La responsabilità dei medici. di Gavino Maciocco

Il conflitto tra interesse del paziente e il proprio interesse economico sta diventando per i medici sempre più attuale e drammatico. Le logiche del mercato in sanità sono compatibili con l’etica medica? La risposta nel film “C’era una volta in Italia”.

In un post di Saluteinternazionale pubblicato nel giugno del 2012, dal titolo La Cina è vicina, si faceva riferimento a un clima di aperta ostilità dei pazienti nei confronti dei medici cinesi, che spesso sfociava in atti di violenza omicida. Un fenomeno di una tale gravità da meritarsi l’editoriale di Lancet (Ending violence against doctors in China), in cui si legge: “Ci sono molte possibili ragioni perché i medici cinesi sono sotto minaccia. Queste cause sono sistemiche: gli scarsi investimenti nel sistema sanitario e nella formazione e nella remunerazione dei dottori, che può condurre a errori medici, corruzione e incomunicabilità tra professionisti e pazienti. Altri fattori sono culturali e riguardano la copertura negativa della stampa nei confronti dei medici, le scarse conoscenze mediche e le aspettative irrealistiche della popolazione, a cui si aggiungono le spese catastrofiche che le famiglie subiscono a causa delle cure mediche”[1].

Questo post mi è venuto subito in mente quando al termine della proiezione del film “C’era una volta in Italia” (*), lo scorso 20 dicembre a Firenze, è stata posta la domanda: “Ma di fronte a questa situazione qual è la responsabilità dei medici?”. La situazione narrata e magistralmente descritta dal film è quella di un attacco globale alla sanità pubblica e ai sistemi di welfare sostenuto dalle politiche neoliberiste divenute egemoni a partire dagli anni 80 del secolo scorso. Da allora infatti le politiche neoliberiste in sanità si sono diffuse in tutto il mondo, come un virus, provocando quella che Rudolf Klein ha denominato l’ “epidemia planetaria delle riforme sanitarie”[2]. I principi su cui si basano queste riforme sono semplici e spietati:

  • La spesa sanitaria pubblica deve essere ridotta al minimo (perché il ruolo dello Stato nella società deve quasi scomparire, in modo che i ricchi possano pagare pochissime tasse).
  • Nel settore pubblico le prestazioni devono essere a pagamento.
  • Il settore privato, dove da sempre si paga, deve espandersi al punto da rimpiazzare progressivamente gli spazi del settore pubblico in ritirata. Un concetto espresso da Noam Chomsky in una frase, divenuta ormai storica: “Questa è la tecnica standard per la privatizzazione: togli i fondi, assicurati che le cose non funzionino, fai arrabbiare la gente, e lo consegnerai al capitale privato”.
  • Visto che ovunque si deve pagare è raccomandato, anche se non obbligatorio, dotarsi di una polizza assicurativa.

L’irruzione delle logiche di mercato ha avuto declinazioni e effetti differenti all’interno dei sistemi sanitari, ma conteneva un unico messaggio, un nuovo verbo: “La Salute deve diventare un business globale. Con la sanità si possono fare un sacco di soldi”.  Se questo è il nuovo verbo, sorgono spontanee alcune domande:

  • Tutto ciò è compatibile con l’etica medica che impone, tra l’altro, “di curare ogni paziente con eguale scrupolo e impegno, prescindendo da etnia, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica e promuovendo l’eliminazione di ogni forma discriminazione in campo sanitario”?
  • Ci si può arricchire, e far arricchire le compagnie che si occupano di sanità, discriminando tra chi può e chi non può pagare, o riducendo deliberatamente le cure ai pazienti per aumentare i profitti?”

Negli USA e nel Regno Unito, nelle culle del capitalismo, questi temi sono diventati oggetto di un forte dibattito bioetico oltre che di un acceso scontro politico. Memorabile al riguardo l’editoriale del New England Journal of Medicine (la più importante e letta rivista medica americana) del luglio 1995 (Managed Care and the Morality of the Marketplace[3]). Siamo in una fase di svolta della sanità USA perché in un sistema sanitario da sempre largamente privato irrompe una forma più stringente e aggressiva di mercato, la managed care. Le assicurazioni sanitarie si trasformano in gestori dell’assistenza per i propri clienti (diventano HMOs, Health Maintenance Organizations[4]) con l’obiettivo primario di ridurre i costi delle cure, coinvolgendo nell’operazione i medici dipendenti o convenzionati con le HMOs. “L’assistenza sanitaria regolata dal mercato – scrive Jerome P. Kassirer, direttore della rivista – crea conflitti che minacciano la nostra professione. Da una parte ci si attende che i medici forniscano un ampio ventaglio di servizi e i migliori trattamenti per rafforzare la qualità della vita dei pazienti. Dall’altra, per contenere le spese al minimo essi devono limitare l’uso dei servizi, aumentare l’efficienza, ridurre il tempo dedicato a ciascun paziente e il ricorso agli specialisti. Sebbene molti ritengano che questo sia un dilemma astratto, io penso che questa crisi diventerà sempre più concreta e dura: i medici saranno costretti a scegliere tra l’interesse del paziente e la propria sopravvivenza economica. Jerome P. Kassirer continuerà a mantenere il punto sugli effetti perversi della managed care (“Se noi consentiamo alle forze del mercato di distorcere i nostri standard etici rischiamo di diventare agenti economici piuttosto che professionisti della salute. Inevitabilmente ne soffriranno i pazienti, e ne soffrirà anche la nostra nobile professione” …”Il fondamentale errore nell’etica dell’assistenza sanitaria in questo paese è la struttura stessa del nostro sistema assistenziale. Un sistema in cui non c’è equità è di fatto già non etico”[5]), ma alla fine – su pressione dell’editore – sarà costretto a dimettersi.

Kassiser, destituito da direttore del NEJM, sarà poco dopo ripagato dalla soddisfazione di vedere la sua posizione condivisa da tutte le più importanti associazioni mediche americane, con in testa l’AMA (American Medical Association). Il clima di “immensa pressione sui medici e sugli assistiti” generato dalla managed care portò l’AMA a elaborare strategie di difesa e di tutela dei pazienti, i cui contenuti sono compresi nel documento “Principles of managed care”[6].  Ma ancora più importante è il Manifesto sottoscritto nel 1999 dalla AMA e da altre sei organizzazioni mediche (American Academy of Family Physicians, American Academy of Pediatrics, American College of Emergency Physicians, American College of Obstetricians and Gynecologists, American College of Physicians, American College of Surgeons), dove viene ribaltata la tradizionale posizione di aperta ostilità dei medici nei confronti della socialized medicine, il termine dispregiativo con cui veniva bollata ogni iniziativa del governo di allargare la copertura sanitaria della popolazione (ultima in ordine di tempo, il fallito tentativo dei Clinton nel 1994). Di fronte alla rapida crescita della popolazione non assicurata (dai 31,8 milioni nel 1987 ai 43,1 milioni nel 1997), altro frutto avvelenato della managed care, i medici americani affermano solennemente:

Noi mettiamo al centro l’interesse e il benessere dei nostri pazienti. Noi sosteniamo la copertura universale come strumento per migliorare la salute individuale e collettiva della società.[7]

Nel Regno Unito il percorso verso la privatizzazione del NHS iniziò con la riforma del 1992 introdotta da Margaret Thatcher, e proseguì con il governo di Tony Blair, ma le porte del mercato si spalancarono con la radicale riforma del primo ministro conservatore David Cameron.  “The end of our National Health Service[8] questo era il titolo di un editoriale di Lancet del gennaio 2011 che così commentava quello che stava capitando al glorioso Servizio sanitario nazionale inglese: “Il 3 luglio 1948 in un editoriale intitolato “Our Service” Lancet scriveva: ‘Adesso che tutti hanno diritto a una completa assistenza medica, i medici la potranno fornire senza pensare al proprio profitto o alle perdite del proprio paziente, e potranno allocare i propri sforzi in relazione alle priorità mediche. La barriera economica li ha protetti da coloro che non avevano un reale bisogno, ma li ha tenuti lontani da coloro che il bisogno lo avevano veramente.’ Ora (con la riforma Cameron, ndr) i medici di famiglia torneranno nel mercato e decideranno quale assistenza si potranno permettere di fornire ai loro pazienti e chi sarà il loro provider (quale specialista, quale laboratorio, quale ospedale, ndr). L’enfasi si sposterà dal bisogno clinico (il forte dei medici di famiglia) ai costi dell’assistenza (che i medici di famiglia non sono stati formati a valutare). L’etica sarà quella di ogni singolo provider, che sarà differente da luogo a luogo lungo tutta l’Inghilterra, rimpiazzando così la filosofia di un genuino servizio sanitario nazionale”. L’Associazione Britannica dei Medici (British Medical Association – BMA) si è a lungo e inutilmente battuta contro la riforma dove “l’invadenza del mercato è destinata a portare i medici a competere l’un contro l’altro, invece che a collaborare per il beneficio dei pazienti” (vedi “I medici inglesi contro la riforma del NHS” e “I medici inglesi dicono basta al mercato“).

Anche in Italia il conflitto tra interesse del paziente (e più in generale, tra salute della popolazione) e il proprio interesse economico sta diventando per i medici sempre più attuale e drammatico. Certamente per responsabilità della politica che ha – da una parte – drasticamente ridotto gli spazi dei servizi pubblici dove poter esercitare con dignità, con il tempo necessario e la giusta remunerazione, la professione e – dall’altra – ha favorito l’enorme espansione del settore privato, sia nel versante della produzione dei servizi che in quello assicurativo (vedi Assalto finale al SSN). Con il risultato di aver costretto i pazienti a dover scegliere tra aspettare più di un anno per ottenere dal servizio pubblico una prestazione necessaria o ottenerla subito ma a pagamento, dal privato. O peggio, a rinunciare a curarsi.  Dopo aver ribadito che c’è un’evidente responsabilità politica, non si può negare che vi sia anche un’evidente responsabilità dei professionisti.

Perché qualsiasi paziente si rende conto che quelle interminabili liste di attesa nel settore pubblico sembrano fatte apposta per favorire laboratori e cliniche private, nonché la dilagante, lucrosa, professione privata dei medici, di cui non tutti i professionisti beneficiano, ma una parte consistente certamente sì.

Lo smantellamento del SSN portato avanti da governo centrale e governi regionali sta procedendo senza sosta da anni nel disinteresse generale (Vedi Attacco al SSN. Svegliamoci!).  Siccome tutti sono responsabili, nessuno è responsabile. E nessuno alla fine è colpevole, come per le grandi stragi di cui è disseminata la storia del nostro paese (a partire da quella di Piazza Fontana del  12 dicembre 1969).  Tutto ciò è avvenuto in una fase di grave crisi sociale (aggravata poi dalla pandemia), quando ci sarebbe stato bisogno dell’intervento di un forte sistema sanitario e sociale in grado di venire incontro alle crescenti sofferenze dei gruppi sociali più svantaggiati, mentre sull’altro versante – quello della parte più ricca della popolazione – si registrava un progressivo incremento della loro ricchezza (alla fine del 2021 la ricchezza finanziaria privata degli italiani ha raggiunto quota 5.256 miliardi di euro, un + 50% rispetto al decennio precedente. NB: Una ricchezza privata che è il doppio del debito pubblico nazionale pari a  2.771 mld €. – Fonte: Sole24Ore). Mentre tutto ciò avveniva – mentre le privatizzazioni dilagavano e le diseguaglianze sociali si dilatavano – l’afasia delle istituzioni accademiche, scientifiche, sanitarie e professionali è stata totale.   

Se in Italia l’etica pubblica (che comprende anche il dovere di pagare le tasse e di pretendere dallo Stato il corrispettivo nell’erogazione di adeguati servizi pubblici) è sottoterra, le cose non vanno certamente meglio per l’etica medica (che non ha mai messo in discussione l’intrusione nella sanità delle logiche del mercato, come almeno hanno tentato di fare i colleghi americani e britannici).

(*) Dove vedere il film

[1] Per un quadro d’insieme sulla sanità cinese – dalla nascita della Repubblica popolare con Mao Tzetung, al processo di estesa privatizazione attuato da Deng Xiaoping, alle riforme dell’ultimo decennio – vedi https://www.saluteinternazionale.info/2019/10/cina-10-e-70/ .

[2] Klein R, Big Bang Health Care Reform – Does it work? The case of Britain’s 1991 National Health Service Reform. The Milbank Quarterly 1995; 73(3):299-337.

[3] Kassirer JP, Managed Care and the Morality of the Marketplace, N Engl J Med 1995; 333:50-52

[4] Maciocco G et al, Le sfide della sanità americana, Il Pensiero Scientifico Editore, 2010.

[5] Kassirer JP, Managing Care – Should We Adopt A New Ethic?, N Engl J Med 1998; 338:397-8.

[6] American Medical Association, Council on Medical Service, Principle of Managed Care, Fouth Edition, 1999.

[7] Maciocco G, La sanità americana, Prospettive Sociali e Sanitarie, 17-18/99, 1-15 ottobre 1999, pp 1-32.

[8] The end of our National Health Service

fonte: saluteinternazionale.info

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