La riforma del carcere è morta. La crisi esplode. di Franco Corleone

Franco Corleone

Il 2 ottobre il Presidente Mattarella ha firmato i decreti di quel che è sopravvissuto al sogno della grande riforma del carcere nato con gli Stati Generali dell’esecuzione penale.

Nessun cambiamento per l’ergastolo ostativo, nessun ampliamento per le misure alternative, niente diritto all’affettività, nulla sulle misure di sicurezza, nulla sulla giustizia riparativa. E l’elenco del niet potrebbe continuare. Evviva il cambiamento! In peggio, ovviamente.

La questione che mi turba maggiormente è la cancellazione delle norme relative ai problemi della psichiatria in carcere e al funzionamento delle Rems, le residenze aperte dopo la chiusura degli Opg per l’esecuzione delle misure di sicurezza per i prosciolti per incapacità di intendere e volere.

Sarebbe stata sommamente opportuna la modifica dell’art. 147 del Codice Penale per garantire la possibilità di misure alternative non solo ai detenuti con gravi patologie fisiche ma anche mentali. Anche la istituzione di luoghi in carcere destinati a detenuti con problemi psichiatrici, le cosiddette articolazioni psichiatriche  a esclusiva gestione sanitaria, avrebbe costituito una risposta a un disagio crescente. Il caso drammatico di Rebibbia è emblematico.

Non si capisce il motivo del rifiuto di una norma utile e senza costi per lo Stato. Ho denunciato questo fatto incomprensibile con una testimonianza, per non essere corresponsabile, fosse solo per omissione, del disastro che incombe. Un digiuno di tre giorni per ricordare, io per primo, che le ragioni dell’umanità e dell’intelligenza non si possono cancellare.

fonte: L’Espresso

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