Ancora su Ebola. di Enrico Tagliaferri

In Repubblica Democratica del Congo i conflitti, l’instabilità politica, la povertà, l’assoluta fragilità del sistema sanitario hanno permesso all’epidemia di aggravarsi. Nell’indifferenza generale.

L’epidemia di Ebola in corso da circa un anno in Repubblica Democratica del Congo all’8 settembre ha raggiunto i 3081 casi con 2070 morti (vedi anche Ebola colpisce ancora).

Il 17 luglio l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato l’epidemia un’emergenza di sanità pubblica di interesse internazionale (Public Health Emergency of International Concern, PHEIC). Tale decisione è stata presa anche perché l’epidemia è arrivata ad interessare la grande città di Goma, con il rischio di una maggiore e più rapida diffusione. Un mese prima la stessa commissione dell’OMS si era riunita per valutare tale decisione e per la terza volta aveva deciso che no, non si trattava di un’emergenza. L’OMS definisce come emergenza sanitaria internazionale un evento che rappresenta un rischio per altri stati per la diffusione della malattia e che necessita di una risposta internazionale. Inoltre l’emergenza è definita come un evento grave e inusuale o inaspettato e che ha implicazioni di sanità pubblica oltre i confini dello stato colpito.

L’epidemia in corso in Congo ha da tempo tali criteri, ancora più chiaramente da quando ha attraversato il confine con l’Uganda. Tuttavia, l’OMS ha dichiarato che tale evento non era inaspettato e che non rappresentava un rischio internazionale. Il fatto che la diffusione dell’infezione non fosse inaspettata non vuol comunque dire che la situazione non fosse grave, visto il contesto di conflitto e insicurezza (ricordiamo l’uccisione di due operatori sanitari impegnati nel controllo dell’epidemia), fragilità del sistema sanitario e diffidenza da parte della popolazione verso le istituzioni. Ogni giorno decine di migliaia di persone attraversano il confine.

Perché allora l’OMS ha aspettato un anno dall’inizio dell’epidemia per dichiarare l’emergenza?

L’emergenza è stata dichiarata quattro volte in passato: H1N1 influenza (2009), polio (2014), Ebola (2014), e Zika virus (2016). In tali occasioni l’OMS ha redatto documenti di indirizzo per la gestione dell’epidemia, ma soprattutto ha attivato una rapida mobilitazione internazionale. Adesso l’OMS ha giustificato il ritardo affermando che dichiarare l’emergenza non avrebbe aumentato l’efficacia della risposta all’epidemia, ma contemporaneamente ha invocato un aumento del supporto internazionale. A giugno è stato stimato che solo per la gestione dell’epidemia nei mesi estivi sarebbero occorsi 98 milioni di dollari, di cui solo 44 erano disponibili. Ad esempio, la dichiarazione di emergenza per la polio indusse istituzioni come i Centers for Disease Control and Prevention a mettere a disposizione importanti fondi anche per un’epidemia che non minacciava affatto gli Stati Uniti. Alcuni sostengono che dichiarare l’emergenza può causare più danni che benefici, ad esempio inducendo ingiustificate restrizioni sulla circolazione delle persone e delle merci, che potrebbero ostacolare il personale sanitario, indurre attraversamenti clandestini del confine, provocare danni economici a popolazioni già povere. Inoltre in Congo dichiarare l’emergenza non avrebbe influito sugli ostacoli al controllo dell’epidemia già detti: la mancanza di sicurezza, di servizi sanitari adeguati e di fiducia da parte della popolazione. Si tratta di obiezioni sensate, che derivano dall’esperienza della devastante epidemia di Ebola del 2014.

Tuttavia, quello che le esperienze passate suggeriscono non è che la tempestiva dichiarazione dell’emergenza è pericolosa, ma che dobbiamo cambiare il nostro approccio alle epidemie. L’OMS ora deve rapidamente aumentare la risposta all’epidemia, dimostrando che dichiarare l’emergenza porta ad un cambio di passo, a maggiori risorse e ad un maggior impegno sul campo. Intanto il numero di casi dalla dichiarazione di emergenza sembra finalmente declinare, probabilmente anche grazie al fatto che al 9 settembre sono state vaccinate ben 217.172 persone tra contatti, contatti di contatti e operatori sanitari.

Figura 1. Casi di Ebola, Repubblica Democratica del Congo, al 9 settembre 2019 (WHO)

Contemporaneamente però l’OMS ha anche cercato di mitigare possibili effetti indesiderati della dichiarazione di emergenza, intimando di non porre limitazioni alla circolazione di persone e merci e di non stabilire screening agli aeroporti. Per questo la comunità internazionale ha subito criticato la chiusura dei confini da parte del Rwanda, durata solo poche ore. Dalla dichiarazione dell’OMS sono state anzi intensificate attività coordinate al confine, quali lo screening, campagne di sensibilizzazione e preparazione, e una vasta campagna vaccinale sperimentale in Uganda.

Tutto questo non può esimerci dall’affrontare i fattori che hanno permesso all’epidemia di aggravarsi, i conflitti, l’instabilità politica, l’assoluta fragilità del sistema sanitario (la Repubblica Democratica del Congo detiene il non invidiabile record della più bassa spesa sanitaria pro-capite al mondo: 4$ pro-capite). Lo conferma il fatto che paesi relativamente stabili come Uganda e Rwanda hanno messo rapidamente in campo misure di controllo.

Il direttore generale dell’OMS, il dottor Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha dichiarato che “È tempo per il mondo di prendere consapevolezza e raddoppiare gli sforzi. Abbiamo bisogno di lavorare insieme in solidarietà con la Repubblica Democratica del Congo per mettere fine a questa epidemia e costruire un sistema sanitario più forte”. Il tempo sarebbe forse stato un anno fa. Comunque ildottor Tedros afferma anche, e noi siamo d’accordo, che gli sforzi dell’OMS e della comunità internazionale non devono fermarsi qui ma affrontare l’epidemia alla radice con azioni di peace-keeping, di cooperazione internazionale e rafforzamento del sistema sanitario.

Bibliografia

  1. Ebola virus disease. Democratic Republic of the Congo. External situation report 58.
  2. Statement on the meeting of the International Health Regulations (2005). Emergency Committee for Ebola virus disease in the Democratic Republic of the Congo on 17 July 2019.
  3. Pooja Yerramilli. Controlling Ebola Requires A New Approach To Disease Outbreaks. Healthaffairs.org, 19.08.2019.

fonte: SALUTEINTERNAZIONALE

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