PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA: undici anni di attività del registro nazionale e tre cambi di legislazione

In Italia la Legge 40/2004 (1) regola l’applicazione delle tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA). In attuazione a quanto previsto dall’art.11 della Legge 40/2004, il Registro Nazionale della PMA, istituito con decreto del Ministero della Salute (2) presso l’Istituto Superiore di Sanità, raccoglie i dati sull’attività delle strutture autorizzate dalle regioni di appartenenza, tramite il proprio sito web (www.iss.it/rpma). Il Registro predispone annualmente una relazione da inviare al Ministro della Salute che renda conto dell’attività svolta dai centri di PMA e che consenta di valutare, sotto il profilo epidemiologico, l’efficacia delle tecniche e degli interventi effettuati (3). Inoltre, “il registro è funzionalmente collegato con lo European IVF Monitoring Consortium (4) e con l’International Committee Monitoring Assisted Reproductive Technologies che raccoglie dati sull’attività di PMA a livello mondiale (5). Dalla sua entrata in vigore fino ad oggi, la Legge 40 ha subito tre radicali modifiche da parte di sentenze della Corte Costituzionale: nella prima, aprile 2009, è stato rimosso l’obbligo del contemporaneo trasferimento di tutti gli embrioni creati fino a un massimo di tre e parzialmente la proibizione alla crioconservazione degli embrioni (6); nella seconda, aprile 2014, è stata concessa la possibilità di eseguire donazioni di gameti (7); nella terza, novembre 2015, è stata data la possibilità di eseguire la diagnosi genetica preimpianto anche alle coppie fertili (8). In questo articolo saranno presentati i trend più significativi di 11 anni di attività (2005-2015) del Registro, per verificare se i primi 2 cambiamenti della legge abbiano influenzato i risultati delle procedure nei trattamenti dell’infertilità.

Materiali e metodi

Il Registro Nazionale raccoglie, in modo retrospettivo, i dati di tipo aggregato riguardanti l’applicazione di tutte le tecniche di PMA effettuate in Italia che si differenziano in tecniche di I, II e III livello, tenendo conto della loro complessità e del grado di invasività tecnica. In quest’articolo sono inclusi solo i dati sui trattamenti di II e III livello effettuati dal 2005 al 2015 e in particolare: fertilizzazione in vitro (FIVET), iniezione intracitoplasmatica di spermatozoi (ICSI), congelamento e scongelamento di embrioni (FER), congelamento e scongelamento di ovociti (FO) e la donazione di gameti femminili e/o maschili. Lo strumento di raccolta dati è il sito del Registro a cui accedono tutti i centri di PMA autorizzati dalle proprie regioni per inserire, previa registrazione, i dati riguardanti la loro attività. In questi 11 anni il Registro ha provveduto all’iscrizione di 458 centri, di cui 250 abilitati a svolgere attività di II e III livello. Di questi, 235 hanno effettuato almeno un ciclo di PMA nel periodo di studio. Differenze negli indicatori neonatali tra la popolazione PMA e quella generale sono state analizzate usando il test χ2 con p <0,05, considerato statisticamente significativo.

Risultati

L’adesione dei centri è stata del 100% fin dal 2006, secondo anno di attività del Registro. I centri che hanno effettuato almeno un ciclo di PMA sono stati 235 (range: 169-185) (Figura 1): 55,3% privati, 34,9% pubblici e 9,8% privati convenzionati. Nel periodo di raccolta dati i centri hanno effettuato 611.951 cicli con tecniche di II e III livello, di cui 532.347 con tecniche a fresco (FIVET e ICSI), 49.766 con FER, 27.342 con FO e 2.496 con donazione di gameti. I cicli iniziati totali sono passati da 37.252 nel 2005 a 72.048 nel 2015 con un incremento medio annuo del 9,3% (Figura 1), ma con una diversificazione rispetto alle tecniche applicate (Figura 2).

 

In particolare, dopo il 2009, anno della prima modifica della Legge 40 (6), la tecnica FER, che prevede la crioconservazione e il successivo scongelamento di embrioni, è aumentata sia in termini assoluti, da 508 cicli nel 2008 a 12.903 nel 2015, sia in percentuale, dal 3,6% al 17,9%, rispettivamente. Inoltre, dalla metà del 2014, con la seconda modifica delle Legge 40 (7), si sono aggiunti i cicli che prevedono la donazione di gameti sia maschili che femminili, anche contemporaneamente: 209 nel 2014 e 2.287 nel 2015, pari al 3,2% di tutte le tecniche effettuate (Figura 2). Una delle variabili che maggiormente influisce sul buon esito dell’applicazione delle tecniche di fecondazione assistita è l’età della paziente che si sottopone a un trattamento. L’età media delle donne che hanno iniziato un ciclo di PMA senza donazione di gameti è aumentata da 35,3 anni nel 2005 a 36,4 anni nel 2015, a causa dell’incremento delle pazienti over 40 che passano dal 20,7% al 30,7%. Questa percentuale è la più alta tra i Paesi europei, dove nel 2014, ultimo dato disponibile, è stata del 14,9% in Francia, del 21,2% in Germania e del 17,5% nel Regno Unito (4). Un’altra variabile che influenza la probabilità di ottenere una gravidanza, ma anche il rischio di ottenere una gravidanza (o parto) multipla, è il numero di embrioni che vengono trasferiti in utero; tale scelta viene effettuata in base alle caratteristiche della coppia, al tipo di infertilità diagnosticata, all’età della paziente, alla qualità dei gameti prelevati e degli embrioni sviluppati ed anche al numero di trattamenti eseguiti. A causa dell’eliminazione dell’obbligo di trasferimento di tutti gli embrioni creati fino a un massimo di 3, avvenuta nel 2009 (6), la distribuzione dei trasferimenti secondo il numero di embrioni è cambiata: i trasferimenti con 3 embrioni sono diminuiti dal 48,3% nel 2008 al 17,2% nel 2015 e sono aumentati i trasferimenti effettuati sia con 1 embrione (dal 20,2% nel 2008 al 35,5% nel 2015) che con 2 (dal 31,4% nel 2008 al 45,9% nel 2015) (Figura 3), portando a una diminuzione del numero medio di embrioni trasferiti in utero per ogni ciclo, da 2,3 nel 2005 a 1,8 nel 2015. Le gravidanze ottenute in questo periodo sono state 119.874, e nell’85,8% dei casi si è raccolta la documentazione sull’esito.

In queste 102.887 gravidanze monitorate si sono rilevati 77.275 parti e 25.612 esiti negativi (aborti spontanei, terapeutici e gravidanze ectopiche); la percentuale di gravidanze con esiti negativi rimane pressoché stabile nel tempo, passando dal 25,7% nel 2005 al 25,5% nel 2015. Per valutare l’efficacia delle tecniche di PMA i principali outcome sono il tasso di gravidanza per trasferimento, cioè il numero di gravidanze cliniche ottenute ogni 100 trasferimenti effettuati e il tasso di parto con almeno un nato vivo per trasferimento, cioè il numero di parti in cui almeno un bambino è nato vivo ogni 100 trasferimenti. Entrambi i tassi, presentati in Tabella 1, mostrano un aumento, rispetto al 2005, in base alla tecnica utilizzata. La sicurezza delle tecniche è valutata usando come indicatore la distribuzione dei parti secondo il numero dei bambini nati (Figura 4).

Il genere di parto è strettamente correlato con il numero di embrioni che vengono trasferiti in utero per ottenere una gravidanza ed è possibile osservare come la percentuale dei parti gemellari sia in diminuzione dal 21,0% nel 2008 al 15,2% nel 2015 e quella dei parti trigemini o più dal 2,6% nel 2008 allo 0,7% nel 2015. Nel periodo di studio sono nati un totale di 94.007 bambini. Nel 2005 i bambini nati da PMA rappresentavano lo 0,7% di tutte le nascite nazionali, mentre nel 2015 erano pari al 2,3%. Nel periodo di studio i bambini nati morti sono stati 398, mentre le morti neonatali (entro il 28° giorno di vita), raccolte solo a partire dal 2008, sono state 394. I bambini nati vivi a cui sono state diagnosticate delle malformazioni alla nascita sono stati 899, per un tasso totale pari al 9,6‰. I bambini nati vivi pretermine e quelli sottopeso alla nascita, fortemente correlati alla gemellarità dei parti, sono stati rispettivamente 23.117 (24,6%) e 23.603 (25,1%). Questi outcome riguardanti la salute dei bambini nati, che sono anche considerati indicatori della sicurezza nell’applicazione delle tecniche, registrano una costante diminuzione in questi 11 anni di applicazione: il tasso di natimortalità passa da 5,7‰ nel 2005 a 4,7‰ nel 2015, il tasso di malformazioni da 15,7‰ a 7,8‰, il tasso di bambini nati pretermine da 22,5% a 20,2%, il tasso di nati sottopeso da 24,1% a 21,5% e il tasso di mortalità neonatale a 28 giorni da 6,8‰ nel 2008 a 3,1‰ nel 2015. Rispetto agli stessi indicatori relativi alla popolazione generale italiana, i tassi di natimortalità e di mortalità neonatale nella popolazione PMA sono significativamente superiori, mentre il tasso di nati malformati è significativamente inferiore (Tabella 2). Quest’ultimo dato è da prendere con cautela, a causa della quota di diagnosi effettuate nel periodo successivo alla nascita, la cui segnalazione esula dalla nostra raccolta dati.

Discussione e conclusioni

In questi undici anni di sorveglianza il Registro Nazionale della PMA si è dimostrato uno strumento adeguato alla rilevazione dei dati, raggiungendo il 100% di raccolta delle procedure di PMA effettuate in Italia fin dal secondo anno della sua istituzione. Sebbene il numero di centri che ha svolto attività sia rimasto pressoché costante nel tempo, il numero dei cicli effettuati è in aumento, con un incremento del 48,3% dal 2005 al 2015. In generale, l’aumento dell’attività di PMA è avvenuto anche in virtù delle diverse possibilità terapeutiche che si sono sviluppate negli anni e della loro diversa applicazione, in accordo con le modifiche apportate alla Legge 40 a seguito delle sentenze della Corte Costituzionale (il congelamento di embrioni dal 2009 e la donazione di gameti dal 2014). In generale, l’efficacia dei trattamenti in salute riproduttiva, misurati con la possibilità di ottenere una gravidanza a seguito di un ciclo di PMA, è influenzata dalla salute e dall’età della donna e dal numero di embrioni ottenuti e trasferiti. Gli indicatori di efficacia come il tasso di gravidanza e il tasso di parto con almeno un nato vivo, calcolati per trasferimento effettuato, sono migliorati sia nelle tecniche a fresco (FIVET-ICSI) che in quelle da scongelamento (FER-FO), nonostante negli anni sia aumentata l’età media delle donne che si sottopongono ai trattamenti di PMA e sia diminuito il numero medio di embrioni trasferiti in utero. La diminuzione del numero di embrioni che vengono trasferiti ha portato a una diminuzione sia dei parti gemellari che, come atteso, sono associati a un aumento del rischio di salute nei bambini nati. Gli indicatori riguardanti la salute dei bambini nati riflettono anche la sicurezza delle tecniche di PMA, e alcuni di essi, come la natimortalità, la mortalità neonatale e la proporzione di bambini nati sottopeso, sono superiori ai corrispettivi indicatori calcolati nella popolazione generale. Tuttavia, tutti gli indicatori di sicurezza della PMA mostrano un confortante e costante trend in diminuzione in questi 11 anni di raccolta dati. La modifica del contesto legislativo di applicazione delle tecniche di PMA ha fortemente influito sul miglioramento della loro efficacia e soprattutto della sicurezza.

La modalità di raccolta dati che è ancora di tipo aggregato, è stata già implementata, con uno studio ad hoc, su ciclo singolo e verrà presto inclusa nel sistema di sorveglianza. Il passaggio alla raccolta dati basata sul ciclo di trattamento porterà un miglioramento della qualità di raccolta dati: maggiore sicurezza nell’acquisizione delle informazioni e nel controllo delle procedure, semplificazione del processo di trasmissione, maggiore completezza dei dati, migliore flessibilità nell’elaborazione maggiore qualità delle informazioni ottenibili e delle analisi epidemiologiche eseguibili e, infine, maggiore trasparenza nella comunicazione dei risultati e dei rischi relativi all’applicazione delle tecniche. Tutto ciò porterà, quindi, a un miglioramento dell’informazione data alle coppie infertili che potranno scegliere con maggiore consapevolezza il percorso terapeutico più adeguato.

AUTORI:  Roberto De Luca, Giulia Scaravelli, Vincenzo Vigiliano, Roberta Spoletini, Simone Bolli, Simone Fiaccavento e Lucia Speziale – Centro Nazionale per la Prevenzione delle Malattie e la Promozione della Salute, Istituto Superiore di Sanità, Roma

Dichiarazione sui conflitti di interesse

Gli autori dichiarano che non esiste alcun potenziale conflitto di interesse o alcuna relazione di natura finanziaria o personale con persone o con organizzazioni che possano influenzare in modo inappropriato lo svolgimento e i risultati di questo lavoro.

Riferimenti bibliografici

1. Italia. Legge 19 febbraio 2004, n. 40. Norme in materia di procreazione medicalmente assistita. Gazzetta Ufficiale – Serie generale n. 45, 24 febbraio 2004.

2. Italia. Decreto del Ministero della Salute 7 ottobre 2005. Istituzione del registro nazionale delle strutture autorizzate all’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, degli embrioni formati e dei nati a seguito dell’applicazione delle tecniche medesime. Gazzetta ufficiale – Serie generale n. 282, 3 dicembre 2005.

3. Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sullo stato di attuazione della Legge contenente norme in materia di Procreazione Medicalmente Assistita (Legge 19 febbraio 2004, n. 40, articolo 15) – attività anno 2015.

4. De Geyder C, Calhaz-Jorge C, Kupka MS, et al. ART in Europe, 2014: results generated from European registries by ESHRE: The European IVF-monitoring Consortium (EIM) for the European Society of Human Reproduction and Embryology (ESHRE). Hum Reprod 2018;33(9):1586-601.

5. Dyer S, Chambers GM, de Monzon J, et al. International Committee for Monitoring Assisted Reproductive Technologies world report: Assisted Reproductive Technology 2008, 2009 and 2010. Hum Reprod 2016;31(7):1588-609.

6. Italia. Sentenza della Corte Costituzionale n. 151/2009. Gazzetta ufficiale – 1a serie speciale n. 19, 13 maggio 2009.

7. Italia. Sentenza della Corte Costituzionale n. 162/2014. Gazzetta ufficiale – 1a serie speciale n. 26, 18 giugno 2014.

8. Italia. Sentenza della Corte Costituzionale n. 229/2015. Gazzetta ufficiale – 1a serie speciale n. 46, 18 novembre 2015.

FONTE: EPICENTRO

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