Quel che resta del Pnrr nei territori. di Giuseppe Francesco Gori, Patrizia Lattarulo

La revisione del Pnrr interessa in particolare progetti medio-piccoli gestiti dai comuni. Ma il criterio per l’esclusione non sembra il ritardo nelle procedure. Difficile però una valutazione complessiva perché la rimodulazione non è ancora definita.

La rimodulazione del Pnrr

Nel luglio 2023 il governo ha presentato l’ipotesi di una rimodulazione del Pnrr che, a novembre, è stata approvata in sede europea, pur con qualche modifica.

La rimodulazione ha riguardato una parte numericamente e finanziariamente consistente degli interventi a carico delle amministrazioni comunali, in ragione della loro difficoltà nel rispondere ai requisiti di rendicontazione, nonché alle difficoltà nell’avvio dei progetti e, in prospettiva, del rispetto delle scadenze temporali imposte dal Pnrr. Il governo aveva garantito la copertura finanziaria degli interventi fuoriusciti dal Pnrr, per i quali si sarebbe trattato di un semplice spostamento su altre fonti di finanziamento con regole e tempi più flessibili. In realtà, il recente decreto 19/2024 ha individuato solo parziali coperture, cosicché alcuni progetti torneranno ai finanziamenti originari (i cosiddetti “progetti in essere”), altri verranno attivati in sostituzione di interventi già previsti (e quindi non si configurano come aggiuntivi) e altri ancora potrebbero essere a rischio cancellazione.

Gli effetti sulla distribuzione territoriale

A prescindere dalla modalità di rifinanziamento, per i progetti comunali che ricadono nelle misure che saranno interamente rimodulate e che sono ammessi a finanziamento in Regis (tabella 1), è possibile fare qualche considerazione in merito agli effetti in termini di distribuzione territoriale. Non è possibile fare altrettanto per le misure oggetto di rimodulazione parziale, al cui interno verranno riallocati solo alcuni interventi, ancora non esplicitamente identificati.

Tabella 1 – Investimenti interamente rimodulati. Stanziamento iniziale, numero e importo del finanziamento Pnrr dei progetti (in milioni di euro)

Fonte: elaborazioni su dati Regis Italiadomani (versione con dati al 4/12/2023)

Le tre misure, tra cui molti progetti “in essere”, portano fuori dal Pnrr un numero consistente di progetti medio piccoli (dimensione media 206.331 euro) distribuiti sul territorio nazionale in misura proporzionale alla dimensione demografica. La loro composizione in termini di finanziamento (figura 1, destra) – concentrato prevalentemente sul Nord (39 per cento) e sul Sud (45 per cento) – non si discosta infatti di molto dalle quote di popolazione residente nelle diverse aree del paese. Dal punto di vista degli importi, la rimodulazione interessa dunque in modo uniforme il territorio nazionale, riducendo in modo significativo le risorse che le amministrazioni locali dovranno gestire con le regole del Pnrr, rispetto al totale delle risorse assegnate ai comuni, per una percentuale pari al 19 per cento nel Centro Italia, al 22 per cento nel Meridione e al 23 per cento nel Nord del paese (figura 1, sinistra).

Figura 1 – Distribuzione per macroarea territoriale dell’importo del finanziamento Pnrr dei progetti oggetto di rimodulazione integrale

Fonte: elaborazioni su dati Regis Italiadomani

La questione dei ritardi

La proposta di rimodulazione rimanda esplicitamente alle difficoltà degli enti di avviare e portare a termine le procedure di affidamento. Ma per il complesso delle tre misure interessate si registra una percentuale di avanzamento sul mercato degli appalti (valore delle procedure di gara avviate sull’importo complessivo dei progetti) decisamente non trascurabile, pari al 60 per cento. Vuol dire che una parte importante degli interventi aveva già superato le fasi più complesse dell’iter, ovvero quelle di natura progettuale, senza che si verificassero particolari differenze tra aree del paese.

Sulla base dei dati relativi all’avanzamento dei progetti coinvolti nel Pnrr deducibili dall’incrocio delle banche dati Regis e Anac, simuliamo uno scenario in cui il taglio coinvolga gli interventi più in ritardo per un importo complessivo pari a quello della rimodulazione (circa 5,3 miliardi di euro, si veda la tabella 1 sopra). Si è trattato, cioè, di distribuire l’ammontare della rimodulazione sulla base del ritardo nell’avanzamento, riallocando fuori dal Pnrr gli interventi che ne hanno accumulato di più.

In questo scenario, l’azione sarebbe stata concentrata per oltre l’80 per cento su componenti diverse da quelle interessate dalla rimodulazione del governo. Le misure sulle quali si è intervenuti sono invece tra quelle che presentano un maggiore avanzamento: solo per il 6 per cento sarebbero state interessate dai tagli, nella nostra ipotesi.

In termini territoriali, l’azione di rimodulazione sarebbe stata concentrata per più della metà degli importi (60 per cento) nel Sud del paese (figura 2, destra) e questo avrebbe comportato un effetto di riduzione di circa il 30 per cento dell’importo assegnato a questa area territoriale (figura 3, sinistra). Assieme al Sud, anche il centro Italia, avrebbe visto ridursi il finanziamento Pnrr in misura (seppur di poco) più corposa di quanto accadrà con la rimodulazione ufficiale, mentre l’opposto vale per il Nord del paese.

Figura 2 – Distribuzione per macroarea territoriale dell’importo del finanziamento Pnrr dei progetti oggetto di rimodulazione secondo la simulazione.

Fonte: elaborazioni su dati Regis Italiadomani e Open data Anac

Nello scenario controfattuale, su Campania, Sicilia e Puglia ricadrebbe oltre il 40 per cento dei tagli in termini di importo (18 per cento sulla Campania, 11 per cento sulla Sicilia e 12 per cento sulla Puglia) con una riduzione delle risorse originariamente loro assegnate pari al 30 per cento per la Puglia, 33 per cento per la Sicilia e al 27 per cento per la Campania.

Le province che subiscono un taglio maggiore sono rappresentate in colore più scuro, in corrispondenza di ciascuna delle due ipotesi. Le differenze più apprezzabili tra l’ipotesi di scenario (figura 3, sinistra) e quella effettiva (figura 3, destra) si riscontrano nelle province occidentali della Sicilia, del Piemonte e della Liguria. In particolare, nel caso delle province siciliane, l’ipotesi di rimodulazione basata sull’avanzamento avrebbe comportato un taglio maggiore, mentre sarebbero state meno toccate quelle di Liguria e Piemonte.

Figura 3 – Differenza nel finanziamento pro-capite pre-post rimodulazione. Scenario di rimodulazione basato sull’avanzamento (sinistra) e rimodulazione (destra).

Fonte: elaborazioni su dati Regis Italiadomani e Open data Anac

Una parte importante della revisione del Pnrr implica, dunque, la fuoriuscita dal perimetro del Piano di molti piccoli interventi diffusi in maniera omogenea sul territorio nazionale. In larga parte si tratta però di progetti “in essere”, dunque non sono quelli in particolare ritardo, dal momento che per molti di loro le procedure di affidamento sono già avviate. Per una parte di questi, per altro, non si pone l’incognita delle coperture perché rientreranno nel perimetro della fonte di finanziamento originaria. Se il governo avesse dato priorità al criterio dell’avanzamento avrebbe invece penalizzato il Mezzogiorno, probabilmente compromettendo il raggiungimento dell’obiettivo del 40 per cento destinato a quest’area del paese.

È necessario però sottolineare che questa lettura è solo parziale, perché poco si sa della restante rimodulazione, e tanto più della distribuzione territoriale e delle caratteristiche dei progetti – molti da rifinanziare – che vi rientreranno, mentre anche da questi dipende la futura dotazione infrastrutturale dei territori del nostro paese.

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