Monkeypox virus. di Enrico Tagliaferri

Al di là della gravità del quadro clinico, la rapida diffusione del virus del vaiolo delle scimmie, con modalità di trasmissione da contatto stretto e per via sessuale, rappresenta un segnale preoccupante.

Lo scorso 23 luglio il direttore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, dr Tedros, ha dichiarato l’attuale epidemia di Monkeypox (Vaiolo delle scimmie) emergenza di sanità pubblica di interesse internazionale (Public Health Emergengency of International Concern, PHEIC). Si tratta della settima volta che viene presa questa decisione dopo le epidemie di H1N1 influenza nel 2009, poliovirus nel 2014, Ebola in Africa Occidentale nel 2014, Zika nel 2016, Ebola in Repubblica Democratica del Congo nel 2019 e  COVID-19 nel 2020; però è la prima volta che tale decisione viene presa dal direttore contro il parere della commissione per le emergenze dell’OMS. Il dr Tedros ha motivato la sua decisione con la rapida diffusione dell’epidemia, le nuove modalità di trasmissione ancora in parte da definire e il fatto che l’epidemia risponde ai criteri fissati dalle International Health Regulations per le PHEIC. Le critiche ricevute dall’OMS riguardo alla gestione iniziale dell’epidemia di SARS-CoV-2 e di Ebola potrebbero aver influito sulla decisione del dr Tedros. Si tratta di una decisione non esclusivamente tecnica ma con una forte connotazione politica, in cui si può vedere anche un’assunzione di responsabilità, la rivendicazione di un ruolo politico centrale per quanto riguarda la salute globale, da parte del direttore dell’OMS. Quali ricadute pratiche avrà tale presa di posizione sulle autonome decisioni dei governi è da vedere.

Dal 1° gennaio al 22 luglio 2022 sono stati notificati 16.016 casi in 75 paesi (Figura 1). Nei paesi dove il monkeypox è endemico, come nella Repubblica Democratica del Congo, si sono verificati importanti focolai epidemici. Si deve anche considerare che in paesi a basse risorse la diagnosi è sicuramente sottostimata, non essendo disponibile, nella maggior parte dei casi, la costosa amplificazione genica da effettuare su tampone faringeo e vescicole. Al di fuori dell’Africa occidentale e centrale, al momento, l’epidemia interessa soprattutto, ma non esclusivamente, maschi omosessuali. Si tratta di dinamiche epidemiologiche inusuali per questa infezione.

Figura 1. Casi confermati di monkeypox aggregati per settimana, per regione, dal 1° gennaio al 22 luglio 2022.

Anche le manifestazioni cliniche di questa epidemia sono leggermente diverse da quanto descritto in letteratura. Il sopore e la febbre sono meno frequenti e alcuni pazienti non hanno sintomi prodromici. Le lesioni cutanee (di tipo vescicolare o pustoloso – Figura 2)  si trovano più spesso a livello genitale. L’infezione è nota per trasmettersi per contatto cutaneo; in alcuni casi il DNA del virus è stato rilevato nel liquido seminale ma è da stabilirsi ancora se questo sia associato a virus infettante. Si tratta nella maggior parte dei casi di una malattia lieve, ma in alcuni casi il dolore associato alle lesioni cutanee e mucose è grave e invalidante (Figura 3). Inoltre, con l’aumentare del numero dei casi, il virus potrebbe diffondersi maggiormente in categorie a rischio quali immunodepressi, bambini, donne gravide, con conseguenza probabilmente più serie. In epidemie precedenti di monkeypox in Africa, i bambini hanno avuto un maggior numero di complicanze quali sovrinfezioni delle lesioni cutanee, polmonite, manifestazioni a carico del SNC.

Figura 2. Monkeypox. Lesioni vescicolari alla mano

Figura 3. Frequenza dei sintomi riportati globalmente per i casi di monkeypox confermati dal 1° gennaio al 22 luglio 2022 (n=9099)

Al di là della gravità del quadro clinico, la rapida diffusione di questo virus, con modalità di trasmissione da contatto stretto e per via sessuale, rappresenta un segnale preoccupante: lascia pensare che comportamenti poco prudenti siano molto diffusi e altre e più gravi malattie infettive possano diffondersi con la stessa modalità. Per questo si impone una campagna di sensibilizzazione, rivolta soprattutto ai giovani. Vista l’epidemiologia attuale è necessario coinvolgere la comunità LGBT, ma sarebbe ingiusto e controproducente lasciar passare il pregiudizio che il monkeypox sia una malattia degli omosessuali. Ricordiamo anche che alcuni paesi ancora criminalizzano l’omosessualità, favorendo così lo stigma sociale e impedendo l’emersione dei casi. Dovremmo discutere di comportamenti a rischio piuttosto che di categorie a rischio. La storia dell’HIV insegna che le malattie sessualmente trasmesse possono inizialmente diffondersi in alcune comunità più o meno ristrette per poi estendersi alla popolazione generale. Inoltre al momento il monkeypox non può considerarsi propriamente o esclusivamente una malattia a trasmissione sessuale.

Il tecovirimat, inizialmente sviluppato per il vaiolo, è stato autorizzato per il trattamento del monkeypox dall’Agenzia Europea del Farmaco (European Medicines Agency, EMA) ma non dall’equivalente ente americano (Food and Drug Administration, FDA). Il tecovirimat è un farmaco orale, che agisce legandosi ad una proteina di superficie comune a tutti gli orthopoxvirus; si è dimostrato efficace in studi animali e ben tollerato nell’uomo, ma studi clinici randomizzati nell’uomo sono in corso. Altri farmaci, in particolare cidofovir e brincidofovir, potrebbero rivelarsi efficaci.

Un vaccino a base di virus vivo non replicante, attivo su vaiolo e monkeypox, è stato autorizzato e commercializzato come Imvanex in Europa e Jynneos negli USA. Per coloro che abbiano già ricevuto in passato la vaccinazione antivaiolosa è sufficiente una dose di Jynneos, per gli altri è necessario un richiamo a distanza di almeno 4 settimane. Studi osservazionali condotti in passato in Africa suggeriscono comunque che l’efficacia dei vecchi vaccini antivaiolo nella prevenzione del monekypox potrebbe raggiungere l’85%.

Sia il farmaco che il vaccino sono però al momento scarsamente disponibili e il loro ruolo deve ancora essere ben definito. In una recente circolare il Ministero della Salute ha deciso di rendere disponibile la maggior parte delle prime dosi di vaccino nelle regioni con il più alto numero di casi, nell’ordine: Lombardia, Lazio, Emilia Romagna e Veneto. Le altre regioni possono fare richiesta per un numero minore di dosi. Destinatari della vaccinazione dovrebbero essere il personale di laboratorio con possibile esposizione a campioni biologici di malati di monkeypox e persone gay, transgender, bisessuali e altri uomini che hanno rapporti sessuali con uomini (MSM), che rientrano nei seguenti criteri di rischio: 1) storia recente (ultimi 3 mesi) con più partner sessuali; e/o 2) partecipazione a eventi di sesso di gruppo; e/o 3) partecipazione a incontri sessuali in locali/club/cruising/saune; e/o 4) recente infezione sessualmente trasmessa (almeno un episodio nell’ultimo anno); e/o 5) abitudine alla pratica di associare gli atti sessuali al consumo di droghe chimiche (Chemsex). La circolare del Ministero suggerisce che “…Tali soggetti a più alto rischio potrebbero essere identificati tra coloro che afferiscono agli ambulatori PrEP-HIV dei centri di malattie infettive e dei Check Point, ai centri HIV e ai centri per il trattamento delle malattie sessualmente trasmissibili, utilizzando anche indicatori di comportamento ad alto rischio simili a quelli utilizzati per valutare l’idoneità alla profilassi pre-esposizione all’HIV, ma applicati indipendentemente dalla presenza o meno di infezione da HIV…”.  Viceversa i pazienti che acquisiscono il monkeypox per via sessuale dovrebbero ricevere un più ampio screening per malattie sessualmente trasmesse.

La velocità di diffusione del monkeypox ci interroga sull’efficienza dei nostri sistemi di sorveglianza, già provati da più di due anni di pandemia da SARS-CoV-2. La dichiarazione di Public Health Emergengency of International Concern dovrebbe stimolare i paesi ad intervenire rapidamente adeguando i laboratori e rafforzando le reti di sorveglianza.

Il miglioramento delle condizioni igieniche e lo sviluppo dei vaccini e degli antibiotici hanno permesso nel secolo scorso di ridurre moltissimo l’impatto delle malattie infettive. Tuttavia, la globalizzazione, l’incremento demografico, l’urbanizzazione, hanno creato condizioni ideali per le epidemie. Il monkeypox ne è l’ultima conferma.

Enrico Tagliaferri, infettivologo, Azienda Ospedaliera-Universitaria Pisana

Bibliografia

  1. Wenham C, Eccleston-Turner M. Monkeypox as a PHEIC: implications for global health governance. Lancet. 2022 Aug 1:S0140-6736(22)01437-4.
  2. World Health Organization. Multi-country outbreak of monkeypox. External Situation Report 2, published 25 July 2022
  3. Vouga M et al.The monkeypox outbreak: risks to children and pregnant women. Lancet Child Adolesc Health. 2022 Aug 1;S2352-4642(22)00223-1.
  4. Shervat A et al. Tecovirimat and the Treatment of Monkeypox – Past, Present, and Future Considerations. N Engl J Med. 2022 Aug 3.
  5. Ministero della Salute. 0035203-04/08/2022-DGPRE-DGPRE-P.
  6. Ministero della Salute. 0035365-05/08/2022-DGPRE-DGPRE-P.

fonte articolo e foto: saluteinternazionale.info

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