Brevettare la salute? di Marco Geddes da Filicaia

Mercato dei farmaci e diritto alla salute nel libro di Silvio Garattini

Il libro “Brevettare la salute?” (1) riporta la conversazione di Silvio Garattini con Caterina Visco, giornalista, pubblicista e divulgatrice scientifica. Mi sono convinto all’acquisto in considerazione della competenza dell’autore e dell’argomento, ma con un pizzico di diffidenza che nutro per i “libri – intervista” che spesso, e in particolare quelli di “medici illustri”, sono ricchi di ricordi, autocitazioni, illustrazione di eventi scientifici e professionali di cui sono stati (o si ritengono) protagonisti.

 Anche Garattini apre il suo libro con un riferimento alla propria vita e alle sue scelte professionali, all’infanzia e all’adolescenza, ricordando il padre che lavorava a casa fino a mezzanotte, avendo dovuto accettare un secondo lavoro per assicurare le cure all’altro figlio; ci narra inoltre di come sia nato il suo grande interesse per i farmaci e per la ricerca. Tutto ciò è tuttavia contenuto in poche pagine: una breve testimonianza narrata con rara sobrietà e utile a introdurre il lettore ai sei capitoli del libro, rendendolo consapevole – grazie proprio a tali personali ricordi – dei progressi che il nostro Paese ha fatto nella tutela della salute, con  la istituzione di quella fondamentale conquista civile che è stato il Servizio sanitario nazionale “…che si prende cura gratuitamente di tutte le malattie e di tutti i malati offrendo i servizi necessari”.

Il filo rosso che nella sua vita ha guidato Garattini è stato l’ideale di un mondo in cui tutti abbiano accesso alla tutela della salute e la questione dei brevetti rappresenta indubbiamente un elemento centrale di tale percorso.

I brevetti – ricordava Vincenzo Visco in un articolo sul Sole 24 dell’aprile 2021 – sono nati tra il 17° e il 19° secolo e avevano lo scopo di promuovere la ricerca, gli investimenti, e l’impegno personale, cioè al fine di creare valore per l’intera economia, ma negli ultimi decenni tale logica è stata stravolta. In Italia i brevetti per i farmaci sono stati introdotti nel 1978 e purtroppo non si sono rivelati sinonimo di innovazione e di progresso e hanno invece portato a conseguenze negative, costituendo una barriera legale per proteggere i monopoli, che si riflettono sulla salute delle persone.

Il libro, con esemplare chiarezza, ci illustra, con esempi e con apposite Schede (Quadri), molteplici aspetti inerenti il processo di approvazione e di registrazione dei farmaci: i diversi dispositivi di protezione intellettuale (brevetto, copyright, marchio, segreti commerciali, design industriale, indicazioni di provenienza geografica) che l’industria utilizza nella politica di gestione monopolistica e di promozione commerciale dei propri prodotti; le fasi di sviluppo di un farmaco (individuazione di target e molecole attive, ricerca preclinica, le quattro fasi di sperimentazione clinica); le funzioni dell’Ufficio Europeo Brevetti. Ci chiarisce inoltre le modalità con cui l’industria farmaceutica riesce a mantenere, oltre la scadenza prevista, il brevetto, identificando e registrando ad esempio una nuova indicazione per un farmaco (Repursoring) o una nuova via di somministrazione (Evergreening).

Nel colloquio con Caterina Visco emergono due diverse prospettive verso le quali Garattini si muove. Vi è un orizzonte che si potrebbe definire utopico (“Progress is the realisation of Utopia” – Oscar Wilde), là dove egli auspica una società in cui ricerca medica e salute pubblica non siano stimolate dal profitto ma da riconoscimenti di gratitudine pubblica e che la medicina – poiché concerne la salute, un bene universale, riguardante ognuno di noi e la collettività – venga sottratta alle logiche di mercato. Parallelamente emerge la figura dello scienziato che conosce bene i meccanismi decisionali, che ha un’approfondita visione degli interessi in campo a livello mondiale e ha svolto funzioni rilevanti in organismi internazionali (EMA), capace quindi di delineare anche una strategia graduale mirata a ottenere un sistema di protezione intellettuale che risponda alle esigenze degli ammalati e non al profitto delle industrie farmaceutiche: l’introduzione, nella valutazione dei farmaci, a fianco dei parametri di qualità, efficacia, sicurezza,  del “valore terapeutico aggiunto”, valutando che il prodotto riduca la mortalità, o la morbilità o migliori la qualità della vita e che tali benefici siano maggiori  rispetto ai farmaci già in commercio e non a un semplice placebo. Auspica inoltre “Un brevetto senza marchi, che rispetti quindi l’importanza della prescrizione del principio attivo; un brevetto che si basi su una reale innovazione rispetto all’esistente per la stessa indicazione; che richieda lo studio delle differenze di genere e di età e la presenza di studi condotti da enti indipendenti; un brevetto di durata limitata sulla base dei volumi di vendita, dell’entità del profitto, del rapporto beneficio – rischio”.

 Garattini ricorda che, nel corso dei decenni, si sono avute iniziative o proposte positive: la revisione del prontuario farmaceutico promossa nel 1993 dal Ministro Maria Pia Garavaglia – revisione da allora non più attuata! –  che permise, nell’anno successivo, un risparmio di 3.000 miliardi; la legge, messa a punto grazie al contributo di Nello Martini, allora  direttore generale dell’Aifa, che obbligava le industrie a pagare il 5% delle spese di promozione a un fondo per la ricerca indipendente (oggi sono destinate diversamente!); la proposta di Giulia Grillo, allora Ministro della Salute, all’OMS di abolire il segreto sul prezzo dei farmaci, e il suo emendamento al decreto semplificazioni che consentirebbe anche all’Italia di richiedere licenze obbligatorie in caso di emergenze. Sono certo esempi di azioni positive, ma purtroppo sporadiche o non accolte e non applicate.

 L’esperienza pandemica che il Paese ha trascorso – e sta ancora trascorrendo – seppure il tema della salute non è più, causa la guerra in corso, all’attenzione dell’opinione pubblica, ci dovrebbe aver chiarito che non sono necessarie misure straordinarie, ma servono misure durature. La triste realtà – e credo che Garattini condivida questo giudizio – è che anche in questi mesi, in questi anni non si agisce avendo in mente una prospettiva e assumendo i necessari provvedimenti   affinché in futuro situazioni epidemiche ed emergenze di sanità pubblica (si pensi solo ai rischi  dell’antibiotico-resistenza che oggi in Italia – con un triste primato-  causa 10.000 morti) non si ripetano.

Fra poco, a giugno, dopo aver rinviato, causa la quarta ondata epidemica, la propria assemblea, il WTO torna a riunirsi. All’ordine del giorno il tema della sospensione delle numerose norme (brevetti, segreto industriale, accesso ai dati clinici delle sperimentazioni…)  che hanno impedito in questi anni la disponibilità di vaccini e causato milioni di morti.

Sarebbe auspicabile che le riflessioni e le proposte che questo libro illustra fossero conosciute e fatte proprie, quanto meno dalla delegazione italiana, e contribuissero così ad orientare diversamente da quanto fatto fino ad ora proprio dalla nostra Unione Europea.

  1. Silvio Garattini: Brevettare la salute? Una medicina senza mercato, pagine 128, 12 €, Il Mulino, 2022

fonte: saluteinternazionale.info

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