Previdenza, una riforma che guardi al futuro. di Roberto Ghiselli

Non è un caso che l’esigenza di introdurre maggiore flessibilità nelle uscite dal mercato del lavoro sia sentita dai giovani che vedono allontanarsi sempre di più il traguardo della pensione a causa dell’aggancio automatico alla speranza di vita

Il sondaggio condotto dall’Osservatorio Futura sui temi previdenziali fa emergere alcuni aspetti certamente interessanti che fondamentalmente confermano le ragioni che stanno alla base delle proposte e dell’iniziativa sindacale su questi temi. In particolare emerge con nettezza la convinzione che vada data più flessibilità per l’accesso alla pensione, in particolare riducendo l’età per la vecchiaia. Non deve sorprendere che questa esigenza è particolarmente sentita dai giovani, che vedono sempre più allontanarsi il traguardo pensionistico per effetto dell’automatico aggancio dell’età di pensione alla speranza di vita.

È più che condivisibile la prevalente opinione di contrarietà a un ulteriore intervento normativo per determinare risparmi di spesa dalla previdenza. Con le controriforme previdenziali di questi anni si è già tagliato oltre misura e oggi l’Italia ha la normativa pensionistica più restrittiva in Europa. È vero che la spesa pensionistica lorda rispetto al Pil in Italia è superiore a quella media europea ma questo perché il nostro Paese ha un basso livello di crescita tant’è che la spesa pensionistica pro capite è inferiore alla media comunitaria.

Per quanto concerne invece l’ipotetico scambio fra la riduzione dell’età di pensione con una possibile riduzione del suo importo le risposte sono più articolate e il sondaggio rispecchia adeguatamente i diversi atteggiamento soggettivi rispetto a questa prospettiva. Credo sia importante sottolineare alcuni aspetti. Siamo ormai prevalentemente nel sistema contributivo e sappiamo che l’importo della pensione è fortemente ancorato all’età di pensionamento. Quindi richiedere flessibile significa permettere alle persone di fare le proprie valutazioni rispetto a quando andare in pensione sulla base delle proprie condizioni, sapendo che più si sta al lavoro e più si prende, salvo garantire forme di tutela particolare alla parte più debole o più esposta del mercato del lavoro, come chi fa lavori gravosi, discontinui o di cura. 

Noi siamo pertanto contro il ricalcolo contributivo perché ormai la componente retributiva di chi va in pensione è sempre più marginale e incide poco in termini di costi. E soprattutto pensiamo che il ricalcolo contributivo che l’Inps opera sul modello di Opzione Donna è iniquo anche sul piano attuariale.  A questo punto è più che mai importante che il confronto governo e sindacati sulla previdenza decolli effettivamente e, malgrado le incertezze politiche che caratterizzano queste settimane, ci consenta di capire se vi sono le condizioni per una vera e stabile riforma previdenziale che tenga conto dei contenuti della Piattaforma sindacale. E a ora il previsto calendario d’incontri non ci è ancora arrivato.

Roberto Ghiselli – segretario confederale CGIL nazionale

fonte: Collettiva

Print Friendly, PDF & Email