Con l’autonomia differenziata aumenteranno le disuguaglianze in sanità. di Franco Pesaresi

Il 23 marzo 2023 il Governo ha presentato al Senato il Disegno di Legge sull’autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario e cioè sull’assegnazione alle regioni che lo richiederanno di ulteriori poteri in vari settori fra cui la sanità.

Questa possibilità è prevista dall’articolo 116, terzo comma, della Costituzione che prevede che la legge ordinaria possa attribuire alle regioni “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” sulla base di un’intesa fra lo Stato e la regione interessata.

Nel 2019 tre regioni hanno richiesto di avere i maggiori poteri ed hanno presentato una proposta al Governo. Successivamente l’Emilia Romagna ha ritirato la proposta e sono rimaste a richiederlo la Lombardia e il Veneto.

Il primo comma dell’art. 10 del DDL sull’autonomia differenziata prevede che l’esame degli atti di iniziativa delle Regioni già presentati al Governo, di cui sia stato avviato il confronto congiunto tra il Governo e la Regione interessata prima dell’entrata in vigore della legge sull’autonomia differenziata, prosegue il suo percorso secondo quanto previsto dalle norme. Siccome Veneto e Lombardia hanno già presentato le loro proposte ed hanno avviato un confronto con il primo governo Conte, tali bozze di accordo saranno valute dal Governo Meloni. Siccome sono state già presentate siamo in grado sin da ora di conoscere i documenti che riprenderanno il percorso  e che saranno poi approvati.

Che cosa chiedono le regioni Veneto e Lombardia nella sanità?

Nella Tab. 1 sono indicate le richieste delle due regioni.

Tab. 1 – Le competenze aggiuntive in sanità di Lombardia e Veneto con l’autonomia differenziata

Che cosa prevede l’ipotesi di accordo con il Governo,  per la  sanità?

 Prevede che Lombardia e Veneto avranno:

  • Una maggiore autonomia finalizzata a rimuovere specifici vincoli di spesa in materia di personale stabiliti dalla normativa statale.  Dovranno però rispettare i vincoli complessivi di bilancio.
  • Una maggiore autonomia in materia di accesso alle scuole di specializzazione, ivi incluse la programmazione delle borse di studio per i medici specializzandi e l’integrazione operativa dei medici specializzandi con il sistema aziendale.  Per la sola Lombardia, l’autonomia si estende alla determinazione del numero dei posti dei corsi di formazione per i medici di medicina generale.
  • Possibilità di stipulare, per i medici, contratti a tempo determinato di specializzazione lavoro.
  • Possibilità di stipulare accordi con le Università del rispettivo territorio sull’utilizzo dei medici specializzandi;
  • Una maggiore autonomia nello svolgimento delle funzioni relative al sistema tariffario, di rimborso, di rimunerazione e di compartecipazione, limitatamente agli assistiti residenti nella regione (Nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza (LEA)).
  • Una maggiore autonomia nella definizione del sistema di governance delle aziende e degli enti del SSN.
  • Possibilità di sottoporre all’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) valutazioni tecnico-scientifiche relative all’equivalenza terapeutica tra diversi farmaci.
  • Competenza a programmare gli interventi sul patrimonio edilizio e tecnologico del SSN in un quadro pluriennale certo e adeguato di risorse.

Una maggiore autonomia legislativa, amministrativa e organizzativa in materia di istituzione e gestione di fondi sanitari integrativi.

 Il Veneto avrà anche:

  • Una maggiore autonomia in materia di gestione del personale del SSN, inclusa la regolamentazione dell’attività libero-professionale.
  • Facoltà, in sede di contrattazione integrativa collettiva, di prevedere, per i dipendenti del SSN, incentivi e misure di sostegno, anche avvalendosi di risorse aggiuntive regionali, da destinare prioritariamente al personale dipendente in servizio presso sedi montane disagiate.

Fonte: -Dossier Senato 2019

 

Come si può vedere dalla tab. 1, i maggiori poteri richiesti dalle regioni Lombardia e Veneto si concentrano proprio sul tema della gestione del personale che è oggi il tema decisamente più strategico per la “tenuta” del Servizio Sanitario.

Se il DDL sull’autonomia differenziata delle regioni verrà approvato avremo un’Italia che in sanità non va più a due velocità (che è già un male importante)  con le regioni del centro nord da una parte e le regioni del sud, più in difficoltà, dall’altra. Avremo una Italia che in sanità (e in altri settori) vedrà addirittura tre gruppi di regioni. Quelle super con poteri speciali (Lombardia e Veneto), le altre del centro nord con livelli di funzionamento e di servizi più o meno adeguati e le regioni del sud spesso distanziate e con più possibilità di allontanarsi ancora di più dalle altre regioni. Prefigurando quindi un sistema dei servizi sanitari da erogare al cittadino sempre più disuguale nel territorio nazionale.

Stesse situazioni si ripeteranno anche in altri settori come quello dell’istruzione.

Questo percorso che coinvolge subito due regioni “forti” e potenzialmente anche altre regioni è preoccupante e va fermato. Quello italiano è un sistema dove il regionalismo ha creato 21 diversi sistemi sanitari e dove le differenze in termini di esiti e di efficacia sono molto diversi.

L’attuazione del regionalismo differenziato per queste due regioni che avranno poteri diversi dalle altre tenderà ad aumentare ulteriormente le disuguaglianze all’interno del Servizio sanitario nazionale. Le azioni da intraprendere a livello nazionale dovrebbero invece andare in senso opposto e cioè  in direzione della riduzione delle disuguaglianze.

L’autonomia differenziata delle regioni, in un Paese come il nostro, è un grave sbaglio. Non a caso, qualcuno l’ha chiamata la “secessione dei ricchi”.

Bibliografia

fonte: https://francopesaresi.blogspot.com/2023/04/aumenteranno-le-disuguaglianze-in.html

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