Fare salute, un nuovo mo(n)do. di Chiara Di Benedetto

Il libro “Un nuovo mo(n)do per fare salute” nasce con un duplice obiettivo: la riflessione e l’azione consapevole per costruire un modo nuovo – e auspicabilmente anche un mondo – di intendere e costruire salute.

Si chiama “Un nuovo mo(n)do per fare salute” ed è il volume appena pubblicato da Celid.  Raccoglie contributi di più autori, tutti afferenti alla Rete Sostenibilità e Salute, cordata nata nel 2014 dalla pubblicazione della Carta di Bologna per la Sostenibilità e la Salute e che include ora 27 organizzazioni di natura diversa – tra cui il Centro di Salute Internazionale e Interculturale (CSI) di Bologna, Medicina Democratica, Slow Food, Movimento per la Decrescita Felice, FederSpecializzandi – con un obiettivo comune: la riflessione e l’azione consapevole per costruire un modo nuovo – e auspicabilmente anche un mondo – di intendere e “costruire” salute.

Nelle quasi duecento pagine di testo, curato da Jean-Louis Aillon, Matteo Bessone e Chiara Bodini, si alternano le voci e le angolature da cui viene osservato il concetto stesso di salute per elaborare una riflessione critica e informata, che guarda alle connessioni che naturalmente esistono tra salute e altre aree tematiche. Insomma, riprendendo Virchow (1958) citato nel volume, «la medicina è una scienza sociale e la politica non è altro che medicina su larga scala».

A partire dalla definizione data dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1946, cioè la salute come «stato di benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia» si va oltre e si cerca che cosa davvero essa sia, un “processo” più che uno “stato”, profondamente dipendente dai fattori circostanti e per questo in continua evoluzione: la relazione tra salute e ambiente, quella con l’economia, il rapporto con la società e, più ancora, con le stratificazioni sociali esistenti in ciascuna comunità, i cosiddetti gradienti sociali. In un certo senso si fa un passo indietro per farne uno avanti: si cerca alla radice, si scandagliano gli elementi che determinano la salute, o come dicono gli autori “le cause delle cause”, per fare poi una proiezione di valore politico: la salute non è solo responsabilità individuale. Troppo spesso delegata ai singoli, la salute emerge invece come valore profondamente collettivo, di cui tutti siamo responsabili.

Potrebbe apparire cosa scontata, ma basta guardare alla quotidianità in cui viviamo per capire che non è così. Il volume parla chiaro in questo senso, riportando dati che ci mettono di fronte a una realtà ben poco rassicurante: solo l’8% della popolazione mondiale respira un’aria che rispetta gli standard stabiliti dall’OMS (dati WHO 2016). Il 25% di tutte le patologie negli adulti e il 33% nei bambini sotto i 5 anni si possono attribuire a fattori ambientali evitabili. L’OMS stima in circa 13 milioni il numero di morti evitabili, attribuibili annualmente a esposizioni ambientali, di cui 7 milioni attribuibili all’inquinamento atmosferico. L’aspettativa di vita in una città come Torino è più bassa di 5 anni per un operaio non specializzato rispetto a un dirigente. E se guardiamo fuori dai confini nazionali, in una città come Glasgow la differenza sale a 13 anni in base all’estrazione sociale, a San Paolo addirittura a venticinque anni. Sì, avete capito bene.

Di fronte ai numeri della diseguaglianza, la responsabilità non può essere attribuita solo al singolo. O quanto meno non solo. Entrano così in gioco le responsabilità dei governi, gli interessi commerciali, la spinta a una crescita economica infinita in un mondo finito, argomenti ben trattati nel testo con contributi tematici a cura di professionisti.

Si dedica spazio nel corso delle pagine anche al ruolo fondamentale giocato da associazioni o gruppi di soggetti attivi che lavorano per sensibilizzare, fare advocacy, proporre modelli nuovi di sviluppo e sostenibilità. In questo senso, la stessa Rete Sostenibilità e Salute agisce da anni: era il 2013 quando il Movimento per la Decrescita Felice convocò alla Camera dei Deputati una conferenza di confronto tra associazioni e politica, da cui ebbe origine un confronto dinamico che portò alla costituzione della Rete solo un anno dopo. Denominatore comune delle realtà che ne fanno parte è sicuramente una forma di coscienza critica e attivismo, volti a proporre un modello di sviluppo sostenibile. Particolarmente interessante in questo senso, e ben descritto nel volume, è il caso del People’s Health Movement, un vero e proprio movimento, presente in oltre 80 paesi del mondo che, come un’onda dal basso, cerca di agire sulle diseguaglianze seguendo i principi della solidarietà internazionale. E poi sì, ci sono anche i cittadini, i singoli individui che con le proprie scelte quotidiane contribuiscono a plasmare, goccia dopo goccia, il mondo. E anche in questo senso nel libro troviamo l’invito all’azione, con una vera e propria lista di suggerimenti per generare meno impatto ambientale: da “Riduci i tuoi rifiuti, riusa e ricicla il più possibile” a “Ricorda che informazione indipendente e consapevolezza sono fattori irrinunciabili”.

Ed è così che il volume appare molto di più che un saggio o una analisi critica sui sistemi sanitari, ma diventa una riflessione prima di tutto culturale, che invita a cambiare il modo in cui normalmente ci si rapporta alla salute, superando il paradigma “riparativo” a cui siamo troppo spesso abituati, in cui alla salute si pensa solo quando è danneggiata e va “riparata”. Si stimola il lettore a smettere l’approccio passivo e ad abbandonare l’idea che la salute si faccia solo nei centri di cura, negli ambulatori, negli ospedali. Apre gli occhi su quanto la salute si costruisca in tutto ciò che è scelta quotidiana, evidenziando il valore centrale del concetto di una salute globale. Se non sta bene l’ecosistema, è difficile che possa star bene l’individuo.

Questo si fa ancor più vero nel tempo attuale, il cosiddetto antropocene, dove l’impatto delle attività umane sugli ecosistemi del nostro pianeta si è fatto progressivamente più intenso e pertanto si rendono necessarie misure urgenti che possano far cambiare rotta. I cambiamenti climatici, l’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo, la perdita della biodiversità, la deforestazione, il degrado del suolo stanno trasformando l’ambiente terrestre con gravi conseguenze sui sistemi viventi e sulla salute delle persone. Basti pensare – come ricordano gli autori – all’esposizione cronica a sostanze inquinanti per via aerea, attraverso le acque o attraverso l’alimentazione. Secondo il Lancet, i cambiamenti climatici saranno la principale minaccia per la salute del XXI secolo causando a detta dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, circa 250.000 morti aggiuntive ogni anno tra il 2020 e il 2050.

Da Michael Marmot a Bourdieu, da Basaglia a Tognoni sono molti e vari i riferimenti bibliografici e le citazioni che permettono quasi un viaggio culturale nel “sistema salute”. Ne esce una riflessione che spazia dal tema ambientale a quello dei cambiamenti climatici, dal ruolo che giocano i conflitti di interesse nelle pratiche sanitarie alla medicalizzazione eccessiva fino all’insostenibilità di un modello basato sulla crescita economica. Di fronte a questo scenario, capitolo dopo capitolo, vengono forniti gli elementi per riflettere ed eventualmente rimodulare il proprio modo di pensare e rapportarsi alla salute, da un lato illuminando la dimensione globale e dall’altro spingendo all’azione individuale. Perché, come ogni bene comune, la salute è di tutti e di ciascuno.

Chiara Di Benedetto, Senior Communications Officer, Medici con l’Africa Cuamm

fonte: SALUTEINTERNAZIONALE.INFO

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