Il pasticcio del pallone cinese. di Patrizia Caraveo

L’astrofisica Patrizia Caraveo ripercorre la saga del pallone stratosferico cinese che ha monopolizzato i media la scorsa settimana e che è stato abbattuto poi il 4 febbraio dai piloti militari statunitensi. Purtroppo, è difficile sapere che tipo di strumentazione portasse, però la vicenda spiega perché i militari sostengono che almeno la metà degli avvistamenti degli UFO (oggi UAP o Unidentified Aerial Phenomena), siano in effetti dei palloni.

img in copertina: pallone sonda cinese fotografato da Chase Doak, Wikipedia. Licenza: CC-BY 4.0

Io sono una scienziata spaziale ma ho lavorato per anni fianco a fianco con colleghi che costruivano strumenti da far volare con palloni stratosferici. All’inizio del 1990 ho persino partecipato alla campagna di lancio di un pallone dal Brasile: volevamo osservare l’emissione gamma della supernova che era scoppiata nel febbraio dell’anno prima nella Grande Nube di Magellano e dovevamo portare il nostro rivelatore sopra la parte più densa dell’atmosfera proprio grazie a un pallone. Purtroppo non abbiamo avuto fortuna, qualcosa non ha funzionato e il carico è stato sganciato sopra la foresta del Pantanal.

Questa esperienza diretta, insieme ai racconti dei miei colleghi, mi hanno permesso di farmi una piccola cultura sui palloni che possono essere di grande utilità per raccogliere dati. Ovviamente i palloni sono in balia del vento e, quindi, occorre conoscere i venti in quota per determinare la traiettoria e chiedere i permessi di sorvolo perché si tratta di un mezzo aereo che deve essere annunciato alla nazione che verrà sorvolata. I colleghi che lanciano dalla base spaziale europea di Kiruna (nel Nord della Svezia) per sfruttare il vortice polare e fare il volo intorno al circolo polare artico devono avere timbri e autorizzazioni dalla Russia, giusto per fare un esempio. Se il vento facesse i capricci e il pallone deviasse dalla rotta prevista, bisognerebbe: a) avvertire prontamente le competenti autorità e b) decidere se sia il caso di interrompere il volo inviando un telecomando per sganciare il carico utile che è progettato per tornare a terra con un paracadute. Non sempre gli atterraggi sono morbidissimi ma le strutture sono solide e sono protette da strati di materiale per ammortizzare l’impatto.

Forte di questa cultura “pallonara” mi sono posta qualche domanda a proposito della saga del pallone cinese che ha monopolizzato i media la scorsa settimana.

La storia incomincia a inizio febbraio con una macchia che brilla al sole nei cieli del Montana. Sollecitati dai tanti video postati sui social, le competenti autorità hanno inviato dei jet militari che hanno confermato che si trattava di un pallone con attaccata una “gondola”, lo spazio dove viene alloggiata la strumentazione da portare in quota, grande come tre autobus munita di pannelli solari.

Era circa a 20.000 m di altezza, molto sopra la quota delle rotte degli aerei, e si muoveva trascinato dai venti. Venerdì era sopra il Kansas e ha offerto un insperato argomento di conversazione per i meteorologi di tutte le stazioni televisive che cercavano di prevedere la rotta. Il verdetto era stato unanime: il pallone avrebbe sorvolato la South Carolina per poi andare sull’Oceano Atlantico in qualche momento sabato pomeriggio.

I militari americani (che l’avevano seguito fin da lunedì, quando aveva sorvolato l’Alaska per poi passare sopra il Canada prima di arrivare in Montana) non hanno avuto dubbi sulla provenienza del pallone e l’hanno etichettato come una missione spia cinese. Con una mossa inusuale, il governo cinese ha confermato che si trattava di un loro pallone stratosferico, precisando, però, che era dedicato principalmente a studi meteorologici. Si sono anche dichiarati dispiaciuti che, a causa del forte vento, il pallone avesse deviato (in modo catastrofico, aggiungo io) dalla rotta prevista e fosse entrato nello spazio aereo americano.

La situazione non è certo migliorata quando, più o meno in contemporanea, un altro pallone è stato avvistato nello spazio aereo del Costa Rica. Anche in quel caso il governo cinese ha detto che si trattava di un loro pallone meteorologico andato fuori rotta, una dichiarazione che induce a porsi domande sulle capacità di chi gestisce questi palloni disobbedienti.

Anche se il Pentagono ha rassicurato la popolazione circa la non pericolosità del pallone, tutti quelli che hanno visto la macchia bianca si sono sentiti minacciati. Gli sceriffi hanno invitato la gente a non sparare in aria perché il bersaglio era troppo alto, ma le pallottole sarebbero ricadute. Il cittadino medio americano, abituato all’idea di essere protetto dai due oceani che fanno da confine agli Stati Uniti, non è contento che una potenza straniera possa passare sopra la sua testa e si preoccupa. «Avrebbero dovuto abbatterlo», diceva la gente intervistata, senza considerare che fare precipitare una struttura grande come tre autobus non sarebbe stato senza conseguenze. A onor del vero, sembra che questa sia stata la reazione anche del Presidente Biden, che avrebbe voluto dare ordine di abbattere l’intruso, ma è stato dissuaso dai suoi consiglieri militari che erano molto meno preoccupati di lui. Perché mai i cinesi dovevano mandare un visibilissimo pallone in missione di spionaggio? È vero che in Montana c’è una base con testate nucleari, ma non è certo una base segreta. I bene informati dicono che palloni di questo tipo sono stati visti sul Pacifico intorno alle Hawaii dove certo possono cercare di captare le conversazioni tra le basi e le navi e gli aerei, forse anche i cellulari, e, magari, era effettivamente una missione per ascoltare le comunicazioni tra gli aerei e le navi che pattugliano il Pacifico che avrebbe dovuto stare a debita distanza dal territorio americano ma è stata spinta dal vento. Altri hanno ipotizzato che la deviazione dalla traiettoria prevista sia stata voluta, magari per scompigliare le carte della diplomazia in vista dell’incontro ad altissimo livello tra cinesi e americani, incontro che è stato prontamente annullato.

Visto che non era certo possibile che il pallone passasse inosservato, se avesse avuto a bordo strumentazione per spionaggio avanzato, possibile che non avessero modo di inviare un telecomando per distruggere il tutto? Se invece fosse stato un pallone in missione scientifica, mi chiedo come mai i responsabili non abbiano deciso di inviare il telecomando per sganciare il carico quando si sono accorti del patatrac che stava succedendo.

Forse avevano perso i contatti? È l’unica possibilità che riesco a immaginare.

Così la palla è rimasta nel campo americano. Dopo avere chiesto alla NASA di valutare l’area dove sarebbero potuti cadere i rottami, il Pentagono ha deciso che il rischio di colpire qualcuno o di causare danni non era abbastanza piccolo e ha preferito aspettare che il pallone fosse sull’Oceano Atlantico all’interno delle acque territoriali. Non è stato un bersaglio difficile per i piloti militari che sabato 4 febbraio hanno avuto l’ordine di abbatterlo. Niente manovre alla top gun, il pallone non poteva scappare. Una volta rotto l’involucro, il carico (ben visibile nella foto) è precipitato su un fondale poco profondo, cosa che renderà il recupero relativamente facile e veloce. Si potrà così capire quale fosse il carico. Potrebbero essere strumenti scientifici, così come potrebbe essere strumentazione atta a carpire qualche segreto militare. Così è finita la breve ma intensa storia del pallone cinese che ha riportato alla ribalta un mezzo aereo che ha una lunga storia sia per condurre indagini scientifiche, sia per fini di spionaggio. L’atterraggio della strumentazione non è stato affatto morbido, ma si tratta di strutture pensate per resistere agli urti e certamente qualcosa si sarà salvato.

Purtroppo temo che difficilmente sapremo che tipo di strumentazione è finita in un basso fondale della costa atlantica americana. Ma la saga del pallone cinese ha fatto capire perché i militari sostengono che almeno la metà degli avvistamenti degli UAP (Unidentified Aerial Phenomena), come adesso vengono definiti gli UFO, sono in effetti dei palloni.

fonte: Scienza in Rete

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