disciplinare l’attuazione della sperimentazione.
  2. Di positivo vi è che le previsioni per il CIPA (Comitato Interministeriale per le Persone Anziane) e per il SNAA (Sistema nazionale persone anziane non autosufficienti) sembrano scongiurare la creazione di un sistema anziani separato dal SSN e dalle altre Istituzioni dei servizi sociali. In questo senso, ad esempio, è positivo che il Piano non autosufficienza sia considerato parte integrante del Piano nazionale interventi e servizi sociali ex 328/2000.
  3. Deboli – e prive di un approccio di genere – sono le previsioni sulla prevenzione delle fragilità, la promozione della salute e l’invecchiamento attivo; e anche qui tutto è rinviato a provvedimenti successivi. Sul dialogo e l’incontro intergenerazionale nelle scuole e università più che misure si elencano auspici.
  4. Tutte da costruire anche le soluzioni potenzialmente più interessanti per le nuove forme dell’abitare, che possono prevenire le istituzionalizzazioni degli anziani. Ma anche qui tutto è rinviato a successive norme, ed è riferito al solo cohousing, mentre vanno previste misure anche per gli alloggi individuali assistiti/supportati (che riguardano la maggior parte degli anziani).
  5. Ancora rinviata (di 12 mesi) l’attuazione delle, pur condivisibili in linea di principio, previsioni sull’integrazione tra assistenza sociale e sanitaria territoriale e domiciliare e quindi sul rapporto tra ASL-Distretti e Comuni-ATS (ad esempio per i Punti Unici di Accesso, le Unità Valutative Multidimensionali).
  6. Per il sostegno alle persone e alle famiglie che assicurano le cure a casa, anche grazie alle assistenti familiari, nessuna novità: restano le attuali agevolazioni contributive e fiscali Questo riduce enormemente la possibilità di costruire una nuova domiciliarità, che, integrando nel Piano di Assistenza Individuale Integrato (PAI) tutte le risorse disponibili (dall’Assistenza Domiciliare socio sanitaria e socio assistenziale, ai servizi di sollievo, fino al sostegno dell’Assistente familiare, del caregiver e alle agevolazioni fiscali e contributive), deve poter assicurare una continuità nelle 24 ore tutti i giorni.
  7. Rinviata anche la riforma della residenzialità, che invece è indispensabile per una radicale trasformazione di strutture che si sono rivelate in molti casi – specie durante la pandemia – vere e proprie istituzioni totali, chiuse. E che invece devono diventare familiari, aperte, integrate nelle comunità locali, di piccole dimensioni. Sui nuovi criteri per l’accreditamento si giocherà una partita decisiva.
  8. Particolarmente delicata sarà la definizione (con un decreto specifico entro 12 mesi) dello strumento della valutazione multidimensionale uniforme a livello nazionale, per l’accesso alle prestazioni in base al bisogno assistenziale graduato. Qui è indispensabile un approfondito confronto, tenuto conto delle recenti Linee Guida proposte dall’ISS. E soprattutto non è accettabile la selezione prevista delle persone assistibili in base all’età e non al bisogno: a 65 anni si accederà a poche, limitate misure, a 70 anni sarà possibile la presa in carico dei Punti Unici di Accesso, e solo a 80 anni alla Prestazione Universale.
  9. Infine, sul personale si interviene solo sugli assistenti familiari (formazione, riconoscimento di requisiti professionali e creazione di albi regionali). Mentre sul restante personale impegnato nei servizi e nel lavoro di cura, l’unico riferimento indiretto è a un decreto da farsi sui requisiti per l’accreditamento dei servizi pubblici e privati sanitari e socio sanitari.
  10. In sostanza, la scadenza prevista dalla legge delega è stata formalmente rispettata, pur con lacune e contraddizioni alcuni contenuti sono condivisibili, ma la traduzione in misure concrete viene rinviata, e, ancora una volta, senza le risorse per costruire davvero risposte a milioni di persone che non possono più aspettare.

Sul Decreto si veda anche il comunicato SPI CGIL, FNP CISL, UILP UIL

Stefano Cecconi – segretario nazionale SPI CGIL
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