È risaputo che il benessere del nostro sistema digestivo influisce direttamente sulla salute di tutto il corpo. La dieta gioca un ruolo chiave nello sviluppo e nella prevenzione di malattie croniche come l’Alzheimer e l’invecchiamento del cervello e l’infiammazione intestinale può influire negativamente sulle funzioni cerebrali. Esploreremo come l’alimentazione può influenzare le infiammazioni nell’intestino e, di conseguenza, la salute del cervello.
siste un legame tra i batteri presenti nel nostro intestino – chiamati microbiota – e il cervello. I batteri e i segnali provenienti dall’intestino possono, infatti, influenzare le funzioni cerebrali. La barriera vascolare intestinale (GVB) ha il compito di controllare cosa passa dal nostro intestino nel sangue, proteggendo il corpo. Quando i batteri riescono a superare questa barriera, possono raggiungere il fegato e, di conseguenza, l’intero organismo, ma normalmente il suo ruolo è proprio quello di impedirlo, mantenendo tutto in equilibrio.
C’è un collegamento tra ciò che mangiamo e il nostro benessere cerebrale. Per esempio, un consumo eccessivo di cibi processati e ricchi di zuccheri può aumentare le infiammazioni intestinali, che a loro volta possono compromettere la salute del cervello e accelerare l’invecchiamento cerebrale. La dieta MIND “Mediterranean-DASH Intervention for Neurodegenerative Delay” (1), ideata nel 2015, mira a mantenere il cervello giovane e a prevenire le malattie neurodegenerative. Questa dieta privilegia alimenti come frutta, verdura, legumi, cereali, pesce, olio extravergine di oliva e frutta secca come noci e mandorle, perché aiutano a ridurre lo stress ossidativo e le infiammazioni croniche nel cervello.
Negli ultimi anni molte ricerche hanno evidenziato che le infiammazioni nel cervello (neuroinfiammazione) sono alla base di problemi di memoria e di altre funzioni cognitive che possono essere causati dall’obesità. In questo contesto il microbiota gioca un ruolo importante: la sua composizione può influenzare il modo in cui il nostro corpo utilizza l’energia, la risposta immunitaria delle mucose, la permeabilità intestinale, i tempi di transito e i livelli di infiammazione di tutto l’organismo.
DETERIORAMENTO COGNITIVO E ALIMENTAZIONE
Il deterioramento della funzione cerebrale, che si manifesta con problemi di attenzione, di ragionamento, di memoria e di apprendimento, riguarda tra il 3% e il 19% delle persone sopra i 65 anni nel mondo (2). Questa condizione è spesso collegata ad altri problemi di salute come disturbi metabolici, immunitari, neuropsichiatrici e problemi del sonno, diventando un preoccupante problema globale per la salute pubblica.
Numerosi studi condotti sugli animali hanno mostrato che una dieta ricca di grassi può influenzare negativamente il comportamento cognitivo anche negli esseri umani. Per esempio, mangiare troppi cibi ricchi di grassi e zuccheri, come quelli tipici della dieta occidentale, può causare problemi di memoria, difficoltà a adattarsi a nuove situazioni e problemi nell’apprendimento (3, 4, 5, 6, 7, 8). D’altra parte, la dieta chetogenica, che prevede un alto consumo di grassi ma riduce i carboidrati, non solo viene utilizzata per trattare l’epilessia resistente ai farmaci, ma sta diventando sempre più diffusa anche per aiutare a controllare malattie neurodegenerative e problemi di memoria (9). Recenti ricerche (10) hanno confrontato due diete, quella mediterranea e quella chetogenica, mostrando che entrambe possono aiutare a rallentare o prevenire il declino cognitivo, anche se funzionano tramite meccanismi diversi.
È appurata l’esistenza di una stretta connessione tra il sistema immunitario e la salute del cervello. In particolare, alcune sostanze prodotte dal sistema immunitario, come il Tumor Necrosis Factor-α (TNFα) e l’interleuchina 1β (IL-1β), sembrano essere il punto di collegamento tra immunità e funzione neuronale. Queste citochine vengono rilasciate in risposta a vari stimoli e possono influenzare le cellule cerebrali, modulando la comunicazione tra le sinapsi e l’attività di neurotrasmettitori come la dopamina (11). Recenti ricerche hanno infine evidenziato che il microbiota comunica con il cervello e può influenzarne diverse funzioni. Alterazioni del microbiota sono state associate a disturbi psichiatrici, sia legati all’età ,sia di tipo neurodegenerativi. Uno studio su esseri umani ha dimostrato che un particolare ceppo di batteri, Bifidobacterium longum, è in grado di ridurre le risposte emotive negative in alcune aree del cervello, sottolineando il ruolo importante dell’intestino nella salute mentale e cerebrale.
SALUTE CEREBRALE E DIETA
Per mantenere il cervello in salute è importante seguire una dieta equilibrata che include molta frutta, verdura, cereali integrali e proteine magre. È anche fondamentale limitare o evitare alimenti processati e dolci, che possono essere dannosi. Una buona alimentazione è strettamente collegata al benessere della mente e può aiutare a prevenire l’infiammazione nell’intestino, che, come detto, influisce sulla salute cerebrale. In effetti, si pensa che l’assunzione di cibi ricchi di antiossidanti e di acidi grassi omega-3 possa ridurre l’infiammazione intestinale e, di conseguenza, proteggere il cervello, rallentando il declino cognitivo legato all’avanzare dell’età. Mantenere un peso adeguato (con un indice di massa corporea inferiore a 25) e fare regolare attività fisica sono altre strategie utili per prendersi cura della salute mentale e ridurre il rischio di problemi cognitivi futuri.
Seguire una dieta sana può inoltre ridurre il rischio di malattie croniche come il diabete e le cardiopatie, che influiscono anche sulla salute mentale. Numerose ricerche indicano che un’alimentazione corretta può migliorare le funzioni cerebrali e aiutare a prevenire malattie come l’Alzheimer e altre forme di demenza. Una dieta ricca di antiossidanti naturali, vitamine e altri nutrienti favorisce la longevità cerebrale e rallenta il processo di invecchiamento del cervello. In conclusione, ciò che mangiamo ha un ruolo fondamentale nelle funzioni cerebrali e nella salute mentale, e seguire una buona alimentazione può contribuire a prevenire il decadimento cognitivo e l’invecchiamento cerebrale.
IL RUOLO DELL’INFIAMMAZIONE INTESTINALE
L’infiammazione cronica è collegata a molti disturbi e malattie. Circa il 40% delle persone con malattie infiammatorie croniche dell’intestino (MICI) mostra anche problemi di salute mentale, come ansia e depressione.
I mediatori dell’infiammazione, come l’interleuchina-1 e il fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-α), sono sostanze chimiche che partecipano alla risposta infiammatoria dell’organismo. Sebbene siano ancora necessarie ulteriori ricerche, alcuni studi suggeriscono che queste molecole possano essere coinvolte nel declino cognitivo, nell’invecchiamento cerebrale e nella malattia di Alzheimer. Le citochine, inoltre, sono importanti per la crescita e la sopravvivenza delle cellule e vengono rapidamente prodotte da microglia e astrociti nel cervello in risposta a infiammazioni, contribuendo alla neuroinfiammazione (10).
L’infiammazione cronica dell’intestino, nota come sindrome dell’intestino permeabile, è stata collegata a problemi come il declino cognitivo e lo stress emotivo. Anche se la ricerca è ancora in corso, alcuni studi indicano che questa condizione può causare infiammazione nel cervello, influendo negativamente sulle sue funzioni. Un esempio viene da modelli animali (12), dove si è scoperto che l’infiammazione intestinale può influenzare la funzione cognitiva e favorire disturbi psichiatrici come ansia e depressione. Quando l’intestino è infiammato, la sua barriera vascolare può diventare più permeabile, favorendo la diffusione dell’infiammazione nel resto dell’organismo, mentre la barriera nel cervello si chiude come risposta protettiva. Tuttavia, questa “chiusura” può avere effetti negativi, potenzialmente compromettendo alcune funzioni cerebrali e portando a neuroinfiammazione, con attivazione delle cellule della microglia e possibili danni al sistema nervoso centrale.
È dunque evidente che l’infiammazione intestinale cronica può influire sul benessere del cervello e favorire il deterioramento cognitivo. In altre parole, ciò che mangiamo ha un ruolo diretto nel controllo di questo processo infiammatorio intestinale, che a sua volta può accelerare l’invecchiamento cerebrale. È ormai dimostrato che seguire una dieta ricca di frutta, verdura, cereali integrali e proteine magre può aiutare a prevenire o ridurre l’infiammazione intestinale cronica.
Inoltre, le condizioni infiammatorie intestinali possono alterare la composizione del microbiota. Uno squilibrio in questo equilibrio, chiamato disbiosi, è stato associato a diverse patologie neurologiche, come la demenza. Uno studio (13) ha rilevato che nei pazienti con declino cognitivo e Alzheimer si riscontra una diminuzione di batteri con azione antinfiammatoria (come Bacteroides fragilis) e un aumento di quelli con azione proinfiammatoria (come E. coli). Un’altra ricerca (14) ha analizzato come i diversi alimenti influenzino il microbiota, evidenziando come la dieta possa modulare l’infiammazione e influire sulla salute neurologica.
CONSIGLI PRATICI
Il primo consiglio, forse generico ma di certo fondamentale, è quello di adottare un’alimentazione quotidiana completa e sana affinché il cervello possa avere a disposizione tutti i nutrienti necessari. In tal senso la dieta mediterranea è considerata tra le più indicate al mondo visto che in essa sono presenti tutti i cibi correlati alla riduzione della neuroinfiammazione, i più importanti dei quali sono frutta, ortaggi, legumi, cereali, pesce, olio EVO e frutta a guscio (noci e mandorle). Altro ruolo importante, come detto in precedenza, è svolto dal microbiota intestinale, la cui alterazione, detta disbiosi intestinale, porta ad una iperproduzione di mediatori dell’infiammazione che, una volta raggiunto il cervello contribuiscono allo sviluppo di neuroinfiammazione e disturbi neurodegenerativi. L’apporto dietetico di verdura e frutta di stagione, unito al consumo di legumi e cereali integrali, come previsto nella dieta mediterranea e nella MIND, risulta essenziale all’apporto di fibre al microbiota intestinale. Un nuovo studio (15) condotto su un modello murino della malattia di Alzheimer suggerisce che i batteri intestinali sono in grado di attivare le cellule immunitarie che possono danneggiare il tessuto cerebrale ed esacerbare la neurodegenerazione.
Appare ormai oggi accertato che i mediatori dell’infiammazione, come le citochine e i radicali liberi, sono alla base della neuroinfiammazione e possono accelerare il decadimento cognitivo. Sebbene la ricerca debba ancora chiarire alcuni meccanismi biologici, è evidente che l’infiammazione intestinale, favorita da una dieta squilibrata, può alterare la comunicazione tra intestino e cervello, con effetti importanti sullo sviluppo e sull’invecchiamento cerebrale. Questo vale sia nei bambini, dove obesità e disbiosi possono ostacolare la maturazione neuronale, sia negli adulti, dove l’alimentazione può modulare il rischio di malattie neurodegenerative.
In un mondo che invecchia, prendersi cura della propria salute cerebrale passa anche dalla tavola.
Daniele Cultrera. Medico, ASL Toscana Centro. Direzione Sanitaria Presidio Ospedaliero San Giovanni di Dio, Firenze. Coordinatore Ospedaliero Trapianti. Responsabile Emergenza Intraospedaliera.
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