Se il robot fa valere i suoi diritti. di Domenico Marino

All’intelligenza artificiale si affidano scelte sempre più rilevanti e si afferma l’idea di considerare i robot come dotati di personalità non umana. Ma concedere loro diritti legali solleva questioni complesse. Nel mercato richiede più regolamentazione.

Il concetto di persona non umana

L’intelligenza artificiale consiste essenzialmente nella capacità delle macchine di prendere decisioni autonome, come sintesi di una grande quantità di informazioni che vengono continuamente elaborate. L’uomo affida all’intelligenza artificiale scelte sempre più rilevanti e difficili. L’idea moderna è considerare i robot come dotati di una personalità non umana, come già aveva intuito Isaac Asimov, famoso scrittore di fantascienza.

L’idea filosofica e giuridica di “persona non umana” è un concetto che solleva importanti questioni etiche, morali e giuridiche relative al riconoscimento di diritti e responsabilità per entità diverse dagli esseri umani. Da un punto di vista filosofico, l’idea di concedere la “personalità”, o almeno alcuni diritti, alle entità non umane può essere radicata in diverse teorie etiche. Ad esempio, l’etica dell’ambientalismo profondo sostiene che tutte le forme di vita hanno un valore intrinseco e meritano rispetto, indipendentemente dalla loro utilità per gli esseri umani. Questo potrebbe portare a considerare le entità non umane come titolari di diritti, soprattutto quando si tratta di diritti alla vita, all’integrità e a un ambiente sano. Come avviene per gli animali.

Anche da un punto di vista legale, alcune nazioni e giurisdizioni hanno iniziato a riconoscere forme di personalità giuridica alle entità non umane. Ad esempio, la Nuova Zelanda ha riconosciuto il fiume Whanganui come soggetto di diritto, conferendogli uno status giuridico simile a quello di una persona. L’Unione europea ha proposto regolamenti che potrebbero riconoscere una forma di “personalità elettronica” alle intelligenze artificiali avanzate, conferendo loro diritti e responsabilità legali.

Tuttavia, l’idea di concedere personalità o diritti legali a entità non umane solleva questioni complesse. Ad esempio, come possiamo bilanciare i diritti delle entità non umane con quelli degli esseri umani? Come possiamo stabilire responsabilità legali per un’entità che non è biologicamente dotata di coscienza o intenzionalità? La domanda che sorge spontanea è se le persone non umane possano essere considerate agenti.

Agenti in senso economico

Per rispondere alla domanda, occorre distinguere tra il concetto di agente in termini etici (agente morale) o in termini economici (agente economico). Da un punto di vista etico, un agente è generalmente considerato come un’entità in grado di agire moralmente, cioè di prendere decisioni basate su valori morali. Gli agenti moralmente responsabili hanno la capacità di distinguere tra giusto e sbagliato e sono responsabili delle loro azioni. Se ci troviamo a discutere di persone non umane, limitatamente agli animali o allo spirito dei luoghi, è chiaro che la distinzione non ha senso perché una persona non umana appartenente a queste tipologie può al massimo essere titolare di un insieme di diritti, ma non ha la possibilità di agire né come agente economico né tanto meno come agente morale. Se, invece, allarghiamo il campo alle persone digitali non umane e alle intelligenze artificiali, resta vero e pacifico, almeno finora, che questi soggetti non possono essere definiti agenti in senso morale, ma allo stesso tempo possono certamente agire come agenti economici. Le persone non umane non possono essere ritenute colpevoli di eventuali crimini commessi perché non è in alcun modo possibile identificare l’elemento soggettivo nelle loro azioni in relazione al crimine commesso e qualora fosse dimostrata la loro pericolosità sociale, potrebbero essere disattivati, sulla base di un principio simile a quello per cui appare lecito sopprimere alcuni animali se il loro comportamento è di grave danno per la comunità. La soppressione di un animale pericoloso o di un robot umanoide che crea problemi alla comunità non è tanto inquadrata come una forma di punizione o castigo, ma semplicemente come una forma di tutela della vita e del benessere umano.

Allo stesso tempo, l’abisso tra azione morale ed economica che si può riscontrare nei non-umani digitali apre nuovi orizzonti perché, potendo essere legittimamente e pienamente considerati come agenti economici, non solo possono essere titolari di diritti e tutele, ma in ultima analisi possono essere autorizzati a gestire beni e quindi a operare attivamente nei mercati proprio come gli agenti economici umani e quindi essere civilmente responsabili per i danni che causano con l’uso dei loro beni. Possono quindi essere titolari di diritti di proprietà ed essere soggetti a responsabilità patrimoniale nei confronti di altri agenti economici. Ciò pone l’economia e l’etica di fronte a nuovi problemi e sfide.

Finché il concetto di persona non umana si limita agli animali o, al massimo, alle entità naturali, i problemi sono tutto sommato insignificanti, rimanendo confinati alla sfera del risarcimento del danno che può sempre essere affidato a chi ha un dovere di diligenza o a un bilanciamento di interessi in cui, però, gli interessi della persona umana hanno sempre un maggior grado di tutela. In generale, se il concetto di persona non umana rimane limitato agli esseri animati, non sorgono conflitti che mettano in discussione il nostro tradizionale modello liberale di economia di mercato. Ma quando il campo si allarga, ci si scontra con una serie di problemi relativi al ruolo delle “persone non umane” nel contesto del liberalismo di mercato, che sollevano questioni complesse riguardanti la definizione degli attori economici e i limiti dell’applicazione dei principi del libero mercato a entità diverse dagli esseri umani. Nel contesto del liberalismo di mercato, che promuove la libertà economica, la proprietà privata e la minimizzazione dell’intervento dello stato, considerare le “persone non umane” come partecipanti alle transazioni economiche può portare a diverse sfide e considerazioni. In particolare, se le persone umane avessero diritti di proprietà e la capacità di stipulare contratti, potrebbero sorgere delle complessità, ponendo il problema di come gestire le transazioni tra entità umane e non umane e di come garantire che i contratti siano rispettati da entità che potrebbero non avere coscienza o intenzionalità. Inoltre, nel libero mercato, gli individui sono ritenuti legalmente responsabili delle loro azioni. Estendere la responsabilità legale a entità non umane significherebbe considerare come attribuire la responsabilità e le eventuali sanzioni a entità che potrebbero non avere la capacità di comprendere le conseguenze delle loro azioni.

Un altro aspetto riguarda il rapporto tra concorrenza e competizione. Nei mercati, diversi agenti (famiglie, imprese, stato) competono tra loro per massimizzare i risultati dei loro obiettivi. Se agenti non umani dovessero entrare nell’arena economica all’interno dei mercati, si dovrebbe riflettere non solo sulle condizioni necessarie per mantenere la concorrenza perfetta, ma anche sull’equità e la regolarità del meccanismo stesso della concorrenza in presenza di attori che potrebbero avere caratteristiche e risorse molto diverse. L’introduzione di agenti interagenti non umani nel sistema economico potrebbe anche influenzare la distribuzione delle risorse e della ricchezza, con possibili effetti sulla disuguaglianza economica. Ciò richiederebbe una riflessione su come bilanciare gli interessi di queste entità con quelli delle persone, soprattutto in scenari con risorse limitate. Infine, considerare la presenza di agenti non umani nel mercato dovrebbe portare a una maggiore necessità di regolamentazione e a un maggiore intervento pubblico per garantire il corretto funzionamento del mercato e proteggere gli interessi di tutti gli stakeholder.

fonte: https://lavoce.info/archives/103699/se-il-robot-fa-valere-i-suoi-diritti/

l’Autore: Domenico Marino

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