Pensioni. Quota 100 ? Ma quale riforma, la Fornero resta in vigore. di Roberto Ghiselli

Il decreto pensioni dovrebbe contenere anche le norme per cambiare la governance di Inps e Inail ma abbiamo il timore che vi sia una riappropriazione della politica nella gestione dell’Inps e vorremmo che il nuovo consiglio d’amministrazione che verrà nominato abbia la caratteristiche di un organismo gestionale non politico e rafforzi le titolarità e gli strumenti in mano al Cise, che ha il compito di dare indirizzi e valutare l’operato dell’istituto. In tale contesto, le parti sociali devono avere una funzione di monitoraggio e controllo, con la possibilità d’intervenire laddove le cose vengono determinate. Tali strumenti non ci sono, ma neanche il decreto in discussione li prevede”.

“Per quanto riguarda quota 100 , abbiamo chiesto unitariamente con Cisl e Uil che il governo si confronti con le parti sociali, per evitare carenze, lacune e imprecisioni, dando la possibilità di qualche chiarimento. Purtroppo, tale richiesta è andata inevasa ed è rimasta una grossa distanza fra le nostre posizioni e quelle dell’esecutivo. Entrando nel merito, chiariamo subito che non si parla più di riforma della legge Fornero, ma semplicemente di una piccola modifica dell’età di pensionamento per alcuni. La platea virtuale sarebbe sotto le 400 mila persone; in realtà, saranno molti di meno, a causa della serie di paletti che sono stati inseriti nel decreto. Insomma, la riforma rimane tale e quale anche se non per tutti, e in ogni caso il decreto ha una valenza temporale limitata a tre anni”.

“Nel decreto poi non si dà alcuna risposta alle esigenze più specifiche, come quelle che concernono i lavori più gravosi, il riconoscimento del lavoro di cura delle donne, i lavori discontinui, temi che sono del tutto ignorati. E, in realtà, non è sufficiente neanche arrivare a quota 100, ma in molti casi a 101, 102, 103, 104, se consideriamo le finestre di uscita di tre mesi per i lavoratori privati e di sei per i dipendenti pubblici. Questi ultimi costituiscono circa il 40% dei possibili beneficiari della nuova norma, però nella legge di Bilancio è stato approvato il blocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione fino a novembre: una grossa contraddizione. Non solo. Sempre i pubblici che vanno in pensione con quota 100, dovranno aspettare fino a sei anni per poter avere il trattamento di fine rapporto”…

“Insomma, fatta la norma, sono stati messi i paletti, affinchè il decreto non venga utilizzato, sulla falsariga di come si è agito in passato con altri provvedimenti, sempre in materia previdenziale. Alla fine, la platea degli aventi diritto è così ristretta che anche coloro che ci rientrano non hanno le motivazioni per starci: ad esempio, quota 100 è del tutto incompatibile con qualunque attività lavorativa, sia di lavoro dipendente che di lavoro autonomo, a meno che non sia lavoro autonomo di tipo occasionale sotto i 5 mila euro l’anno di guadagno: un forte handicap e anche un’ingiustizia. Oltretutto, l’ufficio parlamentare di bilancio ha calcolato che si potrebbe arrivare a una decurtazione dell’assegno previdenziale anche attorno al 30%, che ovviamente rimarrebbe decurtato non solo per gli anni dell’anticipo previdenziale, ma per tutto il percorso di vita dal momento dell’andata in pensione. Dunque, un sacrificio economico davvero assai rilevante”.

“Senza dimenticare che l’introduzione della quota 100, anziché portare un elemento di semplificazione nel sistema pensionistico aggiunge incertezza e confusione, portando a 8-9 via d’uscita dal mercato del lavoro, considerando che c’è il regime ordinario della Fornero, poi l’Ape sociale, più tante altre possibilità che non hanno niente a che fare con una vera riforma previdenziale, che noi sindacati confederali chiediamo da tanto tempo. Una riforma che dia risposte innanzitutto ai giovani, del tutto ignorati dal decreto del governo. Ragion per cui, passeremo ora alla mobilitazione, con una grande iniziativa di massa per dire all’esecutivo di cambiare rotta al più presto. Sarà un segnale preciso che credo faccia bene anche all’Italia, per passare dalla fase degli slogan e della demagogia ai bisogni del Paese e soprattutto agli interessi del mondo del lavoro e dei giovani disoccupati. Faremo sentire la nostra voce e ci auguriamo che qualcuno sia in grado di recepirla”

Fonte: Rassegna Sindacale

Roberto Ghiselli è segretario nazionale CGIL
Print Friendly, PDF & Email