Brevetti sui farmaci. Il giusto e il rovescio. di Gabriele Vaccaro

È intollerabile che, per freddi calcoli di fatturato, si mettano in pericolo le vite di milioni di persone, oltre quelle già perse e, con la limitazione forzata delle vaccinazioni, si apra il terreno alle nuove varianti.

La questione  dei diritti di proprietà intellettuale per i vaccini Covid-19 è attualmente presente nelle prime pagine dell’agenda politica globale, con schieramenti vigorosamente posizionati e contrapposti.  A favore della sospensione di tali diritti o, quantomeno, di una deroga temporanea, con la conseguente condivisione delle conoscenze e delle tecnologie relative, si sono espressamente esposti, ad esempio, il presidente americano Biden, il Parlamento Europeo, l’OMS, Medici senza Frontiere, Amnesty International. A far da contrappunto sono, dall’altra parte, la Commissione Europea, alcuni Paesi europei e, ovviamente, le Aziende farmaceutiche, che non si stancano di sostenere l’inopportunità e finanche l’illegalità di tale azione, profilando gravi ripercussioni sull’attività futura di ricerca e sviluppo di nuovi farmaci.  In tale contrapposizione di esigenze, i ‘negoziati’ sono come una partita a scacchi, con attacchi improvvisi e momenti di stallo.

Lo scorso 16 marzo India e Sud Africa hanno sferrato la loro ultima mossa, convincendo USA e UE a una bozza d’intesa sulla deroga dei brevetti limitatamente ai Paesi in via di sviluppo, che tuttavia, per diventare ufficiale, deve essere ratificata all’unanimità dalla WTO, ove è sufficiente che uno dei 164 Stati membri esprima parere contrario per vanificare quanto tessuto faticosamente da più di un anno (1). Big Pharma, ovviamente, dinanzi a questa offensiva, attua strategie di alleggerimento, rimarcando che il problema, per tali Paesi, sta altrove: non nella produzione dei vaccini, ma nella lacunosa logistica della distribuzione, in una macchina organizzativa non all’altezza, nella carenza della catena del freddo, in una campagna culturale non adeguata, in una volontà politica flebile… Occorre cercare una soluzione altrove, insomma, perché con tutti questi problemi – concludono le Aziende farmaceutiche -, la questione della proprietà intellettuale dei vaccini non ha proprio nulla a che fare.

In questo complesso dibattito, allora, quali sono le ragioni pro e contro la proposta di sospensione?

Contro

L’industria farmaceutica distende una serie ormai codificata di motivazioni contrarie alla sospensione dei diritti che interseziona ambiti di natura giuridica, economica e politica, non trascurando di toccare la sfera della Salute Pubblica. Secondo tale prospettiva, la cessazione o sospensione temporanea dei diritti di proprietà intellettuale equivarrebbe, innanzitutto, ad un vero e proprio furto da parte dello Stato, che non trova alcun appiglio sotto il profilo giuridico. In secondo luogo, emerge l’aspetto economico: i profitti che derivano da tali diritti sono necessari – sostengono le Aziende – per compensare i rischi finanziari che l’industria farmaceutica ordinariamente affronta nella ricerca e nella realizzazione di nuovi prodotti. Un blocco di tali ricavi corrisponderebbe ad un automatico arresto dell’innovazione, con gravi ricadute sulla salvaguardia della Salute Pubblica, già nell’imminente futuro. In terza istanza, circola pure una considerazione politica che le Aziende farmaceutiche sbandierano minacciosamente ai rispettivi governi: i vaccini Covid-19 incorporano nuove piattaforme di vaccini generici che, con semplici variazioni, possono produrre varie tipologie di altri vaccini e trattamenti per diverse malattie. Senza ventilate allusioni, insomma, le Aziende mettono in allarme sull’altissima probabilità che la Cina approfitterebbe dei ‘segreti commerciali’ una volta resi pubblici, colmando velocemente il gap che al momento la distanzia dall’avanzamento delle industrie americane ed europee.

A favore

A fronte di tali argomentazioni, recentemente, è stato gettato nell’agone, da Hawksbee, McKee e King – rispettivamente, un sociologo, un docente di politica sanitaria e un economista -, un articolo particolarmente accalorato che tenta di sbaragliare tutte queste motivazioni e far pendere il piatto della bilancia dalla parte della sospensione dei dirittiDon’t worry about the drug industry’s profits when considering a waiver on covid-19 intellectual property rights (2). L’argomentazione più veemente riguarda l’aspetto economico. Gli autori rimarcano come una larga quota dei finanziamenti che sono stati necessari per lo sviluppo dei prodotti anti Covid-19 provengono proprio dalle casse dello Stato di diversi Paesi, senza considerare l’enorme quantità di vaccini che gli Stati hanno successivamente acquistato, versando fiumi di denaro direttamente nelle Case farmaceutiche. Questo dovrebbe già rappresentare un rimborso e un guadagno soddisfacente per le Aziende. Oltre ciò, peraltro, la condivisione delle conoscenze utili a produrre vaccini da terzi non danneggerebbe minimamente i profitti delle medesime Aziende che li hanno sviluppati, dato che l’enorme eccedenza della domanda rende evidente che “c’è abbastanza mercato” per i vaccini prodotti dalle Aziende-madri, così come per quelli eventualmente prodotti altrove. Ogni vaccino prodotto dai concorrenti, insomma, non sostituirebbe un vaccino prodotto dall’Azienda originaria, ma semplicemente coprirebbe quella fetta di mercato che le Aziende farmaceutiche, attualmente, non sono in grado di soddisfare. E se quest’argomentazione non risultasse sufficientemente persuasiva, risulta ben significativo anche il quadro dei profitti dell’industria farmaceutica negli ultimi decenni, che mostra come essa – basandosi sulle accurate statistiche di Ledley et al., Profitability of large pharmaceutical companies compared with other large public companies (3) -, risulti essere il settore più redditizio dell’intero mercato azionario, avendo guadagnato dal 1955 al 1999 più del doppio di ogni altro settore e, dal 2000, addirittura più del triplo. Dinanzi a questi dati, la tesi secondo cui la condivisione della conoscenza relativa ai prodotti per sconfiggere il Grande Nemico metterebbe a repentaglio la sopravvivenza o i profitti dell’industria farmaceutica risulta praticamente risibile. Pur tuttavia, ammesso e non concesso che vi sia una restrizione dei guadagni dei privati, occorre porre sopra ogni considerazione la questione morale, ovvero l’intollerabilità che, per freddi calcoli di fatturato, si mettano in pericolo le vite di milioni di persone, oltre quelle già perse e, con la limitazione forzata delle vaccinazioni, si apra il terreno alle nuove varianti che possono trasformarsi in nemici ancor più letali. Contro la strozzatura delle materie prime, la distribuzione ineguale delle dosi tra Paesi, il rallentamento della ricerca di vaccini ampiamente protettivi verso i coronavirus è perciò necessaria la sospensione dei diritti intellettuali per i prodotti anti Covid-19.

Dopo queste controbiezioni mirate contro gli argomenti di difesa delle aziende, la prospettiva si allarga, giungendo a criticare aspetti correlati. Ad essere fortemente attaccata è soprattutto la tesi della necessità dei profitti derivanti dai diritti intellettuali nell’opera di salvaguardia della Salute Pubblica: le Aziende non agiscono affatto in nome della tutela della salute dei cittadini quanto in nome esclusivo dell’utile economico. Ne è una riprova la prassi di trascurare, nonostante l’urgente necessità, la ricerca sulla minaccia della resistenza antimicrobica che, peraltro, è promossa espressamente dal settore pubblico. O ancora l’indifferenza nei confronti di prodotti per le malattie tropicali, in quanto esse colpiscono sì, quasi un settimo della popolazione, ma soltanto le persone più povere dei Paesi più poveri. Il reale interesse delle Aziende consiste nello sviluppare solo i farmaci brevettati e vendere il più possibile tali prodotti prima che il brevetto scada: questo è, a fronte di molte argomentazioni, il reale modello di business dominante.

In alternativa a tale modello di business, sono da considerare le iniziative di ricerca medica alternative che pongono come priorità – nei fatti, e non soltanto a parole – la tutela della Salute Pubblica piuttosto che il profitto privato. Ne è esempio la ginevrina Drugs for Neglected Diseases Initiative (DNDi), nata proprio con l’obiettivo di sviluppare trattamenti per quelle malattie che rimangono trascurate per il semplice fatto che non costituiscono un mercato redditizio (4). La DNDi – organizzazione collaborativa tra industria privata, mondo accademico e settore pubblico, senza scopo di lucro e con diritti di proprietà intellettuale liberali – dal 2003 ha portato sul mercato nuovi prodotti a costi relativamente bassi, contraddicendo in tal modo la frequente affermazione dell’industria farmaceutica secondo cui l’intero processo che conduce a immettere nel mercato un nuovo farmaco ammonta a più di due miliardi di dollari. Un altro esempio di simile modello è il National Institutes of Health degli Stati Uniti e, in prospettiva, l’Health Emergency Preparedness and Response Authority, un servizio sanitario di marca europea costituito nel 2021 per preparare la Sanità Pubblica ad affrontare un’eventuale prossima crisi pandemica, senza ripetere gli errori che purtroppo hanno gravato e gravano sul controllo di Covid-19. E ancora l’Open Source Malaria, altro partenariato pubblico-privato senza scopo di lucro, e il Global Influenza Surveillance and Response System dell’OMS, una rete mondiale scientifica e tecnica deputata a monitorare la diffusione dell’influenza tramite il controllo di più di due milioni di campioni respiratori annui e ad allertare precocemente sui cambiamenti dei virus. Proprio facendo forza sull’esempio virtuoso di questi modelli gestionali e, ovviamente, sulla base delle argomentazioni addotte, Hawksbee e colleghi concludono riecheggiando quanto espresso nel titolo del loro intervento: “non dovremmo preoccuparci degli enormi profitti delle industrie farmaceutiche se esse non corrispondono all’interesse della Salute Pubblica”.

Tra etica ed economia, tra argomentazioni ‘alte’ e colpi ‘bassi’, tra chi chiede di pensare alle persone prima che ai profitti e chi replica che ‘è facile essere generosi con i soldi degli altri’, il dibattito sulla sospensione dei diritti intellettuali per i prodotti anti Covid-19 continua. Al pari dei fenomeni pandemici.

l’Autore: Gabriele Vaccaro, Medico in formazione specialistica in Igiene e Medicina preventiva. Università di Firenze.

 

Bibliografia:

  1. Di Donfrancesco, Vaccini Covid-19: Wto verso l’accordo sulla sospensione dei brevetti, Il Sole24Ore, 16 marzo 2022. https://www.ilsole24ore.com/art/vaccini-covid-19-wto-l-accordo-sospensione-brevetti-AEws0eKB
  2. Hawksbee L, McKee M, King L, Don’t worry about the drug industry’s profits when considering a waiver on covid-19 intellectual property rights BMJ 2022; 376:e067367. doi: 10.1136/bmj-2021-067367.
  3. Ledley FD, McCoy SS, Vaughan G, Cleary EG. Profitability of Large Pharmaceutical Companies Compared With Other Large Public Companies. 2020 Mar 3;323(9):834-843. doi: 10.1001/jama.2020.0442. PMID: 32125401; PMCID: PMC7054843.
  4. Drugs for Neglected Diseases Initiative. Strategic plan 2021-2028: 25 treatments in 25 years.2021. https://dndi.org/research-development/treatments-delivered/

fonte: saluteinternazionale.info

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