REMS e oltre. Consegne e nuovi mandati. di Pietro Pellegrini

Gentili Colleghi*,

ci troviamo qui per il quinto anno consecutivo a fare il punto sullo stato di attuazione della legge 81/2014 nella nostra regione.

Abbiamo lavorato insieme, affrontato tante difficoltà e incertezze. Abbiamo inventato un modello di lavoro, a partire dalle migliori pratiche già in essere nell’ultima fase dell’OPG rivedendole alla luce di quelle della psichiatria di comunità. Ne è derivato un modello originale, molto complesso che certamente non è lineare e definitivo in quanto come ricorda Basaglia (VEDI: www.youtube.com/watch?v=NNoK3_45UqU ) la realizzazione della riforma “sarà sempre un progetto perché non avrà mai fine, è sempre qualcosa che muta e mutando crea contraddizioni”.

Voglio ringraziare tutti gli operatori per l’impegno, il coraggio e la dedizione, la Direzione Aziendale per la costante attenzione e la Regione per il sostegno.

Quest’anno siamo di fronte ad un’ulteriore importante modifica: la REMS (Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza) di Reggio Emilia, realizzata in applicazione dei programmi regionali, ormai è pronta e quindi si devono definire tempi e modalità di attivazione. Questa è anche l’occasione per approfondire il dibattito sul tipo di risposta da dare ai pazienti psichiatrici autori di reato. A questo proposito l’esperienza di questi ultimi anni appare molto significativa e da tenere in grande considerazione ma per dirla con le parole di Franco Corleone, la “rivoluzione gentile” ha atteso inutilmente una riforma organica che non si è realizzata, tanto che oggi politicamente tutto sembra essere finito in un limbo.

Abbiamo ben presenti i molti cambiamenti introdotti dalla legge 81 /2014 la quale non solo ha disposto la chiusura degli OPG (Ospedali Psichiatrici Giudiziari) ma ha creato un nuovo sistema di comunità che fa riferimento alla legge 180/1978 e vede alcuni principi di fondo: la residualità della misura di sicurezza detentiva, la territorialità su base regionale, la durata massima della misura non superiore alla pena edittale massima, il numero chiuso nelle REMS, l’assenza di contenzioni e un orientamento alla recovery e al no restraint. La gestione delle strutture è sanitaria mentre la vigilanza esterna è affidata alle forze dell’ordine. L’applicazione della legge ha richiesto collaborazioni interistituzionali e non ha ancora trovato un assetto definitivo. Se il lavoro che si è realizzato è stato effettuato in larga parte nei DSM, va ricordato il sostegno e l’attenzione della giustizia. Significative sono le prese di posizione del Consiglio Superiore della Magistratura (“Disposizioni urgenti in materia di superamento degli Ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) e di istituzione delle Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (REMS), di cui alla legge n. 81 del 2014. Questioni interpretative e problemi applicativi” 19 aprile 2017.  “Risoluzione sui Protocolli operativi in tema di misure di sicurezza psichiatriche” del 21 settembre 2018 ) il quale si è espresso per ben due volte ritenendo necessario “delineare un quadro di buone pratiche e di schemi procedimentali, volti a valorizzare le acquisizioni scientifiche e dottrinali emerse nell’ultimo decennio, nonché a garantire un effettivo sviluppo ai principi insiti nelle novelle legislative”. Inoltre ha sottolineato come sia strategica la collaborazione tra giustizia e psichiatria che porti a protocolli, come abbiamo fatto in Emilia Romagna (DGR Regione Emilia n. 767/2018, Protocollo Operativo tra Magistratura, Regione Emilia Romagna e Ufficio Esecuzione Penale Esterna per l’applicazione della legge 81/2014 sottoscritto il 30 maggio 2018), e allo sviluppo di un dialogo costante e reciproco.

In dettaglio, il Consiglio Superiore della Magistratura auspica “una costante integrazione funzionale” tra gli Uffici di Sorveglianza, quali organi giudiziari preposti alla vigilanza sulla esecuzione delle misure di sicurezza, i Dipartimenti di Salute Mentale e le sue unità operative complesse nonché le Direzioni delle Rems, quali organi deputati alla diagnosi e cura delle malattie psichiche, e gli uffici UEPE, aventi una funzione di controllo e supporto sociale alle persone affette da malattia psichica collocate sul territorio.

D’altronde, la necessità che, al fine di una piena realizzazione degli obiettivi perseguiti dalla riforma e dei principi ivi delineati, tutti i soggetti istituzionali coinvolti collaborassero e dialogassero tra loro, era stata indicata dalla Conferenza Unificata Stato-Regioni già nell’accordo 26 febbraio 2015 (Accordo, ai sensi del DM 1° ottobre 2012, Allegato A, concernente disposizioni per il definitivo superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari in attuazione al D.M. 1 ottobre 2012, emanato in applicazione dell’art. 3-ter, comma 2, del decreto legge 22 dicembre 2011, n. 211 convertito, con modificazioni, dalla legge 17 febbraio 2012, n. 9 e modificato dal decreto legge 31 marzo 2014 n. 52, convertito in legge 30 maggio 20152014 n. 2014, n. 81). Un accordo di transizione, di durata annuale, che andrebbe rivisto. A tutti i soggetti sopraelencati vanno aggiunte Prefetture e Forze dell’Ordine visto che ad esse, ai sensi del Decreto del Ministero della Salute 1 ottobre 2012, viene affidata l’attività perimetrale di sicurezza e di vigilanza esterna con la previsione di assicurare, se necessario, diversi livelli di protezione in relazione alle caratteristiche psicopatologiche e alla loro evoluzione.

Se questi sono i punti positivi, molte norme non sono cambiate (imputabilità,  pericolosità sociale, misure di sicurezza, art. 148 c.p.) e in molti casi sono rimaste invariate culture e prassi. Da più parti si è erroneamente ritenuto che l’OPG sia stato solo sostituito dalle più umane REMS. Sono stati sollecitati più posti in REMS stigmatizzando il problema delle liste di attesa o denunciando la presenza di malati pericolosi in giro. Agli psichiatri è stato lasciato il peso e la responsabilità anche psicologica dell’attuazione della legge e degli eventi critici. Da qualche parte viene rimpianto il modello di OPG di Castiglione delle Stiviere.

I decreti applicativi della legge 103/2017 che pure avevano suscitato dibattiti e perplessità ma anche speranze circa la possibilità di delineare un sistema unitario, in grado di assicurare il diritto alla salute a prescindere dallo stato giuridico della persona, hanno ridotto le possibilità di misure alternative e la sorveglianza dinamiche e rimosso il tema della salute mentale negli Istituiti di Pena. Sono rimaste le incertezze su misure di sicurezza definitive e provvisorie da attuare in REMS le quali sono pressate dalle stesse situazioni che prima finivano in OPG. Così i “case mix” di ogni REMS sono più frutto delle prassi locali che non di chiare definizioni legislative. Formazione, conoscenze, mentalità, relazioni e prassi sono assai differenziate a seconda dell’ ambito territoriale.

Cosa abbiamo maturato?

La legge 81 può funzionare/funziona in quanto la maggior parte dei pazienti è nel territorio.  I dati approssimativi indicano un rapporto di 1 caso in REMS/ 15 casi sul territorio (purtroppo l’intero processo manca di un valido sistema informativo nazionale).

Questo implica la definizione delle Buone Prassi nella chiarezza dei ruoli,  il “doppio patto”, la definizione dei PTRI e modelli d’intervento. Una “consensus conference” nazionale potrebbe essere la via attraverso la quale giungere anche alla revisione degli Accordi Stato-Regioni e validare i regolamenti e buone prassi.

Al contempo è parso evidente come sia necessario il sostegno dei Centri di Salute Mentale (CSM) sia in termini di risorse che di competenze professionali. E’ diventato infatti necessario potenziare i servizi territoriali e residenziali, ad esempio mediante l’istituzione in ogni DSM di una funzione/UO di Psicopatologia Forense. Un percorso giudiziario, efficiente, efficace, è facilitato se fin dall’inizio, vi è una collaborazione tra psichiatria e giustizia che può continuare e accompagnare tutte le fasi del procedimento. Questo è fondamentale per una corretta attività di diagnosi e cura che vede intensità e qualità degli interventi psichiatrici differenziati. Un processo che oltre altri strumenti della psichiatria di comunità, deve per quanto possibile tendere alla riparazione, tenendo conto degli aspetti culturali, religiosi e spirituali. La persona (e gli operatori dei servizi di salute mentale) hanno bisogno di una giustizia che fa la sua parte, compagna di viaggio che, insieme alle Forze dell’Ordine, sia in grado di dare fiducia, sicurezza e speranza nell’inevitabile confronto con la gravità del male.

Un lavoro che richiede competenze precise e si avvale nella chiarezza del lavoro congiunto. Questo viene facilitato da formazione, cultura e ricerca. Una comune responsabilità per il corretto funzionamento dell’intero sistema, che veda i punti critici come le  liste di attesa ma anche l’effetto “accumulo” sia dei casi  in REMS sia di quelli seguiti dai CSM per i quali la misura talora viene prorogata “sine die” come se la condizione di libero vigilato non potesse lasciare il posto a quella di “libero cittadino”. Occorrono sforzi per valutazioni collegiali che tengano conto dei limiti dell’azione terapeutica e tendano a mitigare la non sintonia dei tempi della cura rispetto a quelli della giustizia. Una persona con una psicosi non trattata, se curato può migliorare in qualche mese, mentre un Disturbo grave della personalità con uso problematico di sostanze ha un andamento cronico recidivante. Voler imporre a questi soggetti protratte limitazioni della libertà non migliora gli esiti della cura ed apre elevati problemi gestionali, di sicurezza e spinge le strutture verso impropri (e impossibili) compiti custodiali del tutto inutili per la persona e addirittura dannosi per gli altri ospiti, gli operatori e i contesti. Le violazioni, le fughe in particolare sono risultate l’elemento critico che più si è verificato nella nostra esperienza. I soggetti con disturbi gravi della personalità, psicopatia, uso di sostanze richiedono percorsi innovativi tra sistema penale e sanitario, programmi personalizzati, sostenuti da Budget di salute.

Vi è quindi la necessità di sostenere il percorso di attuazione con adeguate risorse anche economiche visto che i 2/3 delle persone sul territorio è ospite di Residenze/Comunità e rilevante è anche l’impegno nei Budget di salute.

Buone Pratiche nei percorsi giudiziari

Il riferimento alle Buone pratiche appare assai utile non solo ai fini del buon funzionamento del sistema riformato ma anche per dare agli operatori, in un ambito assai complesso,  incerto e indubbiamente carico di rischi, i necessari riferimenti anche ai fini della responsabilità professionale ai sensi della legge 24/2017.

In questo ambito, infatti, non esistono Linee Guida (LG) nazionali e quelle internazionali reperibili sono state sviluppate in contesti normativi e organizzativi del tutto diversi da quello italiano e pertanto risultano inapplicabili nel nostro paese. In assenza di LG, le Buone Pratiche devono essere individuate, definite e concordate. Un modo per cercare di uscire dalla posizione di garanzia che continua ad essere attribuita al medico psichiatra, in assenza di reali possibilità professionali e organizzative per poterla assumere.  La creazione di una condizione di sicurezza operativa è essenziale per la cura e dovrebbe essere fondata sulla chiarezza di quanto  comunicare alla magistratura, garantendo al contempo il “privilegio terapeutico” e il segreto professionale.

L’esperienza ci consente di identificare le Buone pratiche e di iniziare a definirle a partire da documenti, disposizioni, protocolli, accordi per poterle poi condividere con tutti i soggetti interessati a dare attuazione alla legge. Infatti, il ciclo delle buone pratiche prevede diverse fasi (http://buonepratiche.agenas.it/observatory.aspx) : “Condivisione del modello e degli strumenti”, “Individuazione delle esperienze”, “Classificazione e Valutazione”, “Diffusione e informazione”, “Trasferimento”. In questo periodo, pur essendo ancora in una fase di condivisione del modello e degli strumenti, può essere molto utile individuare i punti più significativi che possano essere di riferimento per il miglioramento del sistema. Nel nostro paese, il riferimento è Agenas (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali) che ha attivato un Osservatorio Nazionale Classificazione OBP  (Osservatorio Buone Pratiche Agenas. La suddivisione in Buone Pratiche, Buone Pratiche Potenziali e Iniziative), Il Call for good practice (“La call for good practice è una iniziativa volta a rilevare gli interventi/esperienze attuati dalle organizzazioni sanitarie che abbiano dimostrato un miglioramento della sicurezza dei pazienti (suddivisi per tipologia in “raccolta dati”, “coinvolgimento del paziente”, “cambiamenti specifici”, “interventi integrati”) e che rispondono ai seguenti criteri:  n. attuati a livello regionale, aziendale o di unità operativa; n basati su evidenze da letteratura; n realizzati secondo i principi del miglioramento continuo della qualità e rappresentati in accordo con linee-guida internazionali (SQUIRE)  con particolare attenzione alla metodologia di valutazione dell’efficacia e dei costi); n sostenibili nel tempo; n potenzialmente riproducibili/trasferibili in altri contesti”) e un sistema di Monitoraggio delle buone pratiche per la sicurezza del paziente.

La definizione di Buone Pratiche non appare affatto semplice e nei diversi contributi ne viene colto più l’aspetto pragmatico che quello teorico. Ai fini del nostro discorso, sono identificate come “buone pratiche” sia quelle indicate da documenti sia quelle ritenute dopo una valutazione delle esperienze da parte professionisti e utenti, appropriate, efficaci, sicure, utili, gradite.

Senza addentrarci negli aspetti teorici e strettamente metodologici, va rilevato che nei sistemi complessi non è sufficiente considerare solo i problemi gestionali all’interno di una specifica struttura (ad es. di una specifico dipartimento), quanto piuttosto le criticità derivanti dall’interazione tra più sistemi e istituzioni ciascuno dei quali ha suoi riferimenti normativi, organizzazione, visioni e tempi. E’ quindi essenziale considerare gli aspetti interorganizzativi con i tutti i servizi che hanno un ruolo importante per la cura della persona con disturbi mentali autrice di reato. Questo non solo relativamente al “cure”, ma soprattutto al “care”, come la disponibilità di mezzi e di tutele assistenziali, la formazione-lavoro, il reddito, la disponibilità di soluzioni abitative, la qualità delle comunicazioni, la vivibilità. In questo hanno un ruolo molto rilevante anche gli operatori di giustizia e delle forze dell’ordine in quanto garanti dei diritti della persona e della sicurezza dei cittadini.

Le buone pratiche in salute mentale attivate dal sistema pubblico, privato e privato sociale sono esperienze significative ed efficaci se danno piena realizzazione al mandato di cura che si sostanzia in un miglioramento delle condizioni di salute del paziente nella sua recovery e inclusione sociale. Gli ambiti più significativi sono quelli del funzionamento psicosociale nelle relazioni, nella formazione-lavoro, abitare, socialità, cura, prevenzione e promozione della salute. Per quanto attiene gli autori di reato pur essendovi una priorità del mandato di cura, nell’interesse della persona e della comunità sociale, è certamente importante anche rilevare le pratiche che prevengano le ricadute e la commissione di nuovi reati.

Di seguito alcune Buone pratiche nei percorsi con pazienti psichiatrici autori di reato.

  1. a) Come premessa vi è per la persona il diritto all’identità, a documenti al riconoscimento di una residenza. La buona pratica è fornire documenti di identità e residenza come premessa ad ottenere i diritti. A tal fine Comuni, Prefetture, Enti vari sono fondamentali.

Razionale: essere disconosciuti in questo mina alla base ogni processo di soggettivazione e quindi di cura. Per questo occorre essere riconosciuti come persona degna di diritti e di parola. L’apolide, lo straniero devono trovare basi e mezzi (non necessariamente parole) per essere compresi, in modo che il destino sia comune, quello di ciascuno legato a quello dell’altro. Dare motivi per comprendere quanto accaduto e farlo diventare un tema del proprio cambiamento, dell’assunzione di responsabilità, inscrivere nella propria storia ed elaborare il male, porvi come possibile rimedio, riaprirsi alla speranza e al futuro. Questo è tanto più importante per persone con disturbi mentali che vedono la loro esistenza compromessa, connotata dall’inquieta presenza di un ignoto che abita il proprio corpo, segna i pensieri, condizioni affetti e manipola le intenzioni. Persone che hanno bisogno dell’altro della sua mente e delle cure per poter riprendere un funzionamento mentale più adeguato, per rivedere la propria storia darvi senso e rappresentazione.

b)) Nei rapporti tra giustizia e psichiatria è essenziale la conoscenza reciproca, la definizione delle modalità di collegamento e comunicazione: numeri di telefono, indirizzi esatti, modalità di contatto, conoscenza personale. Possono essere diffuse le mappe dei servizi, i numeri di tel. dei magistrati e degli psichiatri, uffici che possano fare da riferimento per le comunicazioni. Nelle relazioni cliniche e nei provvedimenti giudiziari sarebbe necessario indicare “il responsabile del procedimento”.

Razionale: la conoscenza reciproca aiuta a creare una condivisione culturale e operativa di fondo in grado di cogliere le differenti esigenze e condizioni di ogni sistema. Un quadro di fiducia istituzionale in grado di superare le logiche “difensive”. Nelle esperienze si nota la necessità di avere chiari punti di riferimento che eviti le incertezze, le confusioni, il vuoto informativo che risulta assai ansiogeno per utenti che mal tollerano lo stress il quale per altro può attivare reazioni gravi, anche di tipo psicotico, alterazioni comportamentali e riacutizzare la patologia di base. Per ridurre lo stress risulta essenziale la concertazione dei contenuti e il coordinamento dei tempi che possono risultare assai diversi tra i due sistemi. I tempi della cura devono essere rispettati altrimenti si alzano i rischi di effetti iatrogeni e cronicizzanti che finiscono con l’assommarsi come sindrome istituzionale a quelli connessi al disturbo mentale preesistente.

  1. c) Esplicitazione delle caratteristiche delle strutture dei Dipartimenti di Salute Mentale (DSM) e delle REMS mediante moduli specifici, carte dei servizi, regolamenti delle strutture.

Razionale: una conoscenza dei DSM prima dell’adozione del provvedimento giudiziario mediante l’invio alla magistratura delle caratteristiche della struttura ospedaliera, residenziale o territoriale e del regolamento della REMS può facilitare la decisione del magistrato, specie se lo psichiatra o il perito danno indicazioni circa l’intensità di cura necessaria. Il magistrato farà poi le sue valutazioni circa i livelli di sorveglianza e controllo che sono nelle competenze delle forze dell’ordine.

Nel provvedimento che il magistrato adotterà per collocare il paziente nella struttura, “deve contenere” l’approvazione delle caratteristiche della stessa e del suo regolamento (compreso quello della REMS) al fine di poter realizzare fin da subito tutti gli interventi sanitari necessari che per le REMS sono disponibili  solo nell’ambito dell’intera Azienda Sanitaria. Le attività di cura anche esterne alla REMS dovranno essere comprese nell’atto di definizione della misura e non essere oggetto di separata successiva autorizzazione. E’ fondamentale che la persona sia nel “programma REMS” e non chiuso nel perimetro fisico della REMS.

Infine, per le Forze dell’Ordine, è importante che nel provvedimento siano definite anche le misure necessarie per assicurare adeguati livelli di protezione in casi particolare pericolosità.

  1. d) Valutazione

La valutazione psichiatrica deve essere rapida e accompagnare tutto l’iter giudiziario. La valutazione deve essere dinamica e relazionale,  e contenere anche i possibili provvedimenti terapeutici. Per quanto sia auspicabile una valutazione standardizzata ma l’applicazione di determinati strumenti (test, questionari ecc.) in certe fasi può risultare difficile o impossibile.

Razionale: circa l’ 80% dei pazienti autori di reato è conosciuto dai DSM. La valutazione preliminare e la conoscenza dello stato antecedente al reato di utenti già in cura ai DSM può essere molto utile per il magistrato chiamato ad intervenire. In questo modo potrà fornire adeguate informazioni e indicazioni se il paziente è noto e in cura mentre potrà dare orientamenti tecnici qualora la persona sia sconosciuta ai servizi. Per le persone non note, le segnalazioni urgenti di pericolosità sociale a fronte di comportamenti disturbanti o antisociali, anche se potenzialmente espressivi del sospetto di una condizione psicopatologica,  dovrebbero essere affrontati in primo luogo, in un contesto normalizzante e responsabilizzante dalle forze dell’ordine assicurando poi in sede clinica tutti gli interventi di diagnosi e cura necessari.

1) Quesito peritale

Il quesito peritale dovrebbe essere aggiornato secondo la legge 81 e contenere oltre alla richiesta di valutare la capacità di intendere e di volere al momento del fatto e la pericolosità sociale,  la capacità di stare in giudizio, anche indicazioni circa la misura più idonea (uno specifico piano terapeutico), da individuare d’intesa con i servizi sanitari territoriali competenti. Qualora il ricovero in REMS sia ritenuto l’unica misura idonea ma non sia realizzabile, il perito d’intesa con il DSM può individuare percorsi terapeutici alternativi, anche temporanei, se, sulla base delle informazioni assunte, non sussista la possibilità di un immediato ricovero.

Razionale: Il quesito peritale è fondamentale per la decisione del giudice oltre alle classiche domande relative all’imputabilità, pericolosità sociale e capacità di stare in giudizio dovranno anche evidenziare i bisogni di cura in termini realistici e non ideali, tenendo presente anche il punto di vista del paziente. Al fine di rendere il più possibile operativi gli esiti della perizia dovrebbe essere obbligatorio il contatto preliminare tra perito e DSM compente per territorio sia per inquadrare al meglio in paziente rispetto alla famiglia e alla sua comunità sociale, sia per addivenire al più appropriato programma di cura, tenendo conto dei limiti e delle caratteristiche delle strutture. Va infine  tenuto conto che il ricovero in REMS è residuale e quindi vanno esperite le soluzioni altenative.

2) Contatto prima udienza

Nei casi complessi o non chiari può essere una Buona prassi fissare un contatto tra magistrato e psichiatra e se necessario una riunione per una valutazione congiunta della situazione.

Razionale: il contatto facilita la scelta della soluzione più adeguata per la persona

3) Relazioni psichiatriche

Definire uno schema di riferimento e una tempistica per le esigenze giudiziarie che sono diverse a seconda della cognizione e della sorveglianza.

Razionale: nella fase di cognizione il magistrato ha tempi ristretti (96 ore) e quindi occorre formulare una prima relazione di orientamento utile all’assunzione di decisioni. La relazione potrà essere approfondita successivamente.

Nella fase successiva, è buona prassi che eventuali proposte dello psichiatra o del servizio vengano discusse ex ante con il magistrato al fine di non creare malintesi e/o delusioni al paziente che talora finisce per trovarsi tra psichiatra e magistrato con il rischio di perdere la fiducia in entrambi, oltre che in se stesso. La logica della solidità e coerenza delle figure adulte di potere dovrebbe sostituire quella attuale che vede due fasi separate quella della proposta dello psichiatra e accettazione/rifiuto del magistrato. Una condizione che facilita lo scarico di responsabilità o visioni difensive o talora atteggiamenti collusivi tra psichiatra e paziente “contro” il giudice.

  1. e) Partecipazione utente e ruolo dell’avvocatura

E’ buona prassi che l’utente partecipi alle udienze assistito dal suo legale e se necessario anche dal personale sanitario. La persona deve sentire che qualcuno sta solo dalla sua parte.

Razionale: per il percorso di cura e abilitazione è essenziale rendere sempre la persona consapevole dello stato del procedimento. E’ fondamentale il ruolo dell’avvocatura in questo, nel sostenere i diritti, nel creare chiarezza e possibili mediazioni, ma anche per motivare la persona al cambiamento, alla responsabilità.

  1. f) Comunicazione dell’esito udienze.

E’ buona prassi che i contenuti delle prescrizioni e della durata massima della misura di sicurezza vanno comunicate alla persona entro tempi certi  possibilmente subito e al massimo 2 settimane.

Razionale: l’incertezza e lo stress peggiorano il quadro psicopatologico e minano la relazione di fiducia e compromettono adesione alle cure e la speranza.

Va evitato il possibile vuoto dopo la sentenza definitiva nel passaggio del fascicolo alla magistratura di sorveglianza. Occorre dare sicurezza

  1. g) Presa in carico del DSM. Definizione del PTRI secondo i tempi.

Razionale: è un compito essenziale per dare realizzazione alla legge 81 e può essere facilitato se il Centro di Salute Mentale competente viene supportato da un’UO funzionale di Psicopatologia Forense. Questa può anche facilitare le relazioni con la magistratura e gli istituti di pena.

  1. h) Gestione della Lista di attesa.

E’ Buona Prassi l’istituzione di un Cruscotto a livello regionale, composto da psichiatri e magistrati che nel rispetto delle specifiche competenze potrebbe: favorire la revoca o cambio della misura di sicurezza detentiva con la libertà vigilata se paziente è ben inserito in ambiti o strutture diverse dalle REMS; riservare le REMS per misure di sicurezza definitive specie per reati gravi e facilitare la dimissione; promuovere soluzioni alternative alla REMS per misure provvisorie.

Razionale: dare migliore funzionalità all’intero sistema.

  1. i) E’ Buona Prassi una rivalutazione delle prescrizioni, licenze, permessi. Definire tempi certi e sburocratizzare al massimo previlegiando le richieste globali e permessi per periodi almeno quadrimestrali o semestrali. Tempi di risposta predefinti di massimo 14 gg.

Razionale: l’incertezza e lo stress peggiorano il quadro psicopatologico e minano la relazione di fiducia e compromettono adesione alle cure e la speranza.

  1. l) Casi complessi. I diritti sociali. Presa in carico dei Comuni. Risoluzione tramite le prefetture ed al. dei casi di apolidi, “senza fissa dimora”, clandestini-irregolari ecc. stranieri anche tramite le ambasciate. E’ Buona Prassi prevedere progetti per il futuro e facilitare anche il rientro nei paesi di provenienza.

Razionale: senza identità e residenza non sono possibili i percorsi di cura e inclusione sociale, e i diritti.  Prendere atto del fallimento dei progetti migratori  quindi della possibilità di un rientro.

  1. m) Modello operativo: è Buona prassi una presa in cura multiprofessionale che sia in grado di assicurare i diritti sociali e non solo quelli alla salute. Quindi reddito, formazione lavoro, alloggio, reddito, relazioni. Un processo abilitante che può essere sostenuto anche dal BDS il quale tuttavia, va precisato, che non sostituisce i diritti. Approccio biopsicosociale in grado di integrare interventi medici, psicologici e sociali. Accoglienza non giudicante, responsabilizzante, emancipativa, capace di ascolto e di dare senso tenendo conto degli aspetti multiculturali, della religione e degli aspetti spirituali (Stanza del silenzio). Incontro con i saggi.

Razionale: la metododologia di lavoro nei percorsi giudiziari implica una strutturazione metodologica e valutativa. Va approfondita anche la questione di genere: le donne sono il 10% circa dei pazienti in REMS ma meritano un’attenzione specifica.

  1. n) Ruolo dei Comuni: è Buona Prassi attivare i servizi sociali dei Comuni di residenza sia per sostenere i diritti di cittadinanza sia per poter lavorare con i contesti.

Razionale: senza identità e residenza non sono possibili i percorsi di cura e inclusione sociale, e i diritti.

  1. o) Ruolo dei garanti, di associazioni e società civile, protagonismo degli utenti. E’buona prassi attivare relazioni e visite periodiche.

Razionale: tutte le sedi della salute mentale e a maggior ragione dove sono applicate alle persone misure giudiziarie devono essere aperte e garantite. Va migliorata la tutela giudiziaria (anche con l’avvocatura) e l protagonismo degli utenti.

Supportare i Centri di Salute Mentale

Oltre alle buone prassi da questi anni di lavoro è derivata la convinzione che i Centri di Salute Mentale debbano essere sostenuti con competenze e risorse. Prima di accennare a questo credo occorra fare un cenno a due  questioni  tecnico disciplinari che le nostre esperienze hanno evidenziato:

  1. a) la grande rilevanza di abuso, violenze e neglect, come elementi anamnestici, stili di attaccamenti patologici, funzionamenti disregolati nei soggetti autori di reato apre la necessità di una visione psicopatologica evolutiva e di dare spazio ad interventi preventivi e precoci. Questo anche in relazione alla crescita dei minori autori di reato.
  2. b) altro punto che va risolto è quello dei mandati di cura e controllo: le impostazioni “no restraint” che vanno favorite superando completamente le pratiche custodiali. Se queste devono essere applicate non lo si faccia in nome della cura ma di altre leggi. Il fatto che l’evento avverso più frequente sia stato l’allontanamento indebito, anche per pressioni dell’ opinione pubblica ha spinto le strutture in una impropria e pericolosa direzione custodiale, quando invece gli eventi violativi dovrebbero visti in altre luce e in una prospettiva di libertà e responsabilità piuttosto che di coercizione.

Tornando al sostegno dei CSM nel 2016 abbiamo istituito la UOC “Residenze Psichiatriche e Psicopatologia Forense” (d’ora in poi UOC) che integra la SS Salute Mentale Dipendenze Patologiche negli Istituti Penitenziari” e la Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza” (REMS) di Casale di Mezzani. Una UO che è diventata via via riferimento anche per le misure di sicurezza non detentive provvisorie e le misure alternative al carcere, sia come arresti che detenzione domiciliare (o in luogo di cura) applicate a persone in cura che dal punto di vista giuridico non hanno ancora avuto pronunciamenti in merito all’imputabilità.

Le funzioni della UOC “Psicopatologie Forense” si esplicano sia rispetto al sistema dipartimentale (Direzione, Centri di Salute Mentale che alla rete Ospedaliera e Residenziale) sia nelle relazioni esterne in particolare con l’Autorità Giudiziaria in quanto si avverte la necessità gestionale e operativa di portare ad una visione unitaria e ad una prassi più omogenea un insieme di interventi che attualmente sono un po’ frammentati, discontinui, approssimativi. Questo può causare inefficienze, omissioni, carenze progettuali e interventi poco appropriati. Questa necessità di intervento va resa coerente con la previsione in base alla quale la persona è sempre titolare del diritto alla salute a prescindere dallo stato giuridico e pertanto il riferimento per la diagnosi e la presa in cura dovrebbe essere il CSM di riferimento territoriale.

Per rendere effettivo questo orientamento, in questa fase di grande innovazione, occorre prendere atto che alcune collocazioni della persona, quali quelle negli Istituti di Pena, alla REMS o in stato di arresto/detenzione, richiedono competenze non solo di tipo psichiatrico ma anche normativi e interazioni con la magistratura che è utile realizzare mediante Competenze dedicate, una funzione esperta, che possa supportare il personale dei CSM.

Attualmente la UOC dispone di personale con competenze clinico psichiatriche, psicologiche e criminologiche,  assistenziali, giuridiche e amministrativo tali da poter operare a fianco dei servizi territoriali, con i pazienti autori di reato che siano collocati in ambito penitenziario, REMS, territorio dei quali provvede a tenere uno specifico Cruscotto. In questo sono registrati tutti gli utenti psichiatrici che siano oggetto di provvedimenti giudiziari e la UOC è responsabile anche della corretta tenuta dello SMOP e degli adempimenti richiesti dall’Autorità Giudiziaria.

Al fine di un corretto funzionamento si distinguono le seguenti eventualità:

  1. a) persona non nota ai servizi. La UOC, d’intesa con i responsabili di CSM o SERD, provvede alla raccolta delle informazioni, alla valutazione e alla presa in cura e si raccorda con la magistratura per la definizione del programma di cura che è utile orientare fin dal primo momento secondo criteri dell’appropriatezza.

La presa in carico diretta della UOC continua fino alla collocazione stabile o alla definizione del programma da parte del CSM. Il passaggio della presa in cura dalla UOC al CSM deve avvenire formalmente.

A quel punto il paziente è in carico al CSM e la UOC Psicopatologia Forense provvederà al coordinamento funzionale e a supportare il CSM nei rapporti con la Magistratura curando l’invio delle relazioni, il rispetto delle scadenze, le variazioni progettuali e cura l’interfaccia con tutti i soggetti del sistema giudiziario.

  1. b) Paziente già in carico al CSM. In questo caso il Responsabile del CSM e il Direttore della UOC provvederanno a concordare la microequipe e il responsabile della presa in cura, alla luce anche del percorso giudiziario che viene coordinato funzionale dalla UOC.

La microequipe potrà vedere una composizione congiunta di professionisti della UOC e del CSM o SERD designati dai rispettivi responsabili. A quest’ultima competono anche i rapporti con Enti Locali e le altre agenzie sociali, previdenziali e giudiziarie in ambito civile (amministrazione di sostegno).

Competenze funzionali della UOC

Per quanto attiene agli aspetti giudiziari, il coordinamento è della UOC da parte del Direttore coadivuato dall’Assistente sociale.

La UOC è anche l’interfaccia per i Periti e Consulenti di Parte, Avvocati, Garanti e altri soggetti che esercitano funzioni di vigilanza, tutela dei diritti. In questo quadro cura accessi agli atti, relazioni cliniche, attività informative e comunicative.

La UOC provvede alla gestione del Cruscotto dove vengono registrati tutti i soggetti residenti nell’Ausl di Parma, o comunque di sua competenza, che siano oggetto di misure giudiziarie specificando oltre ai dati anagrafici, tipo di misura, collocazione e scadenze. Viene effettuato il monitoraggio mensile di tutti i programmi di cura e il report del Cruscotto è inviato ogni due mesi ai Responsabili di CSM e a cadenza bimensile viene tenuta una riunione del direttore della UOC con i Responsabili dei CSM o loro delegati.

Annualmente il direttore della UOC provvede alla stesura della Relazione annuale sull’andamento del Cruscotto nella quale espone i dati, l’attività svolta, i risultati/ le criticità e le proposte di miglioramento, sia nell’ambito del governo clinico, della formazione e organizzativo-gestionali e di valutazione degli esiti.

La UOC, nell’ambito del Cruscotto e d’intesa con i responsabili dei CSM, cura la corretta tenuta della documentazione clinica e giudiziaria di propria competenza. La tenuta dovrà prevedere sia quella presso il Cruscotto sia in Cartella clinica.

Nell’operatività la gestione del Cruscotto da parte della UOC prevede che, d’intesa con il responsabile del CSM/SERD e per quanto di competenza con la UO Interventi Psicosociali Intensivi e Integrati, vengano formulati programmi di cura da proporre alla Magistratura di Sorveglianza volti allo sviluppo della responsabilità della persona, orientata all’autonomia e alla recovery nonché alla possibile riduzione delle limitazioni della libertà, sostenendo i diritti e favorendo le opportunità.

La UOC, d’intesa con diversi soggetti del territorio, sviluppa anche azioni volte al recupero della disponibilità del contesto, della famiglia e nell’ottica di favorire interventi riparativi.

Favorisce lo sviluppo delle competenze, l’acquisizione degli strumenti valutativi standardizzati sia clinici, sia relativi alla gestione del rischio.

In applicazione della DGR 1315/2015 e DGR 767/2018 (Approvazione dello Schema di Protocollo Operativo tra Magistratura, Regione Emilia-Romagna e Ufficio Esecuzione Penale Esterna per l’applicazione della legge n.81/2014) la UOC collabora con la Magistratura in tutte le fasi del procedimento giudiziario e a tal fine:

– mantiene, d’intesa con i Servizi Ospedalieri o Residenziali o Territoriali ove si trovi la persona, le relazioni con l’Autorità Giudiziaria

– in relazione al programma di cura, acquisite le necessarie disponibilità nel caso di accesso all’OPA Maria Luigia, o da altri soggetti responsabili della Cooperazione Sociale, provvede a fornire proposte di collocazione della persona utilizzando la specifica modulistica;

– ai sensi della legge 81/2014, opera al fine di prevenire l’applicazione di misure di sicurezza detentive formulando proposte alternative;

– tiene i rapporti con la REMS e provvede, d’intesa con il Responsabile del CSM, alla stesura del PTRI e al suo caricamento nel sistema SMOP nei termini stabiliti;

– favorire d’intesa con la Magistratura, le collocazioni alternative alla REMS o alla detenzione;

– tiene un monitoraggio dei progetti e degli esiti.

  • Cura inoltre l’attività formativa-didattica e comunicativa con specifiche proposte da inserire nei rispettivi Piani Annuali. Dette attività dovranno essere rivolte anche a tutti i soggetti OPA Maria Luigia, Coop. sociale.
  • Formula proposte di ricerca e innovazione.
  • Partecipa alle attività di Coordinamento della Regione Emilia Romagna. In questo ambito, d’intesa con al NPIA, la UOC opera anche il necessario raccordo con la Giustizia Minorile per l’applicazione della specifica normativa. Sostenere i CSM e vede l’andamento epidemiologico. La stima del nostro cruscotto, sulla base dei dati degli ultimi 4 anni, indica che vi siano circa 2 nuovi casi ogni 100.000 ab.

Composizione Equipe: direttore UOC, Coordinatore, Ass. sociale, Infermiere/operatore, Amm.vo.

Per i singoli casi l’Equipe potrà/dovrà essere integrata con il Responsabile del CSM o delegato.

Conclusione

Parafrasando Basaglia abbiamo dimostrato che è possibile una psichiatria senza OPG, che si può realizzare anche per i pazienti psichiatrici autori di reato interventi incentrati sulla comunità. Un risultato che, 5 anni fa quando abbiamo cominciato, avremmo certamente sottoscritto. E tuttavia la situazione di oggi, le contraddizioni che si sono aperte e la nuova fase politica hanno lasciato la riforma in mezzo al guado e sono evidenti i rischi di regressione.

Il dibattito sulle REMS, il loro numero, le dimensioni, il rilancio di soluzioni tipo Castiglione delle Stiviere, la cultura “securitaria”, l’uso strumentale delle liste di attesa rischiano di riportare il tutto verso la legge 9/2012, di far pensare alle REMS come sostituti dell’OPG e riferimento del sistema.

Un arretramento pericoloso che a mio avviso va contrastato mediante un modello diffuso sul territorio e non incentrato sulle REMS, strutture residuali, sempre temporanee e tendenzialmente da superare. Questo vale anche per la nostra regione e credo che l’unica REMS di Reggio potrà evitare di regredire verso il passato solo nella  misura in cui si alzerà ulteriormente il livello della qualità della risposta dei DSM, degli enti locali, dei cittadini, dei pazienti e familiari.

Un sistema di welfare pubblico universale, fondato sulla Costituzione, è l’unico che può garantire una risposta di comunità, quella più appropriata e efficace.

La legge 81, come la 180, non riguarda solo le persone con disturbi mentali ma tutti in quanto non solo ha ridefinito il “patto sociale” ma ha portato a ripensare le funzioni della pena, la sua esecuzione, ha favorito riflessioni su un sistema carcerario costoso (per ogni posto circa 150 euro/die), poco efficiente e spesso sanzionato a livello europeo.

Un punto chiave che interroga come nel nostro Paese ci si occupa del dissenso, della devianza, delle diversità. La loro segregazione è impossibile e il clima di paura e intolleranza alimentati dal pericolo (vero, presunto, percepito o rappresentato) rischia solo di alimentarlo, in un circolo vizioso che va fermato.

Restando nel nostro ambito, viene da chiedersi: saremo in grado di continuare nella linea della 180, e della legge 81 portando a compimento le pratiche in una comunità che si prende cura mediante pratiche no restraint e fondate sul rispetto dei diritti? O un insieme di fattori, politici, giudiziari, spingono in una direzione diversa e la sola competenza professionale dello psichiatra sulla quale si è scaricata la responsabilità delle riforme è destinata a non reggere più venendo sostituita da una ripresa della segregazione delle persone con disturbi mentali, magari con il sollievo anche degli psichiatri?

Uno scenario che va ben oltre le esternazioni del ministro degli interni e la proposta di legge Marin e di fatto va al core della 180. E’ questa che bisogna difendere ancora. Ne saremo capaci?

Penso di sì e con questo ci diamo appuntamento per il prossimo anno.

 

*Incontro Regione Emilia Romagna superamento OPG – Parma 26 marzo 2019

 

Pietro Pellegrini – Dipartimento Assistenziale Integrato Salute Mentale Dipendenze Patologiche Ausl di Parma Largo Natale Palli 1/B, 43126 Parma, tel. 0521-396624/8, fax 0521-396633, E-Mail <ppellegrini@ausl.pr.it>.

 

 

 

 

 

 

Print Friendly, PDF & Email