AIE su Covid-19: arrivare preparati all’autunno. di Paolo Vineis,  Lucia Bisceglia,  Francesco Forastiere,  Stefania Salmaso,  Salvatore Scondotto

Il presente documento intende riassumere la situazione attuale in Italia circa il contrasto a COVID-19 e suggerire alcune raccomandazioni nel caso di una potenziale risorgenza dell’epidemia.

Come è stata affrontata la fase 2

La chiusura delle attività non essenziali e le limitazioni agli spostamenti dei cittadini in fase 1 hanno ridotto, come auspicato, il diffondersi del virus, in particolare riducendo il valore di Rt (che rappresenta il numero medio di altri individui che ciascuna persona positiva al virus è in grado di infettare). Dati prodotti dal gruppo dell’Università di Pisa coordinato da Dino Pedreschi mostrano chiaramente (Figura 1) che l’entità dell’epidemia nelle diverse Regioni è stata direttamente proporzionale al ritardo con cui è stato attuato il lockdown rispetto alla comparsa dell’epidemia.1 Secondo le raccomandazioni internazionali,2 il passaggio dalla fase epidemica alla fase 2 (graduali riaperture) implicava che le Regioni fossero in grado di diagnosticare, trattare e isolare i casi di COVID-19 e i loro contatti. Inoltre, dovevano essere rispettate norme di distanziamento fisico, evitate manifestazioni collettive e doveva essere prestata attenzione ai soggetti vulnerabili. L’igiene degli ambienti doveva essere radicalmente migliorata e bisognava prevedere modalità di protezione individuale e pulizia sistematica e routinaria degli spazi pubblici. Tutti questi provvedimenti sono stati attuati nelle Regioni, e questo può spiegare il numero attualmente molto basso di casi giornalieri nella maggior parte di esse.

covid19-mobilitàFigura 1. Relazione tra il tempo intercorso tra la comparsa dell’epidemia (R0>1) e il lockdown (espresso come riduzione della mobilità, ascisse) e il numero di casi di COVID-19 (per 100000 abitanti)(ordinate) in ciascuna Regione italiana. Fonte: arXiv:2006.03141 – CC BY-NC-SA 4.0 (Ref.1).

Il tracciamento dei contatti e l’eterogeneità tra ASL

Come indicato da tutte le organizzazioni internazionali2 il tracciamento dei contatti è un’attività essenziale per il controllo dei focolai e la prevenzione di seconde ondate epidemiche. A questo fine le Regioni e Province Autonome (PA)  hanno messo in campo diverse risorse ricorrendo anche ai medici di medicina generale (MMG) e pediatri di libera scelta (PLS), alle nuove Unità speciali per la continuità assistenziale (USCA), agli infermieri domiciliari e ad altre figure, con il coordinamento da parte dei Dipartimenti di prevenzione delle ASL.

La segnalazione alla ASL di un possibile caso deve avviare diverse azioni che, pur con diverse modalità organizzative tra diverse Regioni, includono:

  • isolamento precauzionale del caso sospetto e quarantena dei contatti stretti;
  • effettuazione tempestiva dell’accertamento virologico mediante tampone nasofaringeo;
  • isolamento del caso positivo al tampone, accertamento virologico anche tra i contatti stretti e identificazione di tutti i contatti nei 14 giorni precedenti;
  • indagine epidemiologica per ricostruire la catena del contagio;
  • sorveglianza epidemiologica per l’insorgenza di sintomi tra tutti i contatti;
  • isolamento per i contatti con accertamento virologico positivo.

Esistono tuttavia grandi disparità tra le Regioni e PA, come evidenziato da un’indagine condotta dall’Associazione italiana di epidemiologia in corso di pubblicazione sul numero speciale di Epidemiologia & Prevenzione intermente dedicato a COVID-19 (Salmaso et al, 2020).3 L’eterogeneità tra Regioni e perfino tra ASL della stessa Regione ha diverse spiegazioni. Una prima spiegazione è la natura fortemente regionalizzata del Servizio sanitario italiano, che non ha facilitato l’adozione di protocolli standardizzati e neppure la inter-operabilità dei diversi sistemi informativi. Secondo l’indagine dell’AIE, i dati raccolti con interviste ai casi sono stati registrati su una piattaforma regionale in 13 Dipartimenti di prevenzione tra i 44 coperti dall’indagine, mentre in 18 sono stati registrati solo a livello locale. Ad aprile, solo 8 Regioni sulle 14 partecipanti all’indagine avevano una piattaforma regionale per la registrazione e comunicazione dei dati più rilevanti. L’eterogeneità della risposta all’epidemia è evidente anche dal numero (da 30 a 140 a seconda delle ASL) e dalla natura degli operatori in essa impegnati.

In sostanza emerge che all’inizio dell’epidemia i Dipartimenti di Prevenzione erano impreparati e hanno dovuto mettere in campo soluzioni flessibili. La capacità di risposta è stata grandemente aumentata dal richiamo di operatori di servizi diversi, in un contesto generalmente non ben strutturato circa strumenti e metodi.

Il contesto attuale e le previsioni per l’autunno

Il contesto in cui ci troviamo nell’estate 2020 esprime le incertezze della ricerca scientifica e la difficoltà di tradurla in azione politica. Il virus è ancora presente nella popolazione e continuerà a circolare probabilmente per un lungo periodo. Dagli esami sierologici effettuati in diverse popolazioni del Nord Italia risulta che tra il 3% e il 10% della popolazione si è finora infettata, vale a dire il 90-97% è ancora suscettibile al virus, anche se non è chiaro quale proporzione degli immunizzati venga rilevata dai saggi anticorpali su IgM e IgG, né se vi sia un correlato sierologico di protezione. Al Sud la prevalenza è ancora più bassa, uguale o inferiore all’1%.

Il virus non ha subito mutazioni tali da ridurne la pericolosità clinica. Le osservazioni relative a una minore carica virale negli attuali pazienti sono basate sui saggi di amplificazione dell’RNA virale raccolto dai tamponi ed esprimono semplicemente l’effetto del distanziamento sociale; non indicano una minore virulenza clinica, né possono indurre a considerare l’epidemia conclusa. Diversi osservatori (OMS, ECDC) ritengono che una seconda ondata sia probabile in autunno o inverno, legata alle condizioni climatiche e alla reimportazione dell’epidemia da paesi dell’emisfero Sud. Gran parte dei ricercatori sono concordi nel dire che nel migliore dei casi si verificherà nei prossimi mesi in Europa una fase di basso numero di casi, eventualmente intervallata da nuovi picchi. Un completo spegnimento dell’epidemia è giudicato improbabile. L’entità dei picchi dipenderà unicamente dalla capacità di rispettare le misure individuali e collettive di protezione, dalle attività di monitoraggio quotidiano e dalla capacità di garantire tempestivamente l’individuazione dei casi, il tracciamento dei contatti e l’isolamento dei sospetti. Sempre nell’ambito delle incertezze, non è attualmente chiaro se qualcuno dei vaccini oggi in sperimentazione (circa 200, di cui 14 in sperimentazione nell’uomo) sarà efficace né quando sarà disponibile (si vedano diversi interventi di Forni, Mantovani e altri sul sito dell’Accademia dei Lincei).4

Raccomandazioni

In previsione di una eventuale ripresa dell’epidemia dopo l’estate, alla luce anche dei modelli previsionali, si raccomandano le seguenti azioni:

  • Rigorose procedure operative per le diverse componenti della sorveglianza epidemiologica, per uniformare in tutto il Paese la raccolta dei dati e la risposta all’epidemia (inclusa l’unificazione delle schede informative).
  •  Mantenimento a un buon livello dei sistemi informativi regionali garantendo la loro inter-operabilità – attualmente inesistente- non solo tra regioni ma anche con altri sistemi informativi intra-regionali.
  •  Adeguamento alla nuova fase delle piattaforme di sorveglianza, per consentire di raccogliere le informazioni necessarie a descrivere le nuove catene di contagio (contesti di esposizione, ambiti lavorativi, esecuzione di test sierologici, ecc.).
  •  Potenziamento di una rete di sorveglianza sindromica (sintomi influenzali) su base nazionale, basata sui medici di medicina generale, i pediatri e gli accessi al Pronto Soccorso.
  •  Potenziamento strutturale e tecnologico dei Dipartimenti di prevenzione, per assicurare:
    (a) il mantenimento dei sistemi di monitoraggio quotidiano dei casi, a livello regionale, provinciale, di ASL e di comune; e
    (b) il mantenimento delle attività di contact tracing, saggiando la capacità del sistema di reggere di fronte a un aumento considerevole dei casi tramite “stress tests” (simulazioni).
  • Predisposizione di una buona comunicazione delle misure dell’andamento epidemico, attraverso un’adeguata dashboard in ogni Regione. La comunicazione deve essere rapida, chiara ed efficace.
  •  Esplorazione di metodi innovativi di identificazione precoce di focolai (es clusters spazio-temporali), in modo da consentire ai Dipartimenti di Prevenzione uno spegnimento immediato – attraverso gli strumenti del tracciamento, isolamento fiduciario e quarantena.
  •  Potenziamento delle capacità diagnostiche, che garantisca un’ottimale e omogenea risposta laboratoristica e un supporto alla ricerca clinica.
  •  Mantenimento di una struttura organizzativa modulare e flessibile nelle ASL, in modo da garantire una risposta efficace in caso di risorgenza dell’epidemia.
  •  Potenziamento delle attività di formazione per la medicina territoriale in modo da garantire una adeguata preparazione per la fine dell’estate (“preparedness”).
  •  Predisposizione di attività di sorveglianza e screening delle popolazioni ad alto rischio, attraverso una combinazione di sierologia e tamponi virologici. Considerato che entrambi i metodi presentano limiti di sensibilità e specificità, è da studiare immediatamente la migliore combinazione e frequenza di applicazione nelle diverse popolazioni (RSA, personale ospedaliero, altre popolazioni a contatto con il pubblico come gli insegnanti). Anche da sottoporre ad analisi critica sono sviluppi tecnologici come i test virali sulla saliva.
  •  Accesso ai dati della sorveglianza nazionale alla comunità scientifica per favorire e promuovere le attività di ricerca, per migliorare le conoscenze sui fattori di rischio di contagio e di esito e sui presidi di prevenzione e di cura.
  •  Mantenimento di tutte le misure igieniche e comportamentali (distanziamento, mascherine, sanificazione) con adeguate campagne informative. L’informazione deve mirare a presentare le misure di contenimento dell’epidemia come misure solidaristiche di protezione dei più vulnerabili, in particolare gli anziani, misure su cui vi è un largo consenso tra i ricercatori.
  •  Monitoraggio della disponibilità di dispositivi individuali di protezione.

Infine, è opportuno promuovere attività di ricerca di soluzioni alternative al lockdown, nel caso in cui la risorgenza dell’epidemia porti a un numero importante di casi. Il lockdown è una misura estrema, punitiva nei confronti di larghi strati di popolazione (in particolare i giovani), e pertanto altre modalità di contenimento vanno esplorate, sia sul piano etico sia su quello scientifico (cfr. L Carra, ref. 5).  Cruciale è consentire un rapido ritorno a scuola (in sicurezza) degli studenti, ispirandosi alle esperienze di altri paesi (si veda come esempio ref. 6).

Sugli aspetti di ricerca l’AIE ha costituito un gruppo di lavoro coordinato da Gianni Ciccone (manoscritto sottoposto a Epidemiologia e Prevenzione),7 che ha identificato le aree di ricerca attualmente prioritarie in Italia e redatto schede indicative della tipologia di studi da condurre. La disponibilità di risorse di sanità pubblica per la ricerca dovrebbe essere orientata sui temi prioritari identificati.  Vi è un bisogno estremo in questo momento di una ricerca epidemiologica e clinica finanziata dal pubblico e indipendente.

Conclusioni

Le misure sin qui realizzate rendono evidente che il riconoscimento tempestivo e l’interruzione precoce delle catene di contagio rappresentano la risposta più efficace per la protezione della popolazione: è pertanto su queste attività che devono concentrarsi gli sforzi di investimento e adattamento del sistema, insieme al supporto alle attività di ricerca scientifica.

Appare chiaro a tutti che arrivare impreparati al periodo autunnale con una eventuale seconda ondata importata da altri paesi non sarebbe ammissibile.

Conflitti di interesse dichiarati: nessuno

Bibliografia e note

  1. Cintia P, Fadda D, Giannotti F, et al. The relationship between human mobility and viral transmissibility during the COVID-19 epidemics in Italy. arXiv:2006.03141, disponibile all’indirizzo: https://arxiv.org/abs/2006.03141
  2. Infection prevention and control and preparedness for COVID-19 in healthcare settings Fourthupdate – 3July2020, disponibile all’indirizzo:  https://www.ecdc.europa.eu/sites/default/files/documents/Infection-prevention-and-control-in-healthcare-settings-COVID-19_4th_update.pdf
  3. Salmaso S, Zambri F, Renzi M, Giusti A. (2020). Interrompere le catene di trasmissione di COVID-19 in Italia: indagine tra i Dipartimenti di Prevenzione.  Manoscritto sottomesso a Epidemiologia & Prevenzione, attualmente disponibile in formato pre-print in E&P Repository: https://repo.epiprev.it/1943
  4. https://www.lincei.it/it/covid-19-documenti-dellaccademia-dei-lincei
  5. Carra L.  Ripensare il rischio nella “copandemia”. Scienza in rete. 15.07.2020. https://www.scienzainrete.it/articolo/ripensare-rischio-nella-copandemia/luca-carra/2020-07-15
  6. https://www.gov.uk/government/publications/actions-for-schools-during-the-coronavirus-outbreak/guidance-for-full-opening-schools
  7. Ciccone G, Deandrea S, Clavenna A, et. al. (2020). COVID-19 e ricerca clinico-epidemiologica in Italia: proposta di un’agenda di ricerca su temi prioritari da parte dell’Associazione Italiana di Epidemiologia. Manoscritto sottomesso a Epidemiologia & Prevenzione, attualmente disponibile in formato pre-print in:E&P Repository https://repo.epiprev.it/1938
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