Lo Stato risparmia con la sanità integrativa? Non è detto, certo è che il cittadino pagherebbe di più di Marco Geddes

Ho letto con attenzione l’ultimo intervento del dottor Marco Vecchietti ma, a causa della mia poca dimestichezza con i pregi dei sistemi assicurativi, cosa nota a Vecchietti e che confermo (tant’è che mando mia figlia a trattare anche per l’assicurazione della macchina), non tutto mi è chiaro e suggerirei quindi qualche approfondimento.

L’amministratore di Rdb afferma testualmente quanto segue: “Sostanzialmente è come dire: ponendo pari a 100 la Spesa Sanitaria da finanziare, nel caso di affidamento al S.S.N. di questa spesa lo Stato deve accollarsi un costo di 119 (100 di spesa + 19 di detrazione fiscale), nel caso di affidamento alla Sanità Integrativa, invece, il costo per lo Stato è solo 27 (aliquota IRPEF marginale media), necessario a finanziare il beneficio fiscale.”.

In realtà le ipotesi sono tre a seconda di chi paga:

1. Se la spesa da finanziare è 100 e la mette in atto il SSN, lo Stato si accolla l’intera somma di 100.

2. Se invece la spesa 100 è sostenuta dal cittadino in out of pocket lo Stato si accolla 19 di detrazione fiscale e il cittadino spende, di fatto, 81.

3. Qualora invece tale spesa sia affidata alla Sanità Integrativa il costo per lo Stato è di 27, quale beneficio fiscale, e il “Secondo pilastro” paga 73 euro, come indicato da Vecchietti.

Tuttavia anche nel caso 1 e nel caso 3 è il cittadino che paga, nel primo tramite la fiscalità generale e, nel secondo tramite il premio assicurativo e, nuovamente, la fiscalità generale per “quota 27” come beneficio fiscale (o ridotta entrata dello Stato).

Fatta questa spesa di 100 più complesso è definire la “capacità di acquisto” di prestazioni sanitarie, cioè in che misura questo finanziamento si traduce in attività, accertamenti, assistenza e quanto si disperde in intermediazione, sperperi etc.  Trattandosi di livelli assistenziali non intensivi e prevalentemente diagnostico – ambulatoriali la questione è forse un po’ più semplice e non abbiamo – ovviamente – cifre, ma elementi induttivi, seppure largamente documentati.

Il funzionamento del nostro SSN ha varie criticità ma, come noto da valutazioni e statistiche nazionali e internazionali (il documento dell’Oecd Health at a Glance Europe 2018, a cui fa riferimento Vecchietti, offre un’adeguata descrizione comparativa)  risulta in sintesi sobrio ed efficace.  In altri termini quanto affidato, da parte del cittadino allo Stato tramite la fiscalità, per tradurre i 100 in prestazioni non ha rilevanti costi di “trasferimento” ed è attuato da strutture pubbliche o private convenzionate che devono migliorare ed essere continuamente monitorate, ma ancora (se non si riducono ulteriormente i finanziamenti!) efficaci.

Difficile appare una valutazione dei 100 che il cittadino pagherebbe di tasca propria (con un ritorno fiscale di 19). Il vantaggio è la sostanziale assenza di spese di gestione amministrativa,  lo svantaggio è una “contrattazione” del singolo su singola prestazione, anche se per alcuni settori la più ampia concorrenza (vedi cure dentarie) ha ridotto i costi in molte realtà.

Vi è infine la intermediazione del Secondo pilastro, che costa al cittadino 27 in termini di benefici fiscali (perché il ridotto gettito allo Stato lo paga, o lo “sconta”, la comunità) e 73 di premio assicurativo. Tale quantità complessiva (100) ha, come noto, un costo di intermediazione amministrativa assai elevato (almeno il 20%), oltre alla necessità dell’assicurazione di accantonamento (altro 20%) e di garantire una rendita agli investitori.

Questi sono i dati della letteratura a livello nazionale e internazionale e spiegano i motivi per cui i sistemi assicurativi generalizzati (Bismark) sono più costosi di quelli tipo Beveridge.

I dati dell’Oecd del citato Rapporto indicano – per confrontarsi con Paesi vicini e in larga parte simili – che la spesa sanitaria in Francia è, pro capite, il 40% maggiore che in Italia (3.572€ vs 2.551) e in Germania l’85% più elevata (4.713€).

I dati di altri Paesi, con sistemi misti suscitano maggiori preoccupazioni sia in termini di spesa sanitaria complessiva che di incremento dei premi assicurativi, che crescono in misura assai maggiore sia del reddito  che delle stesse spese out of pocket. In Usa in 10 anni i premi assicurativi sono cresciti del 127,6% (il reddito del 30%, l’out of pocket del 74,1%), in Svizzera del 107% (il reddito del 43%).

Noi abbiamo già sperimentato un sistema assicurativo che era, in sostanza quello mutualistico. I costi crescevano con un tasso assai maggiore di quanto è avvenuto successivamente, con la realizzazione del SSN, anche nei periodi di maggiore crescita della spesa sanitaria. Nel decennio precedente la riforma la spesa sostenuta dalle mutue per le sole rette ospedaliere è cresciuta, per sei anni consecutivi, con un ritmo del 18,5% annuo.

Quindi, rispetto al SSN, il finanziamento generalizzato di un Secondo pilastro toglierà maggiori risorse al reddito familiare o, come si suole dire, al risparmio degli italiani; un risparmio lordo che tende già a calare rispetto al reddito disponibile e ad attestarsi al di sotto della media dell’area euro.

Fonte: Quotidiano Sanità

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