Il consenso democratico può rafforzare le disuguaglianze? di Tiziano Vecchiato

L’estate ci ha mostrato un’Italia ossessionata dai propri confi­ni, dalla paura dei diversi, dall’incapacità di accogliere perfino i bambini con tensioni che si sono trasformate in violenza poli­tica e verbale, in braccio di ferro con la Costituzione, mettendo in discussione diritti umani fondamentali. Il risultato? Umanità irriconoscibile che non meritiamo, inquina un’identità nazionale e la fa sembrare terra senza valori. In passato ai bambini si chiedeva «di chi sei?» per conoscere le loro radici, chi li aveva messi al mondo, chi li custodiva e si prendeva cura di loro. Oggi l’attenzione alle radici umane è stata sostituita da procedure di iden­tificazione, contenimento, segregazione, «di dove sei?». L’identità nazionale è diventata ossessione proprietaria, necessità di separare chi sta dentro e chi deve star fuori.

I diritti umani ne escono mortificati, non più diritti delle persone ma soltanto dei residenti: di una regione, di un comune, per centri concentrici, rendendo tutti disuguali nello stesso paese. È la fine del welfare? È così per quello univer­salistico, chiamato a dare speranza a tutti. Nei territori dove il futuro è già inter­culturale i residenti non si sentono sicuri e giustificano la violenza alimentando l’incertezza, l’instabilità, la paura. Nella nostra calda estate il rischio sociale ha bussato alla porta di tutti, come nel Novecento, quando la violenza dei più forti ha giustificato l’eliminazione dei più deboli. La memoria non ci immunizza dalle metastasi di umanità, in agguato anche oggi, quando il rifiuto dei diversi non si dà un limite per fermarsi prima che sia tardi.

Come fanno i microscopi la nostra estate ha ingrandito i problemi e i dettagli, insieme prefigurano quello che ci aspetta se apriremo la porta alla violenza dei diritti proprietari. Anche i ponti di umanità possono crollare in modi devastanti. In parte sta avvenendo nel nostro welfare, fatto di infrastrutture sociali sempre più fragili, in crescente difficoltà nel curare e prendersi cura dei problemi umani fondamentali. I danni maggiori si concentrano nelle condizioni di non autosuf­ficienza, nella crescita delle disuguaglianze, nelle povertà di lungo periodo, nella difficile accoglienza di chi cerca futuro lasciando la propria terra.

Avviene mentre l’illusione dei redditi garantiti prefigura una socialità senza lavoro, senza inclusione, senza dignità, senza il diritto di avere dei doveri. «Il consenso democratico rafforza le disuguaglianze?» (EDB, 1995) Don Giovanni Nervo spiegava così la sua domanda: «Nel dopoguerra la pressione democratica della maggioranza degli italiani, allora disagiata, ha consentito di promuovere riforme, leggi e istituzioni in direzione della dignità e uguaglianza reale. Ora, dopo cinquant’anni, la maggioranza sta bene e chi è in difficoltà è minoranza: così il sistema politico e le attuali forze democratiche tendono a consolidare il benessere della maggioranza agiata, emarginando dall’assistenza la minoranza in difficoltà. Il problema è: quali nuove risorse della società, quali nuovi soggetti politici possono contrastare questa tendenza e promuovere l’uguaglianza?» Non metteva in dubbio la democrazia ma il suo contrario, la rinuncia ai suoi valori, l’accattonaggio del consenso con ogni mezzo, la violenza dei più forti sui più deboli. Il riconoscimento di ogni persona è condizione nativa per la democrazia. Il rispetto e la valorizzazione delle capacità è la sua condizione vitale. Il bene co­mune è la sua ragione strategica. Per questo non può ridursi a rifiuto dei diversi, cioè a incapacità di promuovere forme sociali più umane, solidali, sostenibili.

fonte: FONDAZIONE ZANCAN

Tiziano Vecchiato (Direttore Fondazione Zancan)
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