Malattie rare e Farmaci orfani. di Silvio Garattini

In Italia sono circa due milioni i pazienti affetti da “malattie rare” (per lo più provocate da cause genetiche), nei confronti delle quali l’industria farmaceutica privata esita a investire in ricerca, non essendo  interessata a sostenere spese elevate per ottenere profitti limitati. L’idea di una grande azienda pubblica europea che si mette in moto proprio a partire con lo sviluppo dei  “farmaci orfani” per le malattie rare.


Nell’ambito di una riforma riguardante i farmaci proposta dalla Commissione Europea un’iniziativa originata dal Prof. Massimo Florio dell’Università Statale di Milano, propone di realizzare un grande Centro, Biomed, simile al National Institute of Health, statunitense, con il compito fondamentale di competere nella realizzazione di nuovi farmaci con l’industria farmaceutica europea (leggi qui). La ricerca industriale ha investito nel 2020 circa 26,5 miliardi di euro che diventano 39,7 miliardi di euro unendo la ricerca dell’industria del UK e della Svizzera contro i 63,7 miliardi degli Stati Uniti. Ricordando che il mercato dei farmaci nell’UE assommava a circa 230 miliardi di euro nel 2021, corrispondente al 1,5 percento del Prodotto Interno Lordo (PIL) europeo, la proposta del Professor Florio richiederebbe un investimento di circa 10-20 miliardi di euro all’anno. Si tratta di un progetto ambizioso che ovviamente è stato immediatamente contestato dalla lobby farmaceutica europea e che richiederebbe, nel caso venisse accettato, dal prossimo Parlamento Europeo uno sviluppo graduale in molti anni.

Poiché fra gli scopi del NIH europeo sono menzionate anche le malattie rare si potrebbe pensare di iniziare a mettere in moto il supporto di una specifica attività per lo sviluppo dei cosiddetti farmaci orfani per queste malattie. Le malattie rare come dice il termine hanno relativamente pochi ammalati perché rappresentano le malattie che in Europa hanno meno di 5 ammalati per ogni 10.000 abitanti, a differenza degli Stati Uniti che contemplano meno di 7,5 ammalati per ogni 10.000 abitanti ed il Giappone che le definisce a meno di 4 ammalati sempre per 10.000 abitanti. In Europa, considerando una popolazione di circa 450 milioni di abitanti sono malattie rare quelle che hanno meno di 225.000 ammalati un numero relativamente elevato che potrebbe essere ridotto della metà per mantenere il termine “rarità”. In ogni caso si ritiene che le malattie rare oscillino fra 6.000 e 8.000 con circa 2 milioni di ammalati solo in Italia.

Si calcola che il 70 percento siano malattie di origine genetica, si manifestino nei bambini e siano in costante aumento. Nei bambini le malattie rare riguardano malformazioni congenite, patologie di ghiandole endocrine, della nutrizione e del metabolismo, mentre negli adulti riguardano il sistema nervoso, gli organi di senso ed il sistema ematopoietico.

A livello nazionale sono molte le iniziative riguardanti le malattie rare. Esistono centinaia di associazioni prevalentemente per l’assistenza agli ammalati che confluiscono in UNIAMO ed in altre organizzazioni regionali. Ad esempio il registro della Lombardia ha catalogato in 20 anni 91.679 casi di malattie rare con 396 malattie o gruppi di malattie con una media di circa 231 ammalati per malattia. A livello europeo a partire dal 2000 con le direttive CE 141/2000 e CE 847/2000 è stato costituito nell’ambito dell’EMA (European Medicines Agency) il Commettee for Orphan Medicine Products (COMP) che cataloga i farmaci orfani cosiddetti “designati” perché potenzialmente candidati ad avere la possibilità di sviluppo per la terapia di una o più malattie rare: attualmente sono circa 1.900. L’EU ha incentivato lo sviluppo di farmaci orfani concedendo 10 anni di esclusività indipendentemente dall’essere un prodotto brevettato o brevettabile. Sono disponibili inoltre vantaggi riguardanti le tasse per la registrazione, ma nonostante tutto i risultati sono stati molto deludenti perché in oltre 20 anni sono stati messi a disposizione solo 130 prodotti, spesso con modesta attività ed una percentuale riguardante tumori rari perché la via “orfana” può rappresentare una scorciatoia per ottenere poi l’autorizzazione per patologie oncologiche più comuni.

In Italia abbiamo recepito 122 farmaci orfani con una spesa di circa il 8 per cento della spesa per farmaci del Servizio Sanitario Nazionale cioè circa 1,9 miliardi di euro all’anno. Considerando il numero di malattie rare la situazione è largamente insoddisfacente perché vi sono milioni di ammalati a cui è negato il diritto alla salute. Anche le nuove proposte della Commissione Europea non presentano incentivi stimolanti perché si propone di arrivare fino a 13 anni di esclusività. Il problema è che le industrie farmaceutiche non sono interessate a sostenere spese elevate per ottenere profitti limitati nonostante gli alti prezzi dei farmaci orfani che ne impediscono l’utilizzazione anche a Paesi europei con basso reddito. Basti ricordare che solo 53 imprese farmaceutiche su 1.800 sono titolari di farmaci orfani.  Per tutte queste ragioni occorre ricercare vie nuove che passino attraverso il sostegno alla ricerca.

La proposta richiede fondi relativamente limitati circa 1 miliardo di euro all’anno per 10 anni. Queste risorse dovrebbero permettere di costituire in Europa circa 25-20 Centri di ricerca dotati ciascuno di 40-50 milioni di euro all’anno. Ogni Centro dovrebbe dedicarsi ad un gruppo di malattie rare appoggiandosi a organismi già esistenti, come università e Fondazioni non-profit per usufruire di infrastrutture già disponibili. Ogni Centro dovrebbe avere un centinaio di addetti specializzati in chimica, biologia molecolare, genetica, farmacologia, scienze farmaceutiche e cliniche nonché personale ausiliario.  I fondi disponibili dovrebbero essere utilizzati per sviluppare, se già non ne esistono, una batteria di malattie rare negli animali d’esperimento, nonché per reattivi e materiale per gli esperimenti, consulenze esterne e spese generali. Gli studi clinici controllati saranno multicentrici coinvolgendo i Paesi europei attraverso ospedali che si occupano di specifiche malattie rare. Il progetto è fattibile ed i dettagli potrebbero essere studiati da una Commissione ad hoc, senza generare proteste dal mondo industriale. I prodotti non dovrebbero essere brevettati, ma essere messi a disposizione ad un prezzo ragionevole eventualmente fabbricato dalla struttura per la produzione del NIH europeo. L’esperimento ha una spesa relativamente modesta anche considerando le risorse che l’Unione Europea mette a disposizione per la ricerca.

Realizzare questa iniziativa è un dovere considerando la sofferenza di tanti ammalati e delle loro famiglie. Sarebbe un’importante iniezione di speranza!

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