Con i dati di mortalità meglio non scherzare. di Cesare Cislaghi

Il passato recente

“Quando l’11 dicembre 2015 il quotidiano Avvenire ha pubblicato l’articolo del demografo Blangiardo dal titolo «Attenti ai morti» (vedi allegato 1) , molti di noi, usi all’analisi dei dati di mortalità, sono rimasti basiti” Così iniziava l’editoriale pubblicato su E&P nel 2016 (anno 40 (1) gennaio-febbraio 2016). (vedi allegato 2)

Poco dopo l’Istat segnalava con preoccupazione che la sopravvivenza per la prima volta da decenni stava diminuendo e sembrava che la situazione rischiasse di continuare tanto che alcuni media davano già come interpretazione la colpa alla crisi economica e alla minor efficacia del sistema sanitario. (vedi allegato 3)

Se ne discusse, non senza preoccupazione, sia in Agenas che al Ministero della Salute ( vedi: https://www.epicentro.iss.it/mortalita/EccessoMortalita2015) ma la nostra posizione differiva da quella dell’Istat che riteneva strutturale quanto stesse accadendo mentre la nostra ipotesi era che da una parte vi fosse una compensazione ciclica tra anni favorevoli e sfavorevoli (effetto comune a quanto accadeva in altri paesi europei) e dall’altra che nei calcoli giocasse un effetto distorsivo la scarsità di soggetti della coorte nata durante le prima guerra mondiale e poi oltretutto anche deceduta nelle seconda guerra mondiale. (vedi allegato 4). Anche alcune modalità di applicazione del modello di Kannisto per la stima della speranza di vita ci lasciavano perplessi. (vedi allegato 5)

L’Istat in quel tempo non era del nostro parere (vedi allegato 6) che anzi difendeva prevalentemente solo l’ipotesi di una crisi epidemiologica influenzale da inefficacia vaccinale come risultava dalla lettera della responsabile all’epoca dei dati di mortalità, la dott.ssa Crialesi e del demografo Marsili in risposta al resoconto di una riunione tenutasi al Ministero della Salute.

I dati odierni, seppur … di ieri

Gli abbagli del 2015 si sono via via smorzati ed è sempre più risultato evidente che quanto era successo doveva essere attribuito ad una serie di fattori che non rappresentavano però un evento cui attribuire una reale gravità con significato epidemiologico duraturo.

I dati pubblicati in questi giorni con le tavola di mortalità del 2018 (http://dati.istat.it/Index.aspx?DataSetCode=DCIS_MORTALITA1) conferma la continua crescita della speranza di vita tanto che Marsili e colleghi pubblicano su Science un articolo in cui dimostrano che la speranza di vita non accenna per il momento neppure ad avere una  limitazione della crescita. (allegato 7)

Nel grafico i risultano evidenti alcune anomalie con una crescita più elevata nel 2014 cui segue un temporaneo calo nel 2015 (crisi da influenza) ed una seguente crescita ancora superiore al trend nel 2016, ma la crescita dal 2009 (81,38 anni) al 2018 (82,98) è importante e corrisponde alla crescita di più di un giorno di speranza vita ogni settimana che passa!

Evitiamo di riprendere la querelle relativa alle cause di queste anomalie e registriamo con soddisfazione che “quoad vitam” la popolazione italiana migliora seppur “quoad valetudinem” la situazione non è del tutto rosea, ma il discorso è diverso.

Analizzando le probabilità di decesso nel decennio per ciascuna classe di età e calcolando dapprima gli scarti dalla media del decennio e successivamente le medie mobili triennali, si osserva che per tutte le classi di età, tranne una, si osserva un costante trend in diminuzione.

Si osservi che sino a 89 anni i trend sono costantemente in diminuzione pur con un lieve incremento per la classe di età 10-14 anni a fine periodo ed invece la classe 90-94 ha una forte diminuzione cui segue un forte aumento. E’ questo rinforza il nostro sospetto che ci sia qualcosa che non funzioni nei dati o nei calcoli per questa classe di età!

Nota quasi conclusiva di commento

Credo che quanto successo dal 2014 al 2018 fornisca un suggerimento di prudenza nell’analisi dei dati di mortalità. Innanzitutto è evidente che quando le stagioni estive non hanno crisi di caldo e quelle invernali epidemie influenzali gravi, allora fortunatamente sopravvivono molti più anziani pur in condizioni di grave fragilità e sono questi che poi ahimè muoiono negli anni successivi incrementando notevolmente il numero assoluto di decessi.

Calcolare i tassi di mortalità durante i dodici mesi dell’anno di calendario può non permettere di capire bene quanto succede. Forse sarebbe meglio utilizzare dati semestrali da metà primavera (ad es. da inizio maggio) a metà autunno (fine ottobre) e poi da metà autunno (inizio novembre) a metà primavera (fine aprile). In questo modo si capirebbero meglio gli elementi di stagionalità della mortalità.

In ogni caso la presentazione degli andamenti temporali dovrebbe sempre essere accompagnata da un calcolo delle tendenze di medio periodo per non trovarsi ad interpretare come vere tendenze delle fluttuazioni stagionali o puntuali.

Ed infine, per fortuna, non ci resta che osservare che la speranza di vita alla nascita continua ad aumentare nonostante la crisi economica ed altri fattori che potrebbero invece averla fatta frenare e che le probabilità di decesso diminuiscono a tutte le classi di età e proporzionalmente diminuiscono ancora di più quelle tra i giovani.

Sarebbe quindi necessario poter avere realmente un sistema tempestivo di monitoraggio dei decessi per causa per poter ragionare e decidere a breve termine misure di sanità pubblica e non solo ragionandovi mesi dopo in ritardo e anche senza poter capire bene sino in fondo cosa sia successo. Oggi sappiamo che più o meno c ‘erano stati più decessi perché erano morti molti di coloro che il caldo ed il freddo non eccessivi ed i virus meno letali avevano risparmiato nei mesi precedenti, ma se le cause fossero state altre e più gravi non. avremmo potuto far nulla per tempo.

Allegato Dimensione
allegato 1 – articolo Avvenire.pdf 291.5 KB
allegato 2 – articolo su E&P.pdf 184.26 KB
allegato 3 – articolo dei Repubblica.pdf 206.7 KB
allegato 4 – la coorte 1915-18.pdf 291.33 KB
allegato 5 – Kannisto.pdf 277.22 KB
allegato 6 – il nostro parere.pdf 782.97 KB
allegato 7 – articolo_su_science.png 233.86 KB

 

fonte: E&P

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